Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato PDF 
Viviana Eramo   

Ispirato ad una novella di Giovanni Verga e scritto con l’apporto prezioso di Leonardo Sciascia, il film di Florestano Vancini del 1972 è un vero e proprio tentativo di revisionismo storico in materia di Risorgimento. Come ci tiene a ribadire il sottotitolo, infatti, Bronte affronta una pagina della nostra storia che non trova spazio nei libri e che, tuttavia, regista e sceneggiatori ripercorrono a partire dagli atti del processo, all’insegna del pieno rispetto della verità storica.

La pellicola, restaurata nel 2002 dalla Cineteca Nazionale, racconta la repressione della rivolta contadina nella città siciliana in pieno periodo garibaldino, mostrando l’altra faccia del Risorgimento. Il cartello iniziale, che dichiara la verità dei fatti rappresentati, certifica quel valore documentale a lungo perseguito nelle ricerche condotte dagli autori nella fase di pre-produzione. Il film, così, restituisce dignità storica ad una repressione occultata, facendo chiarezza sugli aspetti più problematici di un Risorgimento fatto di luci ed ombre. E il maggior pregio della pellicola sta proprio nel riuscire a restituire questa problematicità eludendo piatti schematismi, evitando che le parti in campo si limitino a contrapporsi in maniera manichea. Lo sguardo di Vancini si posa tanto sui contadini, disgraziati cantori della libertà, quanto sui “gentiluomini” esponenti del vecchio potere e sui generali dalla giubba rossa. Il regista riconosce e ricostruisce i rischi e le conseguenze dell’assenza di progettualità della rivoluzione contadina e della sua efferatezza, della bieca incomprensione e incapacità di adattamento della vecchia classe dirigente, come pure, infine, dei pericolosissimi prodromi del movimento garibaldino che sembra sostituire solo i nomi al governo delle terre dell’allora nascente Italia. Di contro, Bronte è anche e sopratutto la ricostruzione di un ingiusto processo a cinque uomini senza colpe, vittime della frizione delle parti, divenuti necessari strumenti di educazione della massa per ristabilire l’ordine pubblico.

In fondo, Vancini non fa che raccontarci, a pochi anni dal Sessantotto, la storia di sangue di una rivoluzione osteggiata, dell’esplosione di una forza popolare che rivendica i propri diritti ad una classe dirigente che amministra la terra e la robba a discapito di chi, attraverso il lavoro, la trasforma in risorsa produttiva. Il  film traccia abilmente l’insediamento del generale Bixio come esponente di una politica che dietro lo slogan “libertà” nasconde semplicemente una diversa ridistribuzione delle proprietà terriere e quindi del territorio italiano tutto. La messa in scena, piuttosto ruvida, non lascia spazio a compatimenti, ma fa in modo che sia la stessa materia drammaturgica a riconoscere vittime e carnefici, e il loro labile confine. Il tutto è molto rigoroso, seppure il film risenta parecchio della sua originaria destinazione televisiva, diventata cinematografica in corso d’opera. Da una parte, la macchina a mano e l’uso dello zoom restituiscono una regia sporca, immediata, quasi documentaristica, dall’altra il montaggio e il movimento in scena degli attori (tra gli altri Ivo Garrani, Mariano Rigillo, Ilija Dzuvalekovski, Rudolf Kukié) soffrono, invece, di una certa teatralità che mistifica non poco la pulizia dell’intera messa in scena.

Il finale con la fucilazione dei cinque innocenti,  i momenti di lotta violenta, e i canti gioiosi e spavaldi dei giovani rivoluzionari, sono forse gli elementi in cui maggiormente confluisce un’epica in altri momenti difficilmente rintracciabile. Siamo quindi lontani da un film come La battaglia di Algeri, figlio di un’operazione simile in termini di temi affrontati e risultati (polemici) ottenuti da opinione pubblica e politica. Nel film di Pontecorvo il respiro epico animava la forte drammatizzazione alla base della messa in scena, mentre Vancini crea i presupposti perché siano gli stessi fatti a suscitare compassione, riflessione e partecipazione da parte dello spettatore. Al di là dei suoi evidenti limiti, Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato rimane un efficace strumento di interpretazione storica di un periodo così fondante della nostra storia. 

TITOLO ORIGINALE: Bronte - Cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato; REGIA: Florestano Vancini; SCENEGGIATURA: Nicola Badalucco, Fabio Carpi, Leonardo Sciascia, Florestano Vancini; FOTOGRAFIA: Nenad Jovicic; MONTAGGIO: Roberto Perpignani; MUSICA: Egisto Macchi; PRODUZIONE: Italia/Jugoslavia; ANNO: 1972; DURATA: 109 min.

 


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