Nel 2009 venne pubblicato su YouTube un interessante corto a carattere apocalittico dal titolo Ataque de Panico dove robot alieni mettevano a ferro e fuoco la città di Montevideo. Sono quattro minuti che condensano azione e trucchi digitali, montati da Fede Alvarez, uruguagio classe 1978. Sam Raimi e Bruce Campbell ne notarono la particolare originalità e tramite la loro casa di produzione, Ghost House, misero sotto contratto il talento sudamericano per coinvolgerlo in questo remake del film che nel 1981, con un solo budget di 375.000 dollari, riuscì rapidamente a diventare un cult movie e una pietra miliare del genere.
In realtà confrontando le due opere si possono notare particolari differenze, prima di tutto nella sceneggiatura: protagonista principale è la giovane Mia (la molto convincente Jane Levy), con grossi problemi di tossicodipendenza. L'idea di partenza è proprio quella che i cinque ragazzi si riuniscano per aiutare l'amica a liberarsi dalla infernale dipendenza da eroina; tra questi un ruolo determinante è assunto dal fratello di Mia, David (l'altrettanto convincente Shiloh Fernandez), divorato da infernali sensi di colpa per non essersi occupato della mallattia mentale della madre, abbandonandola al suo destino di morte in un ospedale psichiatrico. Droga, malattia mentale, rimorso sono un cocktail micidiale che riporta all'interno della Casa tutti i demoni di un passato apparentemente relegato nelle memorie del sottosuolo (una cantina molto simbolica). I padri sparano in testa ai figli per non farli più soffrire in un prologo che chiarisce le motivazioni e le origini del demone e del libro dei morti, Necronomicon. A loro volta i figli abbandonano i genitori alle loro psicosi: nelle fotografie appese alla parete ci sono bagliori di un tempo andato definitivamente perduto. E l'inferno è ricordare questi momenti sereni sapendo che non torneranno più, nemmeno con l'adrenalina e il defibrillatore, modello artigianale. Un altra differenza è nel budget di 17 milioni di dollari messo a disposizione di Alvarez per aumentare la “splatterizzazione” della visione. Scenografia curata nei minimi dettagli, fotografia che alterna sapientemente luci e ombre, effetti speciali che tendono a enfatizzare gli eccessi di visione. Non si nasconde nulla, non si cercano il mistero del perturbante o le asimmetrie spazio temporali; la direzione è verso la spettacolarizzazione dell'orrore, opposta a quella del terrore inconscio e perverso di un Shining. Il tono del film è assolutamente scevro da ogni possibile sarcasmo, lontano dalla cinefilia autoreferenziale di Wes Craven, dall'humor grottesco di Rob Zombie o dal torture porn di Hostel e derivati. Alvarez propone un horror classico, senza effetti speciali digitali ma con una messa in scena rigorosa e incalzante che non lascia allo spettatore un attimo di respiro. Il ritmo è quello frenetico delle soggettive del demone che insegue le sue vittime within the woods, e dello smembramento dei corpi con coltellacci, pistole sparachiodi e motoseghe. Due scene in particolare colpiscono direttamente lo stomaco dello spettatore: l'automutilazione nella doccia e la pioggia di sangue nel sottofinale, in un trionfo medioevale del maligno.
L'operazione di Alvarez va quindi controcorrente rispetto alla computer graphics e al 3D contemporaneo, non prova a inventarsi una via innovativa, ma smembra e ricompone il tessuto originario del suo archetipo. Un'operazione quindi diversa rispetto a quella fatta nel 1981 da Sam Raimi (con un budget irrisorio), con un debito cinefilo verso le opere che lo avevano ispirato: I tre volti della paura di Mario Bava, La notte dei diavoli di Giorgio Ferroni, L'Esorcista di William Friedkin e Zombi di Romero. Se da un lato si può rimproverare ad Alvarez la chiusura entro i limiti transennati del genere, dall'altro non si può non apprezzare la capacità di lasciare urlare le immagini, evitando dialoghi ridondanti o superflue intellettualizzazioni, in un bagno di sangue quasi purificatorio. La prevalenza del diabolico si insinua sulla nostre paure e debolezze e frammenta anima e corpo in una via crucis tormentosa: il fuoco, la mutilazione, il seppellimento sono riti che hanno i loro corsi e ricorsi, ma rimandano a un altra dipendenza tossica, quella dalla nostra caducità mortale. L'effetto finale, pur tra esagerazioni splatter e improbabili snodi narrativi, è un sobbalzo di puro terrore.
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