TFF 28/(If...) Lindsay Anderson, ritorno al futuro PDF 
Tiziano Colombi   

Giovani carini e arrabbiati
Nel febbraio 1956 al National Film Theatre di Londra due giovani registi pubblicano il manifesto del cosiddetto free cinema. L'occasione è la presentazione al pubblico dei primi lavori di Lindsay Anderson, Karel Reisz e Tony Richardson. Sono anni di fermento. I Sessanta sono alle porte e nelle teste pensanti qualcosa si muove. Due riviste, una inglese, Sight and Sound, e una francese, Les Cahiers du Cinema, ospitano sulle loro pagine idee e dibattiti. Nel secondo caso l'approdo finale sarà la nascita della nouvelle vague. Il rinnovamento del cinema britannico passa anche attraverso la letteratura. Nello stesso periodo, infatti, si sviluppa un'altra importante corrente culturale volta al rinnovamento: quella dei cosiddetti Angry Young Men. Scrittori e drammaturghi come John Osborne e Alan Sillitoe. Gente che ne aveva abbastanza della vetusta retorica della grande Inghilterra. L'impero era uscito ridimensionato dalla seconda guerra mondiale e il dominio coloniale era agli sgoccioli. Spuntano romanzi e racconti sulle periferie, gli operai si ritrovano protagonisti di storie quotidiane fatte di fabbriche, calcio e gin di seconda scelta. I registi del free cinema mettono da parte il documentario e cercano, con i limitati mezzi di cui dispongono, di portare dentro i loro lungometraggi una realtà il più possibile autentica e diretta. Lindsay Anderson sarà, fra tutti, il più impegnato nel tentativo di dare al nuovo corso del cinema inglese una elaborazione teorica e formale. Pur non raggiungendo la notorietà della nouvelle vague francese, il free cinema segnerà un grande scarto nel modo di raccontare degli autori britannici. Aspetti umani e sociali diventeranno la cifra stilistica di Ken Loach e assai spesso di Stephen Frears, solo per citare i più noti, senza contare l'invenzione della commedia proletaria anni Novanta, di cui Full Monty (1997) rimane l'ineguagliato vertice.

Travis sul tetto di Hogwartz
Alberto Moravia nel suo articolo a proposito di If... la metteva giù più o meno così: “è la descrizione di un’annata scolastica in un “college” inglese dall’inizio delle lezioni fino alle vacanze. Come tutti sanno il “college” inglese è un’istituzione venerabile che non si potrebbe chiamare borghese senza deformare la realtà storica. Fusione caratteristica e tradizionale di elementi umanistici, religiosi, sociali, sportivi e militari, il “college” risale a tempi remoti e certamente non borghesi. Il “college”, per esempio, di cui si tratta nel film ha cinque secoli di esistenza ininterrotta, sempre con le stesse norme, le stesse consuetudini, gli stessi indirizzi, le stesse strutture. Vi si perpetuano fossili come la punizione corporale, l’aggancio della cultura alla tradizione biblica, l’obbligo da parte dei ragazzi più piccoli di far da camerieri ai più grandi e una buona dose di omosessualità sadomasochista”. Descrizione minuziosa. Vi ricorda qualcosa? Lasciando da parte quelli de L'attimo fuggente (1989) in piedi sui tavoli a vaneggiare di capitani, la risposta esatta è Hogwartz. Ovvero, niente di meno che la tanto amata scuola di magia dell'eroe dei nostri tempi, Mr. Harry Potter. Mentre vi mettete al riparo dagli incantesimi con i quali i fan del maghetto vi bersaglieranno se verrete scoperti a leggere cotanta eresia, riflettete. Severus Piton altro non è che Renato Zero vestito da Marilyn Manson ritratto nel ruolo di educatore ferreo e manesco, uno che il Travis del film di Anderson, salito sul tetto del venerabile edificio dell'istituzione scolastica di cui sopra per mitragliare i sottostanti, avrebbe messo subito nel mirino. E cosa dire di Dolores Umbridge, la detestabile prof di difesa contro le arti oscure? Se non è in lei che si riassumono tutti i peggiori tratti del potere e della rigida gerarachia tanto cara alla vecchia pedagogia da caserma, chi altri? Presa dall'eterna lotta del bene contro il male J.K. Rowling è riuscita a rimettre in scena il buon vecchio college preso a sassate dalle contestazioni giovanili del '68. Segno dei tempi? Restaurazione? O una bacchetta magica ci salverà tutti?

Aspettando il drugo del XXI secolo
Quando gira If... Malcolm MacDowell ha circa venticinque anni ed è soltanto al suo secondo film. Inizio promettente che due anni dopo si trasformerà in consacrazione. I suoi occhi azzurri cerchiati di nero diventeranno quelli di Alex DeLarge, il famigerato capo dei drughi di Arancia Meccanica (1971). Kubrick mai si sarebbe aspettato di vedere un cattivo di tale risma ritratto sugli striscioni dei gruppi ultrà allo stadio, sulle magliette attillate dei ragazzini di periferia o cucito sui bomber di qualche skin rasato di fresco. Una faccia alla quale è seguito un intero immaginario, una maschera che non manca mai alle feste di carnevale. Qualcosa di quel futuro da guastafeste era già ben visibile nella furia del Travis di If.... Personaggio meno potente perché troppo ideologizzato, stereotipato, tanto da volere essere un immaginifico ritratto generazionale. Certo fu questo a garantire al film di Anderson la Palma d'Oro al festival di Cannes del 1969. Presidente di giuria il “rivoluzionario” Luchino Visconti, padre del neorealismo e uomo da barricata tanto da arrivare al cinema passando da Renoir grazie alla mediazione di un'amica di famiglia, Coco Channel. Date le premesse è poi difficile dare torto al Pasolini incazzato a difesa dei poliziotti di Valle Giulia. Il presente è ancora oggi fatto di gente sui tetti. Ne abbiamo di ogni genere e tipo, quelli con le pezze al culo che vanno a prendere freddo sperando di farsi sentire e quelli che il culo lo portano fin lassù per tentare di pararselo. Come andrà a finire? Il ribellismo e la rivolta, almeno al cinema, ci consegneranno un ghigno degno di McDowell (uno che nel suo curriculum vanta anche un film con Tinto Brass e una comparsata in un videoclip degli Slipknot)? Sul finire del millennio almeno in un paio ci hanno provato. Niente immortalità all'orizzonte, ma il bianco e nero di Vincent Cassel de L'odio (1995) che replica allo specchio il De Niro di Taxi Driver (1976) qualcuno ancora lo ricorda. Per parte nostra rimaniamo affezionati alla canaglia per eccellenza: Marck Renton/Ewan Mcgregor con sottofondo di Underworld nel finale di Trainspotting (1996).

TITOLO ORIGINALE: If…; REGIA: Lindsay Anderson; SCENEGGIATURA: John Howlett, David Sherwin; FOTOGRAFIA: Miroslav Ondrícek; MONTAGGIO: David Gladwell; MUSICA: Marc Wilkinson; PRODUZIONE: Gran Bretagna; ANNO: 1968; DURATA: 112 min.

 


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