Il canto delle spose PDF 
Valentina Rossetto   

Il canto delle spose è un film a cui Karin Albou ha cominciato a lavorare circa quindici anni fa. Come racconta la stessa regista, doveva essere il suo primo lungometraggio, ma essendo ambientato durante la Seconda guerra mondiale la lavorazione presentava una serie di problemi di produzione legati alla necessità di ricostruire spazi e ambienti, e così fu messo da parte. Dopo l'esordio con il cortometraggio Aïd El Kebir (1999), un adattamento de L'innocente per la tv (2001) e il successo del suo primo lungometraggio La petite Jerusalem, con il quale ha partecipato al festival di Cannes nel 2005, Karin Albou  nel 2008 è finalmente riuscita a realizzare il suo progetto.

Il canto delle spose è ambientato a Tunisi nel 1942, quando i tedeschi invasero la città nel tentativo di stabilire in Nord Africa un regime militare simile a quello instaurato a Vichy, discriminando la popolazione ebraica che fino a quel momento aveva convissuto pacificamente con quella araba. I fatti storici però, pur influenzando l'intera vicenda, fanno da semplice sfondo a quella che invece è la storia principale. All’inizio del film una bambina canta una canzone dedicata alla preparazione di una sposa al matrimonio, che può essere considerata come l'enunciazione del tema stesso della pellicola: la preparazione al matrimonio di due ragazze, la musulmana Nour e l’ebrea Myriam, che non è soltanto quella rituale e cerimoniale prevista dalle rispettive religioni, ma anche e soprattutto quella psicologica e sociale. Nour viene promessa al cugino Khaled, di cui è sempre stata innamorata, i due si incontrano di notte grazie alla complicità di Myriam e vivono il tipico amore romantico fatto di lontananza e attese. A Myriam tocca invece una sorte diversa perché la madre (interpretata dalla regista) cerca di porre fine ai loro problemi economici facendola sposare con Raoul, un medico benestante molto più vecchio di lei.

Centrale nel film è il rapporto tra le ragazze che, cresciute insieme come sorelle, si trovano a dover affrontare le discriminazioni e i condizionamenti del regime nazista instaurato a Tunisi. Anche prima dell’occupazione, in quanto appartenenti a religioni diverse, le protagoniste conducevano una vita in parte differente: a Myriam era permesso andare a scuola, uscire con il capo scoperto e girare da sola per la città, a Nour no. Ma queste divisioni non costituivano davvero una minaccia: Myriam insegnava a Nour quello che imparava a scuola e il resto aveva poca importanza. Il vero elemento che mette in crisi il rapporto tra le ragazze è l’introduzione delle leggi antisemite e soprattutto il comportamento di Khaled, che, in cerca di un lavoro che gli permetta di sposare Nour, comincia a collaborare con l’esercito tedesco cercando di allontanare la futura sposa dall’amica. Anche Myriam, sposando Raoul, si trova a vivere in un ambiente (quello dell’alta borghesia ebraica) che discrimina gli arabi, e non può non prendere atto delle persecuzioni che colpiscono la sua gente e lei personalmente e delle quali sono responsabili anche persone come Khaled. Fondamentale nel rapporto tra le due ragazze è la vicinanza fisica, sottolineata dalla Albou con inquadrature strette sui volti e i corpi, che più volte si sfiorano e si rivolgono gesti di affetto. La prima volta che vediamo Nour e Myriam insieme è all’hammam mentre una sta aiutando l’altra a lavarsi. Esemplare è poi la scena in cui Myriam, in procinto di sposarsi con Raoul, si sottopone a una lunga e dolorosa depilazione delle parti intime, fisicamente sostenuta e confortata da Nour, che sembra soffrire con l’amica ad ogni strappo della cera calda. In questa scena i loro corpi sono inquadrati come fossero uno solo e ogni movimento del corpo di Myriam trova corrispondenza in quello di Nour.

