Good Morning Aman PDF 
Flaminia Attanasio   

In Good Morning Aman l’intento di Claudio Noce, qui al suo primo lungometraggio, è quello di esplorare a fondo l’emarginazione e il senso di straniamento dettati dall’esclusione sociale. E di farlo da punti di vista differenti, mettendone in evidenza la complessità che, spesso, fa sì che sfugga a ogni tentativo di definizione e, quindi, di semplificazione. Un proposito piuttosto ambizioso per un novellino e, c’è da dirlo, anche alquanto rischioso: un tema così attuale e usurato, infatti, non metterebbe di certo al riparo da eventuali scivoloni neanche il regista più esperto. Eppure il giovane Noce ha superato con merito la prova del fuoco, destreggiandosi egregiamente tra la rappresentazione di uno stato interiore di scoramento e la fotografia impietosa di una realtà sociale disumana, malgrado qualche enfatizzazione di troppo.

Emarginazione, senso di straniamento, esclusione, morte interiore sono incarnate nella figura di Aman (Said Sabrie), il protagonista della vicenda, un ventenne italiano di origine somala giunto a Roma all’età di quattro anni dopo essere scappato da Mogadiscio e dalla guerra. Un tipico G2 insomma, ossia un immigrato di seconda generazione: un ragazzo nato all’estero, naturalizzato italiano e figlio di genitori immigrati. E tipica è anche la sua rabbia, comune a molti G2 come lui, che si sentono italiani perché sono cresciuti in questo paese, ma contemporaneamente non si sentono né dentro né fuori casa. Nel primo caso perché la famiglia tende a preservare la cultura d’origine all’interno delle mura domestiche; nel secondo, invece, perché, di fatto, non sono accettati dalla società, o per via del colore della pelle o per un fatto ideologico di separazione netta tra uno Stato-Nazione e l’altro. È questa violenta diaspora, interiore ed esteriore, questa “disintegrazione”, come l’ha giustamente definita il regista in conferenza stampa, che condanna Aman alla disoccupazione, che lo rende pieno di rabbia irrisolta, che gli impedisce di instaurare rapporti umani autentici, che lo fa essere bugiardo e che lo porta, in una notte insonne, sul terrazzo di un palazzo dell’Esquilino, dal quale è solito osservare il mondo dall’alto, a incontrare Teodoro (Valerio Mastandrea), un ex pugile depresso e misantropo con il quale instaura un rapporto fatuo e non certo privo di stranezze.

L’ambiguità di questo rapporto, che si dipana per tutta la durata del film, ricorda un po’ quello di Peppino e Valerio ne L’imbalsamatore di Matteo Garrone: una relazione piena di coni d’ombra, fatta di un amore troppo esclusivo, estremamente patologico e simil-narcisistico. Anche qui, in Good Morning Aman, l’“amicizia” tra Aman e Teodoro fa perno su quell’esclusività morbosa destinata a implodere. I due protagonisti, infatti, sembrano vivere una sorta di simbiosi, si completano, e questo perché, come ha precisato il regista, “si specchiano l’uno nell’altro, perché in fondo sono identici”. “L’elemento portante in questo film, – continua Noce –, e che ho voluto per questo approfondire, è quello dell’identità. Infatti, Teodoro e Aman sono due personaggi lontani anni luce ma alla fine vicinissimi”. Pertanto, anche Teodoro, come Aman, è un emarginato, in modo diverso ma lo è: non esce di casa da tre anni, è un violento, la moglie lo ha lasciato, ha un rapporto malato con le donne, è depresso e autolesionista. Insomma, i due personaggi aderiscono perfettamente, in un ideale quanto malsano gioco di specchi. Sono diversi, ma sono uguali, sono l’uno l’opposto dell’altro, ma sono a incastro, un incastro pericoloso, che condurrà alla tragedia e al trionfo dell’opportunismo e della freddezza più razionalista. Solo uno di loro due uscirà infatti “indenne” da questa storia, e sarà colui che ha intravisto nell’altro un utile al proprio tornaconto.

Claudio Noce, alla sua prima prova “lunga”, vince proprio per questo: riesce a rappresentare un problema politico per mezzo di un rapporto privato e, soprattutto, riesce a rendere in immagini la grandezza di una solitudine che, se vissuta in coppia, diventa ancora più grande. E lo ha fatto mediante l’utilizzo di alcuni accorgimenti tecnici che vengono adoperati in maniera talmente insistente da arrivare quasi a costituire una sorta di refrain stilistico, come ad esempio la preferenza per i primi piani e le ottiche molto strette per riprendere gli attori, che, come ha prontamente sottolineato lo stesso regista nel materiale stampa, consentono “di rimanere il più possibile addosso ai personaggi, senza tralasciare comunque alcuni momenti di sospensione all’interno dei quali poter riflettere su di loro”. A questo si aggiungono anche tutti quegli stilemi del cinema noir che innescano nello spettatore meccanismi di suspense e immedesimazione, senza alcuna sbavatura: riferimenti che non è difficile ricondurre al cinema di Cassavetes, dei fratelli Dardenne, e, in una certa misura, anche a quello di Tarantino, come testimonia l’inizio al ralenti, con i titoli di testa a tempo di musica. Ma se tutta questa farcitura stilistica risulta da un lato affascinante ed efficace, dall’altro finisce anche per apparire a tratti stucchevole. Diventa un po’, per usare una nota metafora, come continuare ad aggiungere zucchero su una cassata siciliana: oltre ad essere inutile, copre il sapore.

TITOLO ORIGINALE
: Good Morning Aman; REGIA: Claudio Noce; SCENEGGIATURA: Elisa Amoruso, Claudio Noce, Diego Ribon, Heidrun Schleef; FOTOGRAFIA: Michele D'attanasio; MONTAGGIO: Andrea Maguolo; MUSICA: Valerio Vigliar; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 105 min.

 


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