Tratto dal curioso romanzo di Jonathan Safran Foer, già autore del best-sellers che aveva ispirato Ogni cosa è illuminata, Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry si propone di raccontare due diverse elaborazioni del lutto: quella personale del piccolo protagonista Oscar e dei suoi familiari e, più implicitamente, quella collettiva della città di New York e dei suoi abitanti. La tragedia da superare è, naturalmente, l’attentato al World Trade Center dell’11 settembre 2001.
Oscar è un bambino strano: estremamente intelligente, ricettivo e colto, soffre a livello di socializzazione ed è pieno di fobie e piccole psicosi, che il padre cerca di combattere inventandogli fantomatiche esplorazioni e ricerche tra le strade di Manhattan e i prati di Central Park. Oscar è molto legato alla figura paterna, e la sua morte nel crollo di una delle due torri è un grosso trauma, che ingigantisce le sue stranezze e insicurezze. Un anno dopo la tragedia, il piccolo ritrova nel guardaroba del genitore una busta gialla contenente una chiave e con su scritto il cognome Black. Oscar legge questo ritrovamento come una missione da compiere, un’ultima sfida lanciata dal papà, ma soprattutto lo considera come l’ultima occasione per “aumentare gli otto secondi che separano lo scoppio del sole dal momento in cui noi ce ne accorgiamo”, dove lo scoppio del sole rappresenta, appunto, la morte del padre. In un ultimo disperato tentativo di rimanere legato alla figura dell’amato genitore defunto, Oscar si rivolge, suddividendoli per distretti, a tutti i 400 e passa abitanti di New York che portano il cognome Black, nella speranza di trovare la serratura giusta per la sua chiave. In questa ricerca si fa accompagnare dall’anziano inquilino di sua nonna, il quale, sempre a seguito di un evento drammatico, non parla da decenni e si esprime scrivendo sui fogli di un blocchetto. Oscar si muove tra Manhattan, Brooklyn, il Bronx e Staten Island come un esploratore in terre sconosciute: la spedizione gli permette di superare fobie e psicosi, e soprattutto di rielaborare e comprendere il dramma subito, facendo riemergere i momenti più drammatici da lui vissuti in quel tragico giorno e fino ad allora tenuti nascosti dentro le proprie angosce e paure.
Sarebbe stato interessante raccontare come la ricerca e la rielaborazione del lutto compiute dal piccolo protagonista si rispecchiassero con quelle vissute dall’intera città, riflettendosi nel senso di cordoglio e di sgomento collettivi. Non a caso molte delle scene più riuscite sono proprio gli incontri tra Oscar e i vari Black, esponenti di frammenti sociali, etnici e culturali diversi, tesi a comporre un mosaico della variegata popolazione newyorkese. In questi momenti della narrazione “il pubblico e il privato”, per usare una formula nota, trovano il giusto equilibrio. Per il resto, Molto forte, incredibilmente vicino non va oltre un prodotto drammatico che fa della “medietà” la sua stella polare: gli elementi di stravaganza e di originalità presenti nel racconto da cui è tratto vengono il più possibile limitati, o mostrati solo con veloci accenni, la confezione è sì di un certo pregio, come il cast d'altronde, ma a dominare è un susseguirsi ininterrotto di frasi e pensieri profondi o apparentemente profondi pronti per essere citati su blog e su social network, il tutto per strappare qualche lacrima. Obiettivo di per sé più che legittimo, se non fosse che si cerca un po’ troppo e un po’ troppo spesso il pianto dello spettatore, con intenti quasi ricattatori. Non che manchino una manciata di momenti di autentica commozione, però certi dialoghi, fin troppo lunghi e insistiti, sensazioni e sentimenti ribaditi non sempre per necessità, un certo compiacimento retorico, le scelte stilistiche e narrative irritanti nel loro sentimentalismo forzato, un senso di tristezza troppo costruito per apparire autentico, fanno pensare che si sia preferito puntare alla commozione forzata piuttosto che all’analisi delle sensazioni e delle interiorità dei protagonisti. Il troppo stroppia, come si dice, tanto che all’uscita dal cinema, dopo pochi minuti, non rimane più nulla, né a livello emotivo, né a livello empatico né a livello di riflessione. Come ha fatto notare uno spiritoso spettatore appena finita la proiezione, mancava solo che in biglietteria consegnassero una cipolla da sbucciare durante la visione del film.
Titolo originale: Extremely Loud & Incredibly Close; Regia: Stephen Daldry; Sceneggiatura: Eric Roth; Fotografia: Chris Menges; Montaggio: Claire Simpson; Scenografia: K.K. Barrett; Costumi: Ann Roth; Musiche: Alexandre Desplat; Produzione: Paramount Pictures, Scott Rudin Productions, Warner Bros. Pictures; Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; Durata: 129 min.; Origine: USA, 2011
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