Park Chan-wook e il cinema di vendetta PDF 
di Andrea Bettinelli   

Carlo Prevosti ha provato a stilare, in un suo articolo apparso sulla webzine Hideout, un catalogo del cosiddetto "cinema di vendetta", per mostrare come la Settima Arte abbia attinto a questo tema ben prima dei progetti seriali di Park Chan-wook e di Quentin Tarantino (1). In realtà l'articolo non fornisce una definizione esplicita del "cinema di vendetta": si limita a stilare un elenco di titoli - dall'epoca del muto al giorno d'oggi - che rendono conto del tema indicato. A mio avviso, per individuare un genere vero e proprio, occorrerebbe tentare invece una definizione più ristretta, in grado di individuare un catalogo di opere omogenee per caratteristiche formali e stilistiche. In questo senso, limiterei il "cinema di vendetta" a quel filone di film la cui trama è completamente incentrata sulla vendetta, in cui cioè l'azione principale coincide, in tutta la sua interezza, con un progetto di vendetta messo in atto dal protagonista.

Un film come Mystic River, per fare un esempio, non appartiene al genere: perché la vendetta è solo l'epilogo di un racconto che è imperniato più sull'indagine, sulla ricerca della verità e la riscoperta del passato. Vi appartengono invece - oltre alla trilogia di Park Chan-wook e al dittico di Tarantino - opere assai diverse tra loro quali La sposa in nero di Truffaut (un noir) e Nevada Smith di Hathaway (un western), I cattivi dormono in pace di Kurosawa (un dramma politico-sociale) e Il giustiziere della notte di Michael Winner (un film di azione). Ma ognuno potrà arricchire la lista attingendo alla propria memoria cinematografica. Come si vede da queste prime indicazioni, il "cinema di vendetta" non è un genere vero e proprio. Possiamo intenderlo come un sotto-genere del cinema noir, un filone ibrido che può oscillare tra generi diversi, horror, poliziesco, yakuza, a seconda del temperamento e delle scelte del regista. Il filo che unisce titoli tanto differenti è piuttosto esile, e si riduce di fatto a due elementi che andiamo ad analizzare, con particolare attenzione a Lady Vendetta: la destrutturazione temporale e la dialettica tra colpa e innocenza.

La destrutturazione temporale
Il tema della vendetta ruota sempre attorno a due cardini che finiscono per costituire l'asse portante del racconto: l'offesa subita dal protagonista e il compimento della vendetta. Sono i due fuochi principali del "cinema di vendetta". E il regista ogni volta deve scegliere quale soluzione adottare per collegarli l'uno all'altro. Esistono due tipi di soluzione: la soluzione lineare e la soluzione frammentaria. I film che adottano la soluzione lineare, presentano subito in apertura l'antefatto (il torto subito dal protagonista) e quindi il procedere graduale e scandito delle tappe della vendetta (2). L'interesse, in questo caso, ricade sull'azione. Lo sviluppo lineare porta a un'accumulazione che sfocia nel finale. I film che adottano la soluzione frammentaria, invece, non esplicitano subito le ragioni dell'odio. L'antefatto viene ricostruito a brandelli, tramite flashback o rievocazioni che si alternano al tempo del racconto. Questa soluzione comporta un prevalere dell'aspetto psicologico sull'azione: ciò che conta è il recupero e la purificazione della memoria. Il compimento della vendetta è solo il corollario della rielaborazione del lutto da parte del protagonista. Park Chan-wook ha adottato, estremizzandola, questa seconda soluzione, dando così vita a uno stile narrativo destrutturato, in cui presente e passato si alternano repentinamente. A conti fatti, è l'ossessione del passato a prevalere. La destrutturazione temporale messa in campo dal regista coreano è aperta anche a una terza dimensione proiettata verso il futuro: una sorta di flashforward onirico che esprime il desiderio sprigionato dal dolore, ad esempio nella scena in cui Geum-ja (la "lady Vendetta") sogna di vendicarsi del rapitore di bambini tramutato in cane.

La dialettica tra colpa e innocenza
Un altro aspetto da rilevare all'interno del genere del "cinema di vendetta" è quello relativo all'ambiguità etica dei personaggi. Il protagonista vive sempre una contraddizione irrisolta tra colpevolezza e innocenza. In quanto ha subito un torto nel passato, è innocente. Nel suo tentativo di vendicarsi, invece, si sporca inevitabilmente di sangue. Non a caso bianco e rosso, neve e sangue, sono i due elementi principali dell'apparato visivo di Lady Vendetta. Questo nodo etico è probabilmente l'aspetto più avvincente del "cinema di vendetta", che in questo modo eredita e fa propri i problemi tipici della tragedia classica, quella dialettica tra colpa e innocenza di cui parla Aristotele nella sua Poetica. Il protagonista di Old Boy, ad esempio, è stato responsabile della morte di una ragazza senza saperlo: un esempio di "colpevolezza inconsapevole" molto presente nel teatro greco e di cui L'Edipo Re è il precedente più illustre. In Lady Vendetta Park Chan-wook fa un passo in avanti anche relativamente a questo aspetto, a testimonianza della sua ansia di sperimentare e, per così dire, "consumare" tutte le soluzioni narrative e stilistiche a sua disposizioni. Geum-ja si assume il compito di vendicare non solo l'offesa personale, ma anche i torti e le offese degli altri, finendo con il purificare in se stessa l'ambiguità morale di tutti - anche dei genitori dei bambini uccisi, che alla fine forniscono il proprio numero di conto corrente per avere il rimborso -, all'interno di una missione salvifica che la assimila a un angelo salvatore. È questo il significato della scena finale, immersa in una splendida cornice di neve il cui candore è simbolo al contempo di purezza e di morte: un rito di purificazione e di rinascita.

Storia e finzione
Ci si stupisce spesso della violenza del cinema asiatico, perché non ci si sforza di contestualizzarla all'interno della cultura che la esprime. Un difetto di lettura che può portare ad alcuni fraintendimenti. Nel caso del cinema coreano sembra che alcuni elementi possano essere ricondotti alla tragedia della guerra civile degli anni Cinquanta, alla divisione del paese in due blocchi antitetici (uno filo-