Sogni e delitti PDF 
Marco Capriata   

ImageSogni e delitti è il titolo italiano dell’ultimo film di Woody Allen, traduzione riduttiva e scialba del maggiormente incisivo Cassandra’s Dream, evocatore di presagi di morte di cui si fa significante, e destinato, come il personaggio omerico richiamato, a non essere compreso nella sua lungimiranza vaticinatrice foriera di sventura.

Allen recupera qui le tematiche di Match Point, che si poneva quale aggiornamento del pregevole e pessimistico Crimini e misfatti, una delle sue opere più attente e moderne nel suo proporre una visione cupa e attuale della realtà contemporanea. Così, il nostro autore pare voler prorogare tale amara riflessione sull’ininterpretabilità dell’esistenza, asciugando la vicenda dall’ironia che ha spesso contraddistinto il suo cinema, ma che riappare involontariamente sfiorando in alcuni frangenti il ridicolo. Se in un contesto tragico, domande sull’esistenza di Dio e sul suo dubbio interesse ai nostri affari terreni costituiscono questioni esistenziali plausibili e fondanti il genere letterario in sé stesso, in quest'ultima opera appaiono poco credibili e stonate rispetto alla vicenda cui si assiste, come se Allen dovesse e volesse esprimere foneticamente, mediante l’enunciazione attoriale, riflessioni che meramente accennate e lasciate soltanto presagire avrebbero sortito effetti drammatici molto più netti. Ma il gioco ormai si è fatto evidentemente scoperto e i pentimenti, le frustrazioni derivanti dal delitto, contrapposte all’apparente freddezza dell’arrivismo sociale e del cinismo economico contemporaneo, non paiono ottenere quell’impatto scenico ed emotivo che Match Point, per quanto tacciabile di cinefilia e di citazionismo marcato, era riuscito ad esplicare con maggiore efficacia. Seppur il tutto sia nuovamente calato in un contesto finora geograficamente ideale per Allen, e fotografato mirabilmente da Zsigmond, l’operazione appare infatti meno riuscita, fin troppo prevedibile e farraginosa. L’autore pare perdersi nei vicoli labirintici da lui stesso filmati nel momento precedente il delitto, che ancora una volta hitchcockianamente, come in Frenzy, decide di omettere, escludendo il nostro sguardo attraverso una siepe. Ma al di là di essa non vi è l’infinito leopardiano in cui annegare dolcemente, ma un orrore banale che agghiaccia: eppure stavolta non suscita quell’emozione di vuoto perturbante cui il film capostipite della trilogia londinese ci aveva posto di fronte, con interrogativi che non si rivolgevano solo alla coscienza del protagonista. Il regista dissemina il racconto di indizi e segni tragici divinati da vari personaggi, come se molteplici Cassandre tentassero di avvertire i loro protagonisti di ciò che li attende. Ma loro stessi si dimostrano incapaci di percepirli, fermandosi alle immagini ipnagogiche di Morfeo, a volte fallaci, a volte premonitrici del loro destino.

Elemento primigenio della tragedia, e genesi del titolo del film, è il nome con cui viene varata una pregevole imbarcazione acquistata dai due fratelli, quale decalcomania in piccolo del modello posseduto dall’ammirato zio Howard (Tom Wilkinson), sorta di “zio d’America”, generoso dispensatore di benefici e regalie per la propria famiglia, di cui Allen svela ben presto le ombre inquietanti che lo ammantano. Cassandra’s Dream è la metafora di un’aspirazione ad un modello di vita altra, migliore, diversa da quella assegnata, però inevitabilmente predestinata, stante il suo nome evocatore di oscuri presentimenti, a divenire il palcoscenico di apertura e chiusura di una vicenda in cui il vento della fortuna, dopo un’iniziale bonaccia, vira in procella per ricondurre in porto l’imbarcazione dalle vele nere. Quello dei fratelli Ian (Ewan McGregor) e Terry (Colin Farrell) è un viaggio allegorico intrapreso solcando le acque del fiume in previsione di un futuro roseo e pieno di aspettative, ma che si tramuta ben presto in iter disseminato di simboli negativi che ammorbano l’atmosfera generale, insinuando la consapevolezza che qualcosa di sinistro accadrà. La sensazione di fondo, tuttavia, è quella di un percorso narrativo eccessivamente algido e distaccato, in cui Allen pare dimenticare il pathos necessario per coinvolgere lo spettatore e forse anche sé stesso, cadendo in banalità di scrittura che tendono ad un inevitabile irrigidimento psicologico dei suoi protagonisti. Un percorso alla lunga inconcludente, come dimostra il finale repentino e asettico, che nelle intenzioni del regista avrebbe forse voluto rappresentare un’ulteriore conferma della sua tesi sull’ironia sprezzante della vita, ma che stavolta non sconvolge più di tanto lo spettatore, lasciando un retrogusto amaro di delusione per l’occasione di riflessione persa.


TITOLO ORIGINALE: Cassandra’s Dream; REGIA: Woody Allen; SCENEGGIATURA: Woody Allen; FOTOGRAFIA: Vilmos Zsigmond; MONTAGGIO: Alisa Lepselter; MUSICA: Philip Glass; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2007; DURATA: 108 min.

 


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