Il suono di una melanconica chitarra introduce e lascia presagire il “dramma sociale” di una giovane ragazza costretta a fare i conti con la propria frustrazione di donna e cameriera, ma con un sogno nel cassetto: vestire i panni di una ballerina e cantante. È l’esordio di Burlesque, secondo lungometraggio del regista Steve Antin, che giunge a distanza di quattro anni dal precedente Prigione di vetro 2.
Già dai primi fotogrammi è evidente che le uniche note positive in quella sarabanda di colori e carne umana portata sul grande schermo (ormai sempre più simile al piccolo), sono l’acuto quasi impeccabile di Christina Aguilera, qui nel ruolo della protagonista Ali Rose, e la presenza della “gommosa” Cher, che ritorna dopo ben undici anni di assenza nel ruolo di Tess. Non che questo sia sufficiente a salvare la pellicola. La fotografia (firmata da Bojan Bazelli), seppur capace di rinvigorire, in alcuni casi, inquadrature non proprio impeccabili, si presenta comunque “incerta” e irresoluta. Il montaggio, celere e fulmineo, manca inoltre quel bersaglio, probabilmente agognato e concepito dalla mente di Antin e dal braccio di Virginia Katz, di dare ritmo ad una trama pressoché inesistente. Forse qualche teenager, fan dell’ormai celeberrima cantante protagonista della pellicola, avrà potuto vivere due ore di onirica identificazione, ma si è ineluttabilmente lontani dall’edificazione ponderata e minuziosa di un musical cinematografico come, ad esempio, l’ormai famigerato The Rocky Horror Picture Show. A peggiorare la precarietà dell’intreccio, i dialoghi: scontati, scialbi, persino triviali rispetto alla cifra retorica sottesa, tutta standardizzata, come si evince nell’annuncio sul palco (sulle note della splendida Marylin Monroe) di Nikki (Kristen Bell), prima ballerina del club e stella (in)discussa del Burlesque.
Sognando una vita da cantante, Ali lascia il paese di provincia con meta Los Angeles, per ritrovarsi però a fare di nuovo la cameriera presso il Burlesque Lounge, un locale/teatro nel cuore di Los Angeles gestito da Tess, che cercherà di convincere a reclutarla nel cast artistico. Presa sotto l’ala protettrice di Tess, che le insegna l’arte del burlesque, riuscirà a padroneggiare sul palcoscenico del club, riportando il genere al suo antico splendore. Fino a che un carismatico imprenditore di nome Marcus Gerber (Eric Dane) non arriva con una proposta allettante, che Tess riuscirà a rifiutare solo grazie all’improvvisato acume imprenditoriale di Ali, intenzionata a proseguire il suo sogno di cantante e ballerina protagonista del club. Un lieto fine necessario, ma già scritto dopo i primi cinquanta minuti del film. La scelta, poi, di riproporre Stanley Tucci (Sean, braccio destro di Tess) nello stesso identico ruolo rivestito in Il diavolo veste Prada non migliora certo le cose. A salvarsi, forse, è solo la doverosa storia d’amore tra Ali e Jack (interpretato da Cam Gigandet), meno svenevole di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Insomma, Burlesque è un film “chiassoso”, ma davvero poco attraente, in perfetta sintonia con il linguaggio di cui fa sfoggio, mostrando così una coerenza di mediocrità tra fonèmi e cinèmi che introduce alla visione di un film poco invitante e tecnicamente imperfetto, alieno da quel “nuovo” Moulin Rouge che tutti attendevano.
TITOLO ORIGINALE: Burlesque; REGIA: Steve Antin; SCENEGGIATURA: Steve Antin; FOTOGRAFIA: Bojan Bazelli; MONTAGGIO: Virginia Katz; MUSICA: Christophe Beck; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 116 min.
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