Miele PDF 
Pietro Sannino   

A scrutare le scene iniziali del primo film da regista di Valeria Golino, nella protagonista (Irene, interpretata da una sempre bravissima Jasmine Trinca) si potrebbe quasi riconoscere qualche tratto della Lisbeth Salander del libro (poi film) Uomini che odiano le donne: i capelli corti, il fisico vagamente androgino, quello sguardo dall’espressione a metà tra l’insofferente e il risentito. Tuttavia, curioso paragone a parte, il tema della pellicola nulla ha a che vedere con la violenza di cui sono intrise le vicende di Millennium: qui abbiamo la storia di una ragazza che, a pagamento e clandestinamente, aitua le persone a praticare l’eutanasia. La morte non come castigo, ma come liberazione. E il parallelismo con Lisbeth si affievolisce mano a mano che viene fuori il vero carattere di Irene, che è una ragazza fuori dal comune, ma che come tanti, prova a vivere la sua vita senza odiare il prossimo (Lisbeth, invece, basava tutto sulla ricerca della vendetta ad ogni costo), cercando sempre di mantenere un certo distacco dalle vicende dei suoi clienti. Vi riesce sottoponendosi ad allenamenti fisici sfiancanti e traendo fulminei istanti di piacere in amplessi rapidi e attraverso l’ascolto della musica a tutto volume. Le capiterà, tuttavia, di imbattersi in una persona che richiederà i suoi servigi, non tanto per sottrarsi alle sofferenze di una malattia che non gli lascerebbe scampo, ma semplicemente perché ritiene di aver “vissuto abbastanza”. Lei inizialmente non era a conoscenza di questa condizione (abituata com’è, da sempre, ad aiutare esclusivamente malati terminali), ma quando la scoprirà deciderà di negare la sua assistenza, anzi, proverà ad impedire del tutto al cliente di farla finita. L’incontro con quest’ultimo, l’Ingegner  Grimaldi (Carlo Cecchi), un colto e distinto signore avanti con gli anni, sarà, per Irene, il punto di partenza di un cammino teso non tanto a rivalutare le sue azioni, quanto a ritrovare sé stessa.

Miele è un film forte e di grande impatto, la Golino si dimostra decisa a infrangere un tema/tabù alquanto scottante, soprattutto in un paese così profondamente cattolico come il nostro. Eppure la morte non viene quasi mai mostrata, rimanendo nell’aria come un cupo sottinteso, trattato con estremo pudore, quasi a voler privare di qualsiasi risvolto macabro o grottesco le vicende esposte, riuscendo, nel contempo, a offrire un punto di vista né distaccato, né pietistico, incastonando i dialoghi tra i due protagonisti in una cornice dalla fotografia che non si appiattisce, rimanendo varia e di “tavolozza” ampia, in scene contraddistinte da scontri e da riappacificazioni, da insulti reciproci e da aperture disarmanti all’altro. Le musiche sono un complemento importante in Miele, dove molte scene sono pressoché mute (sono davvero sublimi alcune, dove preponderante è la sensuale gestualità della Trinca); sono scelte con cura, spaziando dai Talking Heads a Bach. “Mi piaceva l’idea di poter raccontare la storia di una ragazza di oggi che fa un lavoro così antico, che è quello di accompagnare le persone verso la morte”, sono queste le parole dell’attrice napoletana che, per questo passaggio dietro la cinepresa, si serve di ottimi interpreti: la giovane ma già affermata Trinca, il “Freddo” della serie Romanzo Criminale Vinicio Marchioni (sarebbe riduttivo, tuttavia, relegarlo a quel solo ruolo, essendo stato anche il protagonista di un cult come 20 sigarette), Iaia Forte (attrice/feticcio di registi come Mario Martone e Pappi Corsicato), e il co-protagonista Carlo Cecchi (il Caccioppoli di Morte di un matematico napoletano).

Il risultato finale è un’opera asciutta, priva (con onestà e umiltà come primo cimento) di qualsivoglia esagerazione virtuosistica, ma comunque di un certo livello poetico (seppur scevra da esasperazioni sentimentalistiche). Inizia così, con una pellicola che trae spunto dal libro A nome tuo di Marco Covacich, la carriera da cineasta della Golino, lasciandoci la curiosità di quale possa essere la strada scelta per le sue prossime opere, essendo partita da un tema così delicato, eppure trattato con tanta forza narrativa.

 


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