Uno degli eventi più importanti della cinquantanovesima Mostra del Cinema di Venezia è stato il cambio di guardia al vertice delle gerarchie direttive del più grande evento cinematografico italiano che ha visto l'abbandono di Alberto Barbera a favore di Moritz de Hadeln. Una successione che ha suscitato non poche polemiche, ma che sembra non aver alterato la riuscita del festival.
Ad ogni modo ciò che conta sono le immagini e non le parole. E di ottime pellicole se ne sono viste sugli schermi del lido di Venezia. Opere, come sempre, provenienti da tutto il mondo che sono andate a comporre un quadro d'insieme estremamente eclettico e variegato; punti di vista antitetici che hanno trovato un contatto in lavori come 11'09''01 – SEPTEMBER 11, un corale giudizio sul dramma delle Twin Towers firmato dai cineasti di tutto il mondo (da Amos Gitai a Sean Penn, da Ken Loach a Shohei Imamura), o Ten minutes older – The cello che raggruppa nomi del calibro di Bernardo Bertolucci, Jean-Luc Godard, Mike Figgis.
Ma registi ugualmente talentuosi hanno animato tutte le sezioni del festival. Tra i film in Concorso bisogna segnalare oltre alla massiccia presenza italiana che vi ha partecipato con ben tre opere – La forza del passato di Piergiorgio gay, Un viaggio chiamato amore di Michele Placido e il sorprendente Velocità Massima di Daniele Vicari – anche lo straordinario Far from heaven di Todd Haynes che continua a stupire per la sua capacità di rilettura del genere; L'homme du train di Patrice Leconte; Dolls di Takeshi Kitano che compone un trittico sull'amore dal forte impatto visivo ed emotivo; o ancora Magdalene Sisters di Peter Mullan, vincitore del Leone d'oro, e La maison de fous di Andrei Konchalovsky che si è aggiudicato il Gran Premio della giuria.
Di fronte a questi titoli si potrebbe facilmente pensare alle altre sezioni come inferiori o marginali. E invece proprio da quelle parallele al concorso provengono i film più stimolanti a partire da quella denominata Controcorrente con Lilja 4-ever di Lukas Moodysson che narra la drammatica esperienza di una sedicenne russa costretta a prostituirsi in Svezia; Rokugatsu No Hebi di Shinya Tsukamoto che continua la sua sperimentazione visiva seguendo le ossessioni di un voyeur; Ken Park di Larry Clark, il cui sodalizio con Harmony Korine lo porta nuovamente a svelare, in maniera anarchica e provocatoria, un agghiacciante spaccato della provincia americana.
E ancora per quanto riguarda il Fuori concorso si devono ricordare il coraggioso K-19 di Kathryn Bygelow (vedi l'intervista realizzata in questa occasione) e il già citato Ten minutes older – The cello. Per i Nuovi Territori il grottesco Aprimi il cuore di Giada Colagrande e Kuhe Vom Nebel Gescwargert di Rosa von Praunheim.
Questi sono solo alcuni dei numerosi film che hanno animato il festival e sarebbe inutile, anche se qualcuno è stato inevitabilmente omesso, continuare un'elencazione fine a se stessa. La mostra del cinema sembra non avere perso il suo splendore e, malgrado si avvertisse la mancanza di un filo conduttore che unisse questo flusso d'immagini, rimane uno degli imperdibili avvenimenti dedicati alla settima arte.
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