Siamo nel Cinquecento, e la storia che propone Justin Chadwick è tratta dal romanzo storico di Philippa Gregory, adattato per il grande schermo da Peter Morgan (già sceneggiatore di The Queen di Stephen Frears, premio Oscar 2007). L’altra donna del re racconta le vicissitudini private del potentissimo re d’Inghilterra Enrico VIII, artefice della rottura tra Chiesa cattolica e Chiesa d’Inghilterra e alle prese con la smaniosa voglia di assicurarsi un erede maschio per perpetuare la dinastia dei Tudor. Il regista inglese, dopo una lunga gavetta dietro la macchina da presa in diverse serie per la tv, approda al cinema con un racconto illustre e con un cast d’eccezione (Scarlett Johansson, Natalie Portman, Eric Bana). Ciononostante, a conti fatti, gli attori sono poco valorizzati da una regia piuttosto accademica e da una fotografia fin troppo patinata, che mostrano in modo asettico gli intrighi di corte, tra inchini e riverenze. La sceneggiatura attribuisce sin da subito un ruolo predominante alle donne e al conflitto interiore che si produce all’interno dell’animo femminile obbligato ad uniformarsi all’etichetta di corte. Le protagoniste brillano rispetto al cast maschile, tanto che l’Enrico VIII di Chadwick (Eric Bana) risulta poco definito dal punto di vista drammaturgico rispetto allo spessore a loro riservato. La pellicola inciampa proprio sull’equilibrio e il peso della performance di ogni singolo componente del cast: è evidente che il regista sceglie di filtrare la storia attraverso lo sguardo femminile, ma in numerosi frangenti non giustifica in modo coerente questa scelta. Inoltre, una regia che sceglie la linearità e la sequenzialità non aiuta a sciogliere i nodi più complessi della sceneggiatura. Il film è invece aiutato dall’ottima prova attoriale di Scarlett Johansson e Natalie Portman, che interpretano rispettivamente Mary e Anne Boleyn. La prima è l’amante ripudiata del re e la seconda la donna ambiziosa che lo attira a sé ma non riesce a soddisfare l’esigenza regale di partorire un figlio maschio. Mary e Anne Boleyn, legate da un profondo rapporto di sorellanza, sono rese, anche esteticamente, come due esempi di femminilità opposta, avvolte dagli splendidi costumi di Sandy Powell (già premio Oscar per The Aviator e Shakespeare in Love). Johansson, nell’interpretare la dolcezza e la timidezza di Mary, è radiosa nei primi piani, all’interno dei quali il suo viso viene incorniciato svelandone la morbidezza, mentre l’Anne Boleyn di Portman è nervosa, disperata, sopraffatta dalla propria ambizione e l’attrice viene quasi trasfigurata dal personaggio e dalle tensioni che attraversano il suo volto. Anche le attrici che interpretano la moglie legittima del re Caterina D’Aragona (Ana Torrent) e la madre delle due sorelle Boleyn (Kristin Scott Thomas) mettono in atto una performance molto convincente. Nel complesso, dunque, il contributo del regista Chadwick passa in secondo piano, travolto da performance attoriali dall’intensità superiore alla resa complessiva del film. TITOLO ORIGINALE: The Other Boleyn Girl; REGIA: Justin Chadwick; SCENEGGIATURA: Peter Morgan; FOTOGRAFIA: Kieran McGuigan; MONTAGGIO: Paul Knight, Carol Littleton; MUSICA: Paul Cantelon; PRODUZIONE: Gran Bretagna/USA; ANNO: 2007; DURATA: 115 min.
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