Ancora una volta, dopo La petite Jerusalem, Karin Albou si dimostra molto abile nella costruzione dei personaggi, nel rendere le tensioni e le aspettative di un’età problematica come l’adolescenza, nell’indagare la psicologia femminile e le dinamiche che la animano. Un cenno meritano anche i due personaggi maschili, che non fungono da semplici elementi di contorno allo sviluppo delle vicende di Nour e Myriam, ma compiono anch’essi una trasformazione che li caratterizza come personaggi complessi e niente affatto prevedibili. Khaled, inizialmente investito di tutte le qualità dell'innamorato romantico, pur di trovare un lavoro e sposarsi, diventa collaboratore dei nazisti aiutandoli nei rastrellamenti degli ebrei del suo quartiere. E man mano emerge in lui, oltre a un lato intollerante, anche una vena maschilista, che esercita più volte su Nour. Mai nel corso del film si è spinti a dubitare che sia sinceramente innamorato della cugina, ed è per questo che in diversi momenti il suo odio verso Myriam più che essere determinato da motivi religiosi o politici è in realtà dovuto alla gelosia. Dall'altra parte c’è Raoul, che si presenta come un personaggio sgradevole, un uomo maturo che sceglie di sposare una ragazzina sfruttando i suoi problemi economici per avere degli eredi. Ma verso la parte centrale del film scopriamo invece che è davvero interessato a Myriam per la sua intelligenza e il suo carattere ribelle e che cerca davvero di piacerle, di essere degno di lei e del suo amore, non accontentandosi di “comprarlo”. Così in una delle scene più toccanti del film sceglie i lavori forzati e di unirsi al destino degli altri uomini della sua fede anche se avrebbe potuto evitarlo, con Myriam che lo va a salutare alla stazione ora consapevole dei sentimenti che prova per lui.

Il film è quindi scandito da questi momenti di allontanamento e riavvicinamento tra le ragazze, il cui rapporto sembra però essere troppo forte per venire spezzato dall’ideologia. Un rapporto che ci porta inevitabilmente a fare delle considerazioni più ampie. Già ne La petite Jerusalem il tema della religione era centrale, con tutti i problemi di incontro/scontro che essa determina, e con gli estremismi e i pregiudizi a cui da luogo. Anche in questo caso la Albou è molto abile a non commettere l’errore di affrontare un argomento troppo ampio e complesso come quello delle origini dell’odio e del conflitto tra musulmani ed ebrei da un punto di vista generale e assoluto. Quello che fa, invece, è rapportarlo ad un microcosmo particolare e osservare le dinamiche che determina senza avere la pretesa di universalizzare le soluzioni che fornisce per il rapporto tra Nour e Myriam. Così, in una delle ultime scene del film, il padre di Nour fa leggere alla figlia un versetto del Corano che parla della salvezza di tutte le persone che credono, ponendo fine ai suoi dubbi e unendo le due ragazze in modo definitivo.

Il film di Karin Albou, insomma, stupisce sotto diversi punti di vista, visivo, narrativo, ma anche per una regia sempre discreta. La ricostruzione storica è fedele e nello stesso tempo evita il pericolo, sempre in agguato per questo genere di film, di coprire tutto con una patina di falsità. “Per scongiurare di cadere nel falso mi sono ispirata a Rossellini, facendolo vedere a tutti i miei collaboratori”, dice l’Albou, e continua sottolineando che la scelta più importante fatta per Il canto delle spose è  stata quella di stare vicina ai suoi personaggi, al loro punto di vista, alle loro emozioni.

TITOLO ORIGINALE: Le chant des mariées; REGIA: Karin Albou; SCENEGGIATURA: Karin Albou; MONTAGGIO: Camille Cotte; MUSICA: François Eudes; PRODUZIONE: Francia/Tunisia; ANNO: 2008; DURATA: 100 min.

 


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