Promettilo! PDF 
Eva Maria Ricciuti   

Il giovane Tasne vive in un borgo montano popolato da tre persone (oltre a lui, il nonno e la maestra di scuola) e una mucca. Le sue giornate, che immagineremmo scandite dai ritmi lenti del ciclo della natura, sono in realtà rocambolesche avventure ambientate in un mondo fantastico fatto di invenzioni bislacche e animato dalla vivace presenza del battagliero nonno e dalle  sue schermaglie con l’innamoratissima e procace insegnante (ex-amante del vecchio e sogno erotico del giovane). Credendosi in punto di morte a seguito di una brutta caduta e temendo un futuro fatto di solitudine per Tsane, l’anziano parente decide che per il nipote è ora di cercar moglie: e dove trovare una bella giovane se non in città?

Hanno così inizio le avventure di Tsane/Pinocchio in quello che potremmo definire il Paese delle non-meraviglie. Catapultato in una realtà che non gli appartiene (come simbolicamente dimostra l’uomo proiettile che viene scagliato nel cielo all’arrivo di Tsnae in città e che per tutta la durata della pellicola attraversa in volo le scene), ma della quale riesce ad intuire la corruzione, Tsane inizia così un’avventura a metà tra il picaresco e la  farsa muovendosi in un mondo popolato di personaggi tanto loschi e sgradevoli quanto ridicoli, tanto laidi e corrotti quanto stupidi, nel quale tuttavia egli riesce a scovare l’amore puro della splendida Jasna e l’amicizia sincera dei bizzarri fratelli Topuz e Runjo. Tsane, dunque, sembra possedere la capacità di intuire la vera natura, la nota di cuore, di chi ruota attorno a lui, e così, in un'epifania di seni e sederi, egli sceglie Jasna, che è pura anche se per tutti è la figlia della prostituta, che crede che la madre sia una cameriera e balla sulle note di Shakira mentre la donna si offre allo sfruttatore cercando così di evitare che la giovane sia venduta al miglior offerente. Il lieto fine è d’obbligo.

L’ultima opera di Kusturica, arrivata nelle nostre sale ben due anni dopo la sua presentazione al Festival di Cannes, potrebbe sembrare una favola della buona notte, nella quale la campagna  è rappresentata come il mondo perfetto, il paradiso perduto, cui si contrappone la città corrotta, e i personaggi si dividono in buoni e cattivi. Tuttavia, pur senza toccare i vertici delle opere che hanno decretato il successo del regista, Promettilo! nasconde un secondo livello di lettura, che non si ravvisa tanto nella costruzione della trama o nell’utilizzo di una cifra stilistica, che è ben nota e anzi amplificata a dismisura, ma piuttosto nelle battute ironiche e taglienti. La pellicola è stata accusata di essere deficitaria quanto a spessore psicologico dei personaggi e struttura del plot, ed è innegabile che la trama sia lineare e a tratti scontata. Ma è proprio in questa sua ovvietà che si ravvisa l’innovazione. L’intenzione è evidente: non si tratta di un film politico nel senso in cui siamo abituati concepirlo, ma di una pellicola nella quale la realtà è dipinta in modo didascalico proprio perché la società è così che tragicamente sta diventando. È vero, la storia narrata ricalca milioni di altre storie, i personaggi si dividono in buoni e cattivi, e i cattivi sono crudeli, sporchi e stupidi, così come i buoni hanno gli occhi grandi e il sorriso aperto, e tra di loro si vedono, e si mostrano a noi, così come il luogo comune definisce che siano. Il meccanismo è antichissimo, ed è quello della buccia di banana dei vecchi film: vedo la buccia e so che il personaggio scivolerà, dunque non devo riflettere e posso ridere liberamente al tonfo. Diciamo la verità, quante volte guardando Stanlio e Ollio abbiamo riso solo vedendo la pozzanghera sotto il marciapiede?

Lo spettatore, proprio perché la trama è così semplice e i personaggi così fedeli allo stereotipo del carattere, può liberamente abbandonarsi al piacere disimpegnato della visione sprofondando nel non-pensiero, per essere  improvvisamente destato da una battuta sagace o sarcastica, buttata lì in mezzo ad un mare di ovvietà.  E di trovate buffe Kusturica ne offre un campionario praticamente illimitato, forse  eguagliabile solo a quello della Warner Bros in anni di cartooon. Ma mentre in quel caso lo sketch aveva il suo fine nella risata immediata, qui la risata facile, la trovata simpatica, ha la funzione di far risaltare la riflessione politica e sociale. Si pensi alla scena finale: un'apoteosi dell’assurdo nella quale il cattivo, accompagnato dagli scagnozzi, insegue Tsane e Jasna a bordo di un SUV corazzato piombando nel bel mezzo di un corteo funebre e cominciando a sparare a più non posso sulla folla mentre una banda di fiati suona le note di San Martino campanaro e tra due personaggi si svolge un dialogo che pressappoco fa così: Pope: "Ci bombardano come faceva Hitler!”; Nonno di Tsane: "Assolutamente no. Hitler attaccò la Polonia per odio, ora invece lo si fa per misericordia. Perché ti amano troppo!". Il messaggio è chiarissimo, e l’effetto di straniamento di una simile affermazione, sagace e tremendamente realistica, in un contesto così surreale è forse più devastante di due ore di sermone cinematografico.

TITOLO ORIGINALE: Zavet; REGIA: Emir Kusturica; SCENEGGIATURA: Emir Kusturica, Ranko Bozic; FOTOGRAFIA: Milorad Glusica; MONTAGGIO: Svetolik Mica Zajc; MUSICA: Stribor Kusturica; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 2007; DURATA: 126 min.

 


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