Persepolis PDF 
Maurizio Ermisino   

ImageAnimazione fa rima con formazione. È, infatti, prima di tutto un bellissimo romanzo di formazione - che si muove nel solco tipico del bildungsroman - Persepolis, il film d’animazione di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud tratto dalla famosa graphic novel della stessa Marjane Satrapi. Persepolis racconta proprio la storia di Marjane partendo dalla sua infanzia a Teheran, durante il governo degli Scià. Marjane cresce in una famiglia borghese dagli ideali comunisti, e respira la speranza di una rivoluzione che porti il suo paese a un futuro migliore e più giusto. Un cambiamento arriva, ma non è quello sperato: esplode l’integralismo religioso, con la dittatura degli Ayatollah. L’atmosfera diventa ancora più pesante: tutto è proibito, dalla musica, alle feste, all’alcool, in un’atmosfera degna del 1984 di Orwell. Noi vediamo tutto con gli occhi di Marjane, che nel frattempo è diventata una ragazzina che vorrebbe tanto divertirsi. Ascolta, comprandola clandestinamente come se si trattasse di una droga, la musica di Michael Jackson, degli ABBA o degli Iron Maiden. Poco importa il genere. L’importante è evadere. Il punk e la new wave sono sinonimo di libertà: Marjane assapora tutto questo a Vienna, dove scappa verso una vita più normale. Ma anche qui si sente diversa, discriminata, fino a rinnegare le sue radici (dice di essere francese). Al tempo dell’Università torna in Iran, un paese dove ormai di ideali quasi non si parla più, e rimane solo la voglia di divertimento, di libertà, di raggiungere ciò che è negato. Ancora una volta è l’identità di Marjane a essere repressa: è il momento di vestire ancora il velo, di indossare pantaloni sempre più stretti, di assistere a ridicoli corsi di pittura in cui le modelle sono completamente coperte da enormi tuniche nere. Non sembrano esserci vie d’uscita. Ma Marjane riuscirà a vincere la depressione, a rimanere se stessa, a far vincere la sua identità e a completare il suo percorso di formazione. E quale canzone può essere il miglior segnale di rivincita se non la Eye of the Tiger di Rocky III, che Marjane canta nella più bella, ironica e commovente, sequenza del film? L’unica via d’uscita, per lei, sarà di nuovo la fuga, stavolta verso Parigi. E finalmente verso il proprio Io, le proprie aspirazioni. È infatti diventata una stimata disegnatrice la Satrapi. E le sue famose strisce sono diventate un film che è una meraviglia per gli occhi e un tarlo che si insinua nella nostra mente

Animazione fa rima con tradizione. Già, perché  è spiazzante e (piacevolmente) sconvolgente, in un epoca in cui tutti i film d’animazione sono tridimensionali, coloratissimi e fotorealistici, trovarsi davanti a un cartoon vecchio stile, bidimensionale e in bianco e nero. Ma estremamente più vitale, dinamico e visionario dei prodotti d’animazione ormai globalizzati del duopolio Disney-Pixar/Dreamworks. Il disegno della Satrapi è stilizzato ma realistico, dinamico ed eclettico. Il suo tratto è nervoso, riesce a trasfigurarsi, a espandersi, non resta in forme fisse ma si libera per ingrandire i concetti: così le donne iraniane e le suore europee diventano lunghe ombre nere a minacciare Marjane. E lo schermo nero è inondato di fiori bianchi nel ricordo della nonna che li metteva nel reggiseno per profumarlo. La Satrapi si rifà a modelli nobili come il liberty viennese, o ai disegni del giapponese Hokusai. Parte da un concetto di animazione tradizionale, ma lo reinventa, dandogli nuove possibilità e nuovi significati. L’animazione della Satrapi è allora sì tradizione, ma anche innovazione.

E animazione in Persepolis significa anche liberazione. Perché, oltre agli elementi di pittura, grafica e architettura, la Satrapi si è ispirata al grande cinema, come lei stessa ha dichiarato: all’Espressionismo tedesco e al Neorealismo italiano, in particolare. Due scuole di cinema completamente differenti tra loro, e diversissime anche dall’opera della Satrapi, ma con il denominatore comune di essere cinema post-bellico, in cui la creatività e la forza espressiva suppliva alla povertà di mezzi, entrambe portatrici di un entusiasmo, una speranza, un’energia, una voglia di ricominciare, che solo chi ha vissuto una guerra può capire. Ed è così anche per la Satrapi, che ha vissuto gli otto terribili anni della guerra Iran-Iraq. Se del Neorealismo, genere esteticamente agli antipodi da quello della Satrapi, Persepolis mantiene il forte afflato sociale e l’attenzione alla realtà, dell’Espressionismo ricorrono elementi come il forte contrasto tra il bianco e il nero e l’estetica degli sfondi, fatti di linee spezzate, storte  e mai lineari. Linee che circondano e racchiudono l’individuo, che rappresentano la confusione e l’oppressione. Un’oppressione che può riguardarci tutti: Persepolis è uno straordinario film contro tutti i totalitarismi e gli integralismi, un monito da tenere sempre presente. È per questo che è un film che sa di liberazione, personale e collettiva. Uno dei capolavori, forse quello più sorprendente, che la stagione cinematografica ci ha regalato. Un film dove il bianco e il nero si stemperano in sfumature di grigio, e che riesce a parlarci di temi profondi con la levità con cui quei fiori bianchi scendono sullo schermo nero. Restando per sempre impressi nel nostro sguardo.

TITOLO ORIGINALE: Persepolis; REGIA: Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud; SCENEGGIATURA: Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud; MONTAGGIO: Stéphan Roche; MUSICA: Olivier Bernet; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 2007; DURATA: 95 min.

 


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