La madre PDF 
Maurizio Ermisino   

Chiamatelo pure “il senso di Del Toro per le creature”. Perché è questo che sembra guidare il regista messicano in tutte le sue scelte. La sua consacrazione definitiva nell’Olimpo del cinema è avvenuta grazie a una creatura molto particolare, quel fauno che era al centro de Il labirinto del fauno, una storia fantastica, dove i mostri inventati nascondevano i mostri reali, quelli del Franchismo, una storia dolente vista con gli occhi innocenti di una bambina. Da quel momento Del Toro si è tuffato in tutto quello che aveva a che fare con creature strane: mostri, mutanti, e tutto ciò che poteva scatenare la sua fantasia. Era a suo agio tra i freak del cine-fumetto Hellboy, e lo era anche tra superoi e supervillain di un film come Megamind, di cui era consulente. Sarebbe stato a suo agio, probabilmente, anche nella Terra di Mezzo de Lo Hobbit, se l’avesse diretto lui invece di Jackson, com’era nelle intenzioni.

E sarà proprio per questo suo senso per le creature che Del Toro è rimasto affascinato dal corto Mamà di Andy Muschietti, regista pubblicitario che nel 2006 aveva colpito con questo breve filmato che racchiudeva in sé la storia de La madre. Che, precisiamo, porta la firma alla regia di Muschietti, anche se viene promosso come un film di Del Toro, con la formula “Guillermo Del Toro presenta”. La madre racconta la storia di due bambine che spariscono nel bosco nel giorno in cui i genitori vengono uccisi. Qualche anno dopo le bambine vengono ritrovate, vive. Perché qualcuno si è preso cura di loro. E ora non vuole più abbandonarle…  Il tocco di Del Toro si sente eccome in questa ghost story. Nel senso che si capisce cosa possa essergli piaciuto. La regia di Muschietti, ovviamente, non può essere quella di Del Toro. Manca un po’ di magia e tutto sembra un po’ più meccanico, più studiato a tavolino: gli spaventi comandati, a “sobbalzo”, sono un po’ abusati, la confezione (leggi: fotografia) è un po’ levigata. Manca, insomma, quella malinconia e quella magia che avrebbe dato al film Del Toro. Non siamo quindi in presenza di un film d’autore, ma di un buon prodotto industriale. Come horror, La madre fa il suo dovere.

Sempre per restare a Del Toro, dicevamo che Il labirinto del fauno parlava di mostri per raccontare un mostro reale, e ben più terrificante, come il Franchismo. E il tutto diventava più dolente perché visto con gli occhi di una bambina. Ecco, anche La madre può avere una chiave di lettura più profonda. Se invece che come un horror proviamo a guardarlo come un film drammatico, e proviamo a concentrarci sulle due bambine, quello che ne esce è una struggente storia di infanzie violate, di abbandoni, di bisogno di certezze e figure paterne/materne. Se come horror La madre fa paura fino a un certo punto, visto da questa angolazione è un film dolente, che ci colpisce, ma in maniera più profonda della paura. Perché ci fa male. Se ci mettiamo poi un finale molto particolare, che non può ascriversi completamente alla categoria del “lieto fine”, capiamo che La madre è un film molto particolare. Che può sorprendere. Chi non ci sorprende più è la protagonista, Jessica Chastain, sempre più donna forte e in grado di prendere in pugno il suo destino. La Chastain, anche senza i suoi capelli rossi (qui è mora), infuoca ogni inquadratura. E anche questo è un altro motivo per vedere La madre.

 


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