Sottodiciotto 2012 / Conversazione con Sandrine Bonnaire PDF 
Elisa Mandelli   

Il XIII Sottodiciotto Filmfestival, in collaborazione con il Museo del Cinema di Torino, ha dedicato un’importante retrospettiva a Sandrine Bonnaire, “una delle attrici francesi più premiate di sempre ma fuori dal comune, che continua a rivendicare il diritto di vivere le proprie emozioni e di comunicarle agli altri attraverso scelte imprevedibili, ancora oggi come in gioventù”, come scrivono i curatori Fabrizio Colamartino e Marco Dalla Gassa. Durante un incontro con la stampa, l’attrice/regista ha parlato della sua carriera davanti e dietro la macchina da presa.

Cominciamo dai film che ha diretto. La componente autobiografica è molto forte sia in Elle s’appelle Sabine, in cui affronta direttamente la sua storia familiare, che in J’enrage de son absence, dove parte del suo vissuto è filtrato attraverso una vicenda di finzione.
Nel documentario Elle s’appelle Sabine la storia di mia sorella è più che altro un esempio per parlare d’altro, delle carenze nelle struttura sociali e assistenziali per i malati di autismo. Si è trattato soprattutto di un atto politico. Anche nel caso di J’enrage de son absence sono partita da qualcuno che ho conosciuto quando ero piccola, e che a un certo punto ha deciso di non vivere più, di rinunciare completamente alla vita. Si tratta di un atto terribile, ma che nello stesso tempo richiede un enorme coraggio. Se esiste un punto di contatto tra i due film, esso risiede proprio nell’eroismo: Sabine è una figura eroica perché nonostante tutto quello che ha sofferto riesce ancora ad amare profondamente la vita, mentre al contrario l’uomo che mi ha dato lo spunto per J’enrage de son absence lo è per un atto di rinuncia.

Che cosa simboleggia la cantina in J’enrage de son absence?
Per prima cosa il ventre materno, uno spazio uterino che rimanda direttamente al figlio che non c’è più. Paradossalmente il protagonista trova la luce in questo luogo così buio e oscuro, grazie a un bambino in qualche modo prende il posto del figlio morto. È un processo di rinascita.. e di nuovo torniamo al ventre materno. Ho voluto costruire il film a forma di croce: c’è un alto e un basso, con lo spazio delle case e della vita normale e quello della cantina, ma c’è anche il formato orizzontale del cinemascope. La croce simboleggia la mancata elaborazione del lutto, che è il problema principale del protagonista.

Nel film compie un interessante lavoro sul fuori campo: non ci sono flashback che spieghino l’accaduto, né vengono mai mostrate le fotografie del passato.
È stata una scelta deliberata, perché mi sembra che utilizzare la voce fuori campo sia troppo facile. Volevo far comprendere il passato della coppia senza voce fuori campo, senza flashback. Non ho mostrato foto perché ciò che mi interessa è lo sguardo dell’attore, più che ciò che sta guardando. Tenevo molto anche a rendere il film atemporale. Potrebbe essere ambientato oggi come negli anni ’80: non ci sono cellulari, computer … e non solo perché li trovo esteticamente brutti, ma perché avrebbero datato il film, e non volevo che il pubblico si ponesse la domanda della collocazione temporale.

Com’è nato il suo desiderio di passare dietro la macchina da presa?

Negli ultimi anni ho recitato in molte opere prime, e in quei casi il mio ruolo andava al di là di quello di semplice interprete. Cercavo di dare consigli, di proporre le mie idee… Tutto questo mi faceva sentire estremamente coinvolta, e così è nata la voglia di mettermi in gioco in prima persona.

La sua lunga esperienza come attrice ha influenzato il suo approccio alla regia?
Sicuramente l’esperienza come interprete ha reso le cose molto più facili nel lavoro di regista. Conoscevo molto bene il processo del fare cinema davanti alla macchina da presa, e quando sono passata “dall’altra parte” mi sono resa conto di conoscere anche l’altro aspetto.

