Il cacciatore di aquiloni PDF 
Eva Maria Ricciuti   

ImageL’approccio di un lettore nei confronti di un film tratto da un’opera letteraria che ha amato è sempre abbastanza conflittuale. Si risveglia naturalmente la curiosità nei confronti della resa per immagine della pagina scritta, ma contemporaneamente si teme di rimanere delusi di fronte all’interpretazione che altri hanno deciso di presentare del nostro amato testo. D’altro canto la parte razionale del lettore si rende perfettamente conto della difficoltà insita nel dover rendere visivamente le emozioni che scaturiscono dalla pagina scritta, e quasi si compiace nell’aspettarsi prima, e nel constatare (come spesso accade) poi, che la pellicola è rovinosamente caduta nel banale, semplificando eccessivamente la trama, sacrificando per ovvie ragioni le sottotrame a favore della storia principale, tagliando personaggi e limandoli qui e là per adattarli al pubblico cinematografico. E spesso lo spettatore/lettore prova un brivido perverso nell’uscire dalla sala con l’amaro in bocca, con la sgradevole sensazione di aver sporcato un ricordo e di aver ceduto all’immediatezza dell’immagine abdicando all’immaginazione che si sprigiona dalla pagina scritta, ma con la certezza che potrà affermare, non senza un certo compiacimento: eh, ma non è certo come il libro!

Il cacciatore di aquiloni di Marc Forster, però, frustrerà decisamente le aspirazioni di quel tipo di spettatore/lettore, poiché è uno dei pochi casi nei quali si può con grande partecipazione affermare che la fonte letteraria non è stata tradita. Di più, la particolarità de Il cacciatore di aquiloni si esplicita non nell’adesione pedissequa al testo originario (il bellissimo libro omonimo di Kaled  Hosseini), ma nell’adesione alla medesima poetica e ad una ricerca visiva che si sposa in modo sorprendente con la ricercatezza della parola scritta. Ovvio che guardare il film e leggere la pagina scritta non è equivalente, ma si deve riconoscere che per tutta la durata della pellicola si crea un qualcosa nell’atmosfera di sala che, sebbene non sia lo stesso identico sentimento, assai si avvicina all’emozione dello sfogliare la pagina e dello scoprire, immagine dopo immagine come riga dopo riga, il dipanarsi della trama. Vero è che l’esigenza di semplificare e accelerare una vicenda molto articolata si avverte, e in special modo si nota un notevole salto di qualità tra la prima e la seconda parte della pellicola; e vero è che, specialmente nella seconda, si percepisce un’accelerazione della trama che, sebbene non arrivi a diventare fastidiosa, lascia intendere le difficoltà di dispiegare i nodi narrativi più intensi della vicenda. Tuttavia, questo difetto (che i più accaniti sostenitori del primato della pagina scritta eleggeranno a vessillo) non rende il film meno incisivo del libro e soprattutto non rende una condicio sine qua l’aver letto l’opera di Hosseini.

In sostanza, il maggior pregio della pellicola è proprio nel conformarsi come realtà altra rispetto alla pagina scritta. La trama è forte di un dirompente impatto emotivo ben orchestrato da Forster, il quale già più volte ha dimostrato di avere la stoffa per affrontare temi delicati e storie strazianti senza cadere nel patetico, nel melodrammatico di genere (basti pensare a quel piccolo capolavoro di sentimenti che è Neverland - Un sogno per la vita). Naturalmente non tutto è perfetto. Ad esempio, un certo approccio che si potrebbe definire “occidentale” nell’affrontare la vicenda si nota nella rappresentazione del rapporto di amicizia/dipendenza tra Baba e Farid di cui non si fa alcun cenno nella pellicola (che lo caratterizza più semplicemente come rapporto tra servo e padrone) e che invece è una sottotrama molto interessante del libro, utile a spiegare dei risvolti narrativi che così rimangono oscuri, spesso incomprensibili o poco motivati. Tuttavia, queste piccole licenze non inficiano il valore della pellicola, ma semmai sono da considerarsi come delle leggerezze di poco conto che, se viste da un altro punto di vista, potrebbero persino spingere lo spettatore curioso alla lettura del libro e caso mai, volendo proprio forzare il concetto fino al paradosso, essere funzionali alla diffusione di un testo veramente sorprendente.


TITOLO ORIGINALE: The Kite Runner; REGIA: Marc Forster; SCENEGGIATURA: David Benioff; FOTOGRAFIA: Roberto Schaefer; MONTAGGIO: Matt Chesse; MUSICA: Alberto Iglesias; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2007; DURATA: 122 min.

 


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