Millennium - Uomini che odiano le donne PDF 
Maurizio Ermisino   

Deve avercela proprio con la Svezia, David Fincher. In Fight Club aveva fatto saltare in aria l’appartamento arredato Ikea del protagonista. Ora fa a pezzi il suo cinema, cioè le versioni solide ma anonime, come i famosi mobili, dei film tratti dalla trilogia Millennium di Stieg Larsson. Uomini che odiano le donne è la versione americana del primo libro, e film, della serie. E, in apparenza, l’operazione è molto semplice: il cinema d'oltreoceano fa quello che ha sempre fatto, riscrive i film di altri paesi con i propri attori per renderli più accessibili e venderli meglio. Spesso il risultato non è all’altezza. Ma non stavolta. A dirigere c’è David Fincher, grande anche quando dirige un film su commissione. La differenza che passa tra il Millennium svedese e questo è infatti la stessa che c'è tra la televisione e il cinema. O quella tra un mobile Ikea e un mobile di design.

Nascosto sotto l’impiallacciatura, c’è del marcio in Svezia. Sotto il perbenismo e l’apparente normalità borghese della famiglia Vagner, ci sono litigi, delitti, misteri. Come quello di Harriet, nipote prediletta del capostipite dei Vagner, scomparsa inspiegabilmente molti anni prima e mai più ritrovata. È proprio lui a ingaggiare il giornalista Mikael Blomqvist per fare luce sulla vicenda. Blomqvist si troverà a essere affiancato dalla giovane hacker Lisbeth Salander, sotto tutela dopo una vita di abusi e soprusi. Fincher decide di lasciare l’azione nella Svezia di Larsson, ed è bravissimo a farci penetrare fin dentro le ossa il gelo di quelle terre (come vediamo nella scena dell’arrivo alla magione dei Vagner), un freddo che ovviamente è anche interiore. La Svezia di Fincher è colorata di un grigio che raramente tende al bianco, anzi, molto più spesso sfuma verso il nero (grazie alla magistrale fotografia di Jeff Cronenweth), a cui aggiungono inquietudine e tensione i suoni di Trent Reznor e Atticus Ross (eccezionale la loro versione di Immigrant Song dei Led Zeppelin sui titoli di testa), rumori disturbanti accanto a quelli che sembrano dei carillon rotti. Suoni che colgono alla perfezione il carattere nervoso e malato del cinema di Fincher. Nel suo film tutto è più spinto, più sboccato, più violento che nell’originale. Le situazioni sono le stesse, ma qui arriva tutto in maniera più diretta, indelebile. Questione di tocco, di talento, e anche di coraggio. Fincher non ha paura di fare un film per adulti. Millennium - Uomini che odiano le donne gli permette di continuare il suo viaggio nella perversione umana iniziato con Seven e proseguito con Zodiac. La storia di Larsson conferma di non avere una trama irresistibile, ma a Fincher interessano i personaggi, quello che hanno dentro. E riesce a farci capire meglio quelli a cui tiene maggiormente, i suoi protagonisti: Daniel Craig è qui de-bondizzato e de-eroicizzato, ed è un Blomqvist forte ma sensibile, un uomo con i suoi dubbi, e le sue paure, che Craig lascia trasparire sotto il suo volto e i suoi occhi solo apparentemente glaciali. Rooney Mara non fa rimpiangere Noomi Rapace nel ruolo di Lisbeth. Anzi, aggiunge delle sfumature, dei tratti di fragilità, di dolcezza (insita comunque nel suo volto): è più un cucciolo ferito e maltrattato che sfodera gli artigli per difendersi che non un predatore.

Sotto l’impiallacciatura, insomma, c’è dell’altro. Il Millennium di Fincher non è un semplice remake o reboot. Il regista di Seven ci ha fatto capire perché l’opera di Stieg Larsson affascina così tanto. Millennium è Lisbeth Salander. E lei è il simbolo del nuovo millennio e dei tempi che viviamo: da un lato le illimitate possibilità informatiche e tecnologiche, e con esse la violabilità assoluta della privacy, dall’altro la continua violenza a cui i più fragili sono sottomessi. In questo senso, Fincher continua il discorso iniziato con The Social Network sui paradossi della nostra società. Siamo tutti più connessi e più informatizzati, ma sempre più soli e meno capaci di socializzare. Sconnessi nell’era della massima connessione.

Titolo originale: The Girl with the Dragon Tattoo; Regia: David Fincher; Sceneggiatura: Steven Zaillian; Fotografia: Jeff Cronenweth; Montaggio: Kirk Baxter, Angus Wall; Scenografia: Donald Graham Burt; Costumi: Trish Summerville; Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross; Produzione: Columbia Pictures, Metro-Goldwyn-Mayer, Scott Rudin Productions, Yellow Bird Films, Film Rites, Ground Control; Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; Durata: 158 min.; Origine: USA/Svezia/Gran Bretagna/Germania, 2011

 


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