TOFIFE 2003 / La Fin du règne animal PDF 
di Gloria Misul   

Il corpo di un uomo apparentemente morto galleggia nella torbida acqua di un fiume. In realtà una rapida soggettiva ci indica che costui sta solo osservandone il fondo. Dalla riva una ragazzina, che si scoprirà essere sua nipote, gli tira dei sassolini. L'uomo allora riemerge, fa asciugare i propri abiti al sole e inizia a dialogare con lei, rispondendo alle domande della bimba sulla natura e sugli animali: Noël, così si chiama il protagonista, sostiene che questi ultimi appartengono a tutti gli uomini, quindi anche a lei, che può ad esempio considerare suoi i pesci di quel fiume facendone ciò che desidera, persino ucciderli.

Se inizialmente questo dialogo sembra far riflettere sull'inevitabilità delle cose, esso si rivela in seguito una critica cruda e feroce di ciò che il protagonista vede accadere intorno a sé, su ciò che gli esseri umani si arrogano il diritto di fare in un'ottica di arricchimento personale, alterando o distruggendo gli equilibri universali.

Considerato dai suoi compaesani lo "scemo del villaggio", Noël è in realtà una persona semplice, che coltiva le viti con lo stesso rispetto con cui custodisce le greggi o gioca con le coccinelle. Egli vive di intuizioni (che talvolta lo fanno apparire un menagramo) e di innocenza, sfuggendo al conformismo sociale del suo piccolo paese, preoccupato esclusivamente della produttività agricola. Il protagonista appare un diverso perché si concilia con i ritmi naturali e preferisce dialogare con una pecora, o con un cane, anziché con gli uomini. Le uniche persone con cui riesce a comunicare sono la nipotina, che condivide con lui uno sguardo umile verso la realtà, e la madre morente, che gli parla attraverso la fisicità, il tocco delle mani. Una terza donna sembra destinata a sostare nella sua vita, Olivia, insegnante della scuola elementare del villaggio, ma neppure quest'ultima riesce a cogliere il modo di vivere e di sentire di un uomo un po' bizzarro che si innamora di lei, che non prova vergogna nello spalmarsi di argilla durante un bagno nel fiume o che regala alla nipote un uccellino morto dicendole di considerarlo solo addormentato. Ad Olivia sfugge l'innocenza di questi atti, li ritiene anzi atteggiamenti di un essere primitivo, preferendo così a Noël un più lineare e concreto enologo. Pare proprio non esistere possibilità di comunione tra la parte civilizzata e quella selvaggia, poiché la prima utilizza la seconda unicamente come fonte di nutrimento o di compagnia, quando non arriva pure a difendersene, come nel caso del gregge trasportato verso l'eliminazione per colpa dell'afta epizootica. Noël compie allora un gesto estremo, capovolge gli estremi e tenta di difendere gli animali dall'intervento umano: ricrea in una stalla una domestica e simbolica arca di Noè, voluta qui non per ripopolare la terra ma per sottrarla alla civiltà, e porre violentemente fine, appunto, al regno animale.

La pellicola, premiata come "miglior film" alla XXI edizione del Torino Film Festival per "il complesso e delicato ritratto di un outsider pieno di contraddizioni – antisociale e al tempo stesso pieno di desideri – che, come il film, dimostra un profondo legame con la natura", è il primo lungometraggio di Joël Brisse. Nato a Vichy nel 1953, egli si dimostra un artista visivo completo, che prima ancora di essere regista è pittore e scultore. Brisse trasporta l'efficacia pittorica dalla tela alla macchina da presa, costruendo inquadrature che nella loro essenzialità esaltano la cornice paesaggistica di Pompignan, un villaggio della campagna di Montpellier, dove il film è stato girato e dove lo stesso regista risiede parzialmente.

La fotografia sottolinea la naturalezza dei colori: il verde dei prati e dei pascoli, i raggi di sole che si riflettono nell'acqua, i volti dei bambini a scuola, gli animali colti in diversi momenti della quotidianità, tutti elementi mescolati in un'armonia di luci intesa a valorizzare uno sguardo genuino sul mondo. "Il punto di vista di Noël è il punto di vista del film: Joël filma il modo di sentire di Noël, gli elementi sono sullo stesso piano, l'acqua ha la stessa importanza del cane o del montone, del bambino, della donna, dell'argilla, del tempo, del paesaggio", sostiene in un'intervista Marie Vermillard, co-sceneggiatrice del film. Questa purezza tuttavia è filtrata dall'inquietudine del protagonista, che soffre per la condizione in cui vede ridotti genericamente gli animali e per i quali rivendica a gran voce l'innocenza, attraverso un atto finale che spiazza lo spettatore. Una pellicola rurale più che ecologista, che racconta con sincerità, seppure con alcune generalizzazioni, il legame sempre meno spontaneo tra l'uomo e le creature animali. Un film dallo spirito manicheo forse, che contrappone senza possibilità di appello l'"innocente" Noël al "colpevole" villaggio, ma che si sforza di guidare lo sguardo del pubblico sulla poesia della bellezza universale.

 


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