Siamo veramente sicuri che ci sia ancora qualcosa da dire su Quentin Tarantino? Qualcuno scommette sull'esistenza di un aspetto non ancora indagato sul geniale Autore (con la A maiuscola) tornato recentemente alla ribalta con la prepotente doppia prova di Kill Bill? A leggere le pagine del recentissimo (e tempestivo) Kill Tarantino della giornalista genovese Simona Brancati, parrebbe proprio di sì. La Brancati, infatti, indaga il fenomeno Tarantino fin dalla folgorante visione de Le iene in un cinema semideserto: convinta di aver individuato un autentico prodigio, la giornalista, ormai catturata dalla personalità registica dell'ipertrofico Quentin, ha cominciato ad interessarsi del fenomeno più in profondità, raccogliendo tutto il materiale relativo al personaggio e cominciando a classificarlo ordinatamente, quasi fosse un lavoro da detective. Ed infatti Kill Tarantino è organizzato strutturalmente (e in modo molto originale) come se fosse un caso poliziesco da ricostruire attorno alla figura del regista che più di ogni altro ha condizionato la storia del cinema nel corso degli anni Novanta, arrivando ad influenzare intere schiere di aspiranti autori, sceneggiatori in erba, scrittori esordienti, cinefili sognanti e vari onanisti reificati dal triacetato di cellulosa.
Attraverso le fasi di un'indagine poliziesca si dipana la ricerca e l'analisi del personaggio e del suo cinema: i capitoli, infatti, sono contraddistinti dai diversi stadi della detection, così a Il caso, che spiega la nascita e l'affermazione della figura di Tarantino, seguono logicamente Il sopralluogo sulla location del delitto, ossia l'esplorazione dei film sceneggiati e diretti dal regista, L'interrogatorio, che riguarda le dinamiche narrative e contenutistiche, la (non) aderenza e il ribaltamento delle consuetudini di genere, il riferimento alle varie tonalità utilizzate all'interno del racconto, L'arma, vale a dire i mezzi usati per manifestare nella sua pienezza caratterizzante l'originalità della filmografia attraverso il rapporto tra spazio, tempo, intreccio e personaggio, non dimenticando l'essenzialità di una musica - che diventa vettore significante del racconto - e le necessarie (e a volte onnicomprensive) ossessioni d'artista, e infine Il verbale, in cui si passano in rassegna gusti cinefili, campionamenti pop e furti d'autore (partendo non necessariamente dal più volte citato City on Fire di Ringo Lam). Chiude il volume il capitolo su Kill Bill: non siamo all'interno dei territori fulminei dell'Instant book, ma il tempismo è certamente ammirevole. Come tutte le indagini che si rispettino, il detective-Brancati ha utilizzato le deposizioni/dichiarazioni di alcuni compagni di viaggio in qualità di persone-informate-dei-fatti: testimoni (Bo Svenson, il prete di Kill Bill, Umberto Smaila, contattato da Tarantino per una sua canzone da utilizzare in Jackie Brown), esperti (Renato Venturelli, Luca Aimeri, Andrea Pinketts, il gruppo musicale The Transistors), collaboratori (The Millionaire, autore delle musiche di Four Rooms) e numi tutelari (Enzo G. Castellari, del cui film Quel maledetto treno blindato Tarantino vorrebbe realizzare il remake), uniti per offrire uno spaccato quanto più ampio possibile sul soggetto indagato.
Una curiosità: esclusivamente a scopo promozionale, il libro è accompagnato da un "Bookstage" su Dvd della durata di 24 minuti, in cui l'autrice condensa l'immagine di Tarantino attraverso gli interventi filmati degli ospiti/testimoni. Ben fatto, dalla grafica accattivante e divertente.
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