Quale dei film che ha interpretato le rimarrà sempre dentro?
Ce ne sono tanti. Alcuni per il ricordo della lavorazione, le riprese, le persone con cui ho lavorato; altri per i risultati che hanno ottenuto, altri ancora perché ho particolarmente amato il ruolo che interpretavo.

Il Sottodiciotto si è aperto con un film d'animazione, Le jour des corneilles, doppiato da Claude Chabrol. Può condividere con noi un ricordo di questo grande autore?
Chabrol amava molto cantare. C’era una tradizione su ogni suo set: alla fine delle riprese invitava tutta la troupe a cena in un grande ristorante - era una persona estremamente generosa - e alla fine della serata si metteva a cantare arie d’opera con sua moglie. Ma quel punto, siccome cantava malissimo, noi gli lanciavamo i tovaglioli addosso!

Ha avuto modo di vedere Io e te, l’ultimo film di Bernardo Bertolucci, che ha diversi elementi in comune con J’enrage de son absence?
Questo paragone mi lusinga, anche se devo ammettere di non aver avuto ancora l’occasione di vedere Io e te. Su Bertolucci posso raccontarvi un episodio davvero divertente. Mentre ero impegnata nella lavorazione di Police di Maurice Pialat, mi ha chiamata un signore dall’accento italiano che affermava di essere Bernardo Bertolucci e di volermi far recitare nel suo prossimo film. Io ero naturalmente onorata, e l’ho incontrato un paio di volte. Preciso che non avevo idea di che faccia avesse Bertolucci. Quell’uomo continuava a parlarmi del suo progetto, anche se diceva di non avere ancora una sceneggiatura da mostrarmi. Un giorno, sul set, Depardieu - che aveva lavorato con Bertolucci in Novecento - mi chiese che progetti avevo, e io, un po’ vantandomi, gli ho rivelato di aver incontrato Bertolucci per parlare del suo prossimo film. Gérard mi ha risposto perplesso che Bertolucci in quel periodo era in Cina per girare L’ultimo imperatore… io non potevo crederci, perché sapevo di averlo visto di persona proprio in quei giorni. Alla fine ho verificato con il mio agente, e ho scoperto che quello con cui avevo parlato non era altro che un mitomane che si spacciava per Bertolucci! Ma non è finita: proprio mentre stavo raccontando questa storia a Chabrol, un giorno in sala di montaggio, si è presentato a salutarlo il vero Bernardo Bertolucci!

Dopo due opere così personali, come vede il prossimo film? Che tipo di storie la interessa?

Ci sono due progetti che vorrei realizzare: un film per bambini, ma non d’animazione, e un altro film che racconti i destini di tre donne di diverse generazioni, appartenenti alla stessa famiglia. Questo probabilmente fa trasparire l’importanza che attribuisco alla famiglia, poiché ritengo che ciascuno di noi sia influenzato dalla famiglia da cui proviene.

Che cosa le ha dato la sua famiglia, e che cosa ha portato con sé nel cinema di questa formazione?
La mia lucidità. Non è facile cominciare a fare l’attrice a 15 anni senza farsi travolgere dal successo. Io ho ricevuto dai miei genitori un’educazione molto semplice, che mi ha permesso di restare con i piedi per terra, cosa che non ho mai dimenticato. Il mio mestiere poi mi ha rinforzato, mi ha educato a sua volta, ma sempre conservato un piede nel privilegio che questo mondo mi offre, e l’altro ben piantato nella realtà. Questo mi permette di apprezzare veramente quello che ho.

Che tipo di adolescente era?
Ero un’adolescente molto simile a Suzanne, la protagonista di Ai nostri amori. Pialat prendeva molte cose dalla realtà. Sicuramente ero meno drammatica di Suzanne, ma avevo la stessa maturità. C’è molto di me in quel film.

Recentemente ha dichiarato che potrebbe smettere di recitare ma non di raccontare storie dirigendo film…
Continuerò a fare entrambe le cose, anche se devo ammettere che recitare non mi manca, mentre mi mancherebbe realizzare film, perché mi comunica qualcosa di più forte.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.