A Single Man PDF 
Elisa Cuter   

“A volte le cose orribili hanno una loro bellezza” dice a un certo punto un abbagliante marchettaro spagnolo al professore. Siamo nel ’62, alla vigilia della crisi missilistica cubana, e il professore è George Falconer, docente di letteratura alla UCLA che ha da poco perso il compagno di una vita, e con lui il senso di questa. Quello con il ragazzo ispanico è solo uno degli incontri che costellano la “giornata particolare” in cui si snoda il film: quella in cui George ha deciso di farla finita. Eppure, proprio nel giorno in cui si appresta a disporre con cura meticolosa gli abiti per la cerimonia funebre e le sue ultime volontà, la bellezza irrompe nella sua esistenza. Lo fa nella forma di una telefonata dell’amica Charley che arriva proprio mentre si sta puntando la pistola contro; o nella forma delle attenzioni indiscrete ma premurose che gli rivolge uno studente.

Tom Ford segue con sguardo rispettosamente distaccato e con una sottile ed empatica ironia il suo protagonista mentre, proprio a causa del suo commiato dal mondo, non può impedirsi di coglierne tutta la bellezza. Una bellezza capace di dissolvere la disperazione che ne costituisce l’altra inevitabile faccia della medaglia: la perfezione dell’essere non è meno insostenibile e prepotente della sua imperfezione, e le continue epifanie di meravigliata gioia del protagonista sono evidenziate allo spettatore dalla fotografia di Eduard Grau, che le accompagna e asseconda. E’ un espediente forse un po’ ingenuo ma azzeccato, capace di rendere istantaneamente anche l’immagine una colonna sonora dell’anima, contrappuntata dalla musica di Abel Korzeniowski, misuratamente inquieta. Proprio in questa calcolata misura sta la cifra del film, addirittura barocco nel perfezionismo visivo di ogni inquadratura, nella studiata lentezza e linearità dei movimenti di macchina, nell’analità (freudiana) di ogni scelta registica che sembra inevitabile trattandosi di uno stilista prestato al cinema. Eppure la portata eversiva di quest’opera prima sta proprio nell’ordine che la costituisce.

“Il debolmente rigido ma perfetto George”, come lui stesso si definisce, non scade mai nel compassato e al contempo sa ricondurre al suo carattere di cliché compostamente borghese anche il gesto più trasgressivo, si tratti di un bagno di mezzanotte naturista o del consumo di droghe. Una caratteristica che il Sessantotto avrebbe poi bollato come reazionaria, ma che acquista un significato più incisivo oggi. Oggi che il rigurgito degli anni Ottanta dovrebbe averci insegnato, non senza sgomentarci, che Marcuse e il punk sono stati loro malgrado i prodromi del Grande Fratello televisivo. In questo senso George può diventare emblematico (e sintomatico) dell’esigenza di una capacità non più ideologica ma finalmente umana e umanistica di dare un senso al mondo. La dignità contenuta nel “Grazie” di questo “english gentleman” in risposta al divieto dei parenti a partecipare ai funerali dell’uomo amato è più incisiva ed efficace di qualsiasi gay pride.

L’eleganza e l’importanza di questo film stanno nella sua profonda sensibilità sempre ed esclusivamente espressa nei limiti di un dignitoso contegno, e sarebbe davvero troppo facile liquidare il tutto come un esercizio di stile: c’è una lezione nel personaggio di George e in tutto il film ed è quella (greco) antica e dimenticata della giustificazione estetica dell’esistenza.  Tom Ford la impartisce controbattendo al cinismo di Oscar Wilde che affermava che “Se un uomo considera la vita dal punto di vista artistico, il suo cervello sostituisce il suo cuore”. Con lo stesso sguardo commosso, profondamente partecipe e soggettivo, e allo stesso tempo sobriamente e garbatamente distante della macchina da presa che segue George, è possibile ritrovare un senso alla vita e alle cose. Ed è un senso tutto terreno eppure mistico: è la serena consapevolezza che anche se, come scrive Pessoa, “Le cose sono l’unico senso occulto delle cose”, questo basta, è sufficiente, perché uno sguardo innamorato della vita è in grado di eccedere tutta la grettezza della gente, tutte le paure che condizionano la società contemporanea, tutto il vuoto dell’esistenza, e anche tutti gli dei ex-machina che alla fine decidono cosa sarà di George, e di noi.

 


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