Tesis: visioni dell'orrore - Alejandro Amenábar PDF 
di Gloria Misul   

"Non siate morbosi, signori, non guardate" è la preghiera rivolta ai passeggeri della metropolitana costretti improvvisamente a cambiare corsa. Angela, invece, la protagonista di questa pellicola, si affaccia sui binari per scoprire chi ha fatalmente perso la vita, attratta e respinta al tempo stesso dal macabro spettacolo. Questo eloquente prologo apre il primo lungometraggio di Alejandro Amenábar, regista cileno di nascita ma madrileno di adozione, con cui è riuscito ad aggiudicarsi, nel 1996, ben sette premi Goya, tra cui quelli per il miglior film e per la miglior sceneggiatura originale.

Il thriller, seppur prevedibile in certi momenti, intreccia abilmente due temi speculari: da un lato l'esercizio della violenza portato alle sue estreme conseguenze – lo snuff-movie intorno a cui ruota la vicenda – dall'altro l'attrazione voyeuristica che spinge l'essere umano ad osservare, anche con un occhio solo, ciò che più lo spaventa e lo disgusta. L'espediente narrativo è rappresentato dalla tesi che Angela (la convincente Ana Torrent), deve scrivere per la laurea e che riguarda la violenza nei media. Per approfondire le ricerche la ragazza si fa aiutare da Chema (Fele Martínez), suo compagno di corso e collezionista di pellicole i cui generi spaziano dall'horror alla morte in diretta. Insieme a questo singolare personaggio, Angela giunge sulle orme di un traffico nascosto di snuff-movie, in cui le vittime (in questo caso studentesse della loro stessa università) vengono torturate e uccise sul serio davanti alla macchina da presa. Il film è raccontato dal punto di vista della protagonista: lo spettatore vede, conosce e giudica insieme a lei ma, soprattutto, è curioso quanto lei di osservare scene inaccettabili da ogni morale, pur rimanendone profondamente spaventato. Significativa in tal senso la sequenza che descrive il primo tentativo di Angela di vedere la videocassetta snuff: sospettando che il nastro contenga immagini raccapriccianti, e per questo pericolose, decide di "ascoltarle" azzerando il contrasto del televisore. Dallo schermo completamente nero emerge così solo l'angosciante audio di urla femminili, quasi un'eco cinematografica di Blow Out di Brian De Palma (1981).

La visione dell'orrore è ulteriormente dilazionata anche nel secondo tentativo, che questa volta avviene in compagnia di Chema: egli racconta le immagini che appaiono sul video mentre lei è girata di spalle fino a quando (un po' troppo scontatamente), proprio quando le suggerisce di non voltarsi, lei dirige lo sguardo verso il teleschermo, assistendo all'uccisione reale di Vanessa, scomparsa dalla facoltà due anni prima. Ecco ripresentarsi l'assunto di partenza: il modo migliore per fare in modo che tutti assistano ad un evento è proprio quello di proibirne la vista. Benché Angela si proclami ripetutamente disgustata da questo genere di pellicole, essa dimostra, di fatto, una fascinazione che probabilmente accomuna anche noi normali spettatori e che appare più quotidiana di quanto si pensi. Non a caso l'ambiguo professor Castro (Javier Elorriaga), che segue Angela nella tesi, afferma che non solo la violenza "è una cosa innata nell'animo umano di tutti", ma anche che "è alla base di qualsiasi forma di spettacolo". L'orrore e il dolore, quindi, non sono più considerati fatti privati ma vengono ripresi dagli obiettivi e trasformati in prodotto industriale. Il regista deve essere abile nel fornire al pubblico ciò che il pubblico desidera, al di là di ogni limite accettabile. Per Amenábar, allora, lo snuff non è solo un tipo di pellicola a sé stante, dove la pornografia si mescola alla tortura e all'omicidio, ma è più diffusamente un gusto per il "proibito" e per la sua legittimazione, che accomuna la realtà dei mezzi di comunicazione e di spettacolo, telegiornali e reality-show, davanti ai quali la nostra partecipazione diventa ancora più ambigua perché sempre più assuefatta. Il film rappresenta, in questo senso, un'efficace riflessione sulla perversità dello sguardo - Hitchcock docet - e sulla sovranità dell'immagine rispetto al dialogo. "I was reading about snuff-movies and the only thing I had for sure was that I wanted to tell a story about a college crowded with freak fans of image, where teachers were 'the bad guys'" (Cfr. www.alejandroamenabar.com). Emblematica anche la chiusura del film, in cui un cartello del telegiornale avvisa il pubblico che le immagini trasmesse di lì a poco potranno turbare la sua sensibilità, ma proprio per questo motivo c'è da scommettere che il pubblico rimarrà incollato allo schermo.

Il regista gioca qui con lo stile tipico dei B-movies: pellicola leggermente sgranata, colori accesi e molto contrastati, suono non perfettamente bilanciato, scenografia un po' gotica. Come anticipato, "Tesis" è un film imperfetto, in cui l'indagine svolta dai due protagonisti appare a tratti ingenua, disseminata di falsi indizi e scioglimenti. Tuttavia risulta accattivante per l'analisi che Amenábar conduce tra le pieghe più oscure dell'animo umano e che anticipa di tre anni il cupo "8 mm. Delitto a luci rosse" di J. Schumacher, film in cui il detective Wells (Nicolas Cage), scoperto un loschissimo giro di pornografia estrema, si trasforma nel giustiziere che punirà i sadici assassini. In "Tesis" la giustizia viene offerta dalla fatalità e la furia vendicatrice non ha spazio, ma in entrambe le opere è innegabile la volontà di inquietare scoprendo l'origine del male dietro la banalità di volti comuni.

 


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