Il cacciatore di donne PDF 
Tiziano Colombi   

Pulp Fiction non è un film noir, io non faccio del neo-noir.
 Penso che Pulp Fiction sia molto vicino alla crime fiction di 
questi ultimi anni, in particolare a Charles Willeford.
(Q.T.)

Il cacciatore di donne è un romanzo di Charles Willeford, pubblicato per la prima volta nel 1960. Il titolo originale avrebbe dovuto essere The Director, ma l’editore era convinto che per vendere libri servissero titoli ammiccanti e copertine con donnine mezze vestite. Poco importava che tra confezione e contenuto non ci fosse nessun legame. Richard Hudson, il protagonista, è un venditore di auto usate che si trasferisce da San Francisco a Los Angeles per aprire una nuova filiale della sua compagnia. A L.A. ritrova la madre ballerina in pensione che danza tutti i giorni nel garage di casa e il patrigno Leo Steinberg, ex regista di buon livello ormai fuori dal giro hollywoodiano in attesa di un’occasione. Richard gli mette sotto il naso il soggetto per un film a basso budget di cui vorrebbe curare regia e sceneggiatura. Titolo: Un uomo in fuga. Svolgimento: un camionista in viaggio tra San Francisco e Los Angeles investe e uccide una bambina. Cerca di fuggire. Non ci riesce. Fine. Steinberg ci sta. Carta e penna mette giù un piano di produzione. Numeri e cifre, spesa totale 132.300 dollari. Intanto Richard scrive e rilegge per l’ennesima volta Gli ultimi fuochi, romanzo incompleto di F. Scott Fitgerald sull’epopea di un produttore di successo nella Hollywood degli anni d’oro. In mezzo alcol, donne ossessionate e il caldo polveroso della California. Se il film si farà e come verrà fuori scopritelo da soli se scovate il libro su qualche bancarella.

Ora la domanda è: chi diavolo è Charles Willeford?. Quello a cui Quentin Tarantino ha dedicato Pulp Fiction. Uno che la moglie Betsy amava ricordare così: “il suo senso dell'umorismo spesso aveva del macabro. Per Charles, Miami era un posto perfetto dove vivere. E quando leggo sul giornale un titolo tipo ‘Cadaveri nascosti in un'auto attirano folla di curiosi’ sento moltissimo la sua mancanza”. Classe 1919, originario di Little Rock Arkansas, Willeford fugge da casa a dodici anni e vive come un hobo (vagabondo). Sono gli anni della Grande Depressione e dei ragazzi in giro per le strade ferrate d’America raccontati da Jack London in La strada, poi la Grande Guerra, una pensione da reduce ottenuta nel 1945 e la possibilità di scrivere. Ostinazione, 500 dollari di anticipo per romanzi dati in pasto a editori di tascabili che ne mozzano interi capitoli per far rientrare le storie nel formato a loro più conveniente. Qualcosa si muove intorno ai primi anni Ottanta. Trasferitosi in Florida, pubblica Miami Blues, primo libro della tetralogia con protagonista Hoke Moseley, poliziotto squattrinato con dentiera. Jonathan Demme, nel ruolo di produttore, ne trae un film per la regia di John Armitrage, con Alec Baldwin e Freddie Frenger. Willeford muore nel 1988. Fa appena in tempo a raccogliere qualche briciola di notorietà. Seguiranno epitaffi e lodi da parte di gente come James Sallis e Joe Landsdale. Un altro grande vecchio maestro del genere, Elmore Leonard, caro al già citato Tarantino, ebbe a dire: “Nessuno sa scrivere un thriller meglio di Willeford”. Per cui, se proprio non vi fidate di chi scrive, almeno date retta ai consigli dell’autore di Jackie Brown.

Titolo: Il cacciatore di donne; Autore: Charles Willeford; Editore: Hobby & Work (Collana Crimen); Anno: 2007; Pagine: 197; Prezzo: 12,90€

 


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