Il falsario - Operazione Bernhard PDF 
Anna Barison   

ImageDopo essere stato presentato alla Berlinale e aver vinto il premio Oscar come Miglior Film Straniero, Il falsario - Operazione Bernhard, dell’austriaco Ruzowitzky, arriva nelle sale italiane dopo un periodo decisamente in sordina. Il film prende spunto dall’autobiografia di Adolf Burger (The Devil’s Workshop, non ancora pubblicato in Italia), un tipografo ebreo che partecipò alla "Grande Truffa" ad opera di un gruppo di prigionieri-falsari, obbligati dai nazisti ad inondare i mercati di sterline false, carta straccia realizzata talmente ad arte da poter ingannare chiunque, Banca d’Inghilterra compresa.

Siamo nel 1936, a Berlino. Sorowitsch è il re dei falsificatori ed è ebreo. La sua vita cambia quando, una mattina, viene arrestato dall’ispettore della Gestapo Friedrich Herzog (Devid Striesow) e portato a Mauthausen. Salomon - Sally per gli amici - sopravviverà grazie alle sue doti artistiche, allo spirito bohémien e al carattere irriverente di chi, cresciuto nei bassifondi, vive di rabbia ma anche di intelligenza. Pochi anni trascorrono, e Sorowitsch viene trasferito nel campo di Sachsenhausen, dove le sue doti e quelle di altri prigionieri ebrei verranno sfruttate dal suo ammiratore Friedrich Herzog e dal Reich per cercare di vincere una guerra ormai persa. Sorowitsch, inizialmente, non si pone problemi: ha trovato il modo di sopravvivere in un campo di sterminio e di esercitare la propria "arte". Progressivamente, tuttavia, uno dei suoi compagni di prigionia lo pone dinanzi ad un dilemma morale, che si farà sempre più pressante per Sally e per alcuni dei suoi compagni di sventura: continuare a falsificare denaro favorendo l’infernale macchina nazista o boicottare l'operazione mettendo a repentaglio le proprie vite? In effetti, di fronte ai nazisti che non li ritengono esseri umani, gli ebrei possono scegliere tra il servilismo e la dignità. Il rapporto tra Sorowitsch e il comandante del campo offre allora lo spunto per una riflessione sul regime in caduta libera. Herzog, che è stato comunista, ora indossa una divisa nazista ma non ha più alcuna ideologia. Il suo obiettivo è analogo a quello delle sue vittime: salvarsi. Una rapporto di conflitti emotivi tra il carnefice e la propria vittima, una commistione interscambiabile tra i due ruoli, connaturata all'essenza stessa di essere uomo che fa apparire i nazisti più umani e meno stereotipati del solito, tra l’altro senza che ciò giochi a loro favore. Herzog è salvatore e carnefice, seduttore mellifluo, colto e vile, criminale preoccupato per il futuro dei suoi figli e anello di una catena, come chiunque altro. I responsabili della Shoah, infatti, non sono dipinti come pazzi sadici, ma come persone "normali" che si trovano a compiere un terribile sterminio semplicemente perché hanno il potere di farlo e l’apparato ideologico adatto a giustificarlo. I prigionieri, viceversa, non sono "appiattiti" nel ruolo di vittime. Colpisce, in tal senso, la fascinosa ambiguità morale del protagonista Salomon Sorowitsch, perfettamente incarnata dal grugno di Karl Markovics. Il grande falsario è un uomo di mondo, abituato alla delinquenza. Il suo volto dai lineamenti duri non è inquadrato quasi mai frontalmente o in piena luce: segno evidente dell’intensa conflittualità che lo attanaglia.

La pellicola di Ruzowitzky s’inserisce senza dubbio nell’ampia filmografia dedicata agli orrori dell’Olocausto, ma possiede anche caratteristiche degne di nota. Il falsario racconta innanzitutto un pezzo di storia poco conosciuto e piuttosto intrigante. Si tratta, già in partenza, di un punto di vista insolito sulla tragedia dei campi di concentramento, che in questo film viene evocata indirettamente, ma con grande forza espressiva. Un ulteriore punto di vista non comune è dato anche dal fatto che Adolf Burger e i suoi compagni dell’operazione Bernhard erano trattati con riguardo dai nazisti. Il loro blocco era tenuto separato dal resto di Sachnehausen, non solo dal punto di vista logistico, ma anche per la qualità della vita. I "falsari" avevano bagni e letti confortevoli, disponevano di cibo a volontà e persino del ping pong. Nonostante le barriere innalzate dai nazisti, la crudeltà e il dramma raggiunsero tuttavia anche i prigionieri speciali. L’atrocità indescrivibile del microcosmo del lager è continuamente invocata grazie ad un ingombrante fuoricampo, ancora più angosciante poiché sia i personaggi che gli spettatori sanno bene che cosa nasconde.

Un’impostazione particolare per una storia che non si pregia delle monumentali ricostruzioni ambientali di alcuni kolossal sull’argomento, ma che è immerso in spazi cupi e claustrofobici e in una messinscena scarna e minimalista. Il falsario è riuscito a dare una forma molto incisiva alla denuncia, senza scadere negli stereotipi più classici sull’argomento e ponendo perfino una questione morale più ampia, rappresentata dal dilemma dei prigionieri. Considerando la particolare tragicità del materiale narrativo a disposizione di questo film, risulta ancora più apprezzabile la sua capacità di costruirsi non solo intorno al dolore, ma anche al "dubbio" delle vittime.

TITOLO ORIGINALE: Die Fälscher ; REGIA: Stefan Ruzowitzky; SCENEGGIATURA: Stefan Ruzowitzky; FOTOGRAFIA: Benedict Neuenfels; MONTAGGIO: Britta Nahler; MUSICA: Marius Ruhland; PRODUZIONE: Austria/Germania; ANNO: 2007; DURATA: 98 min.

 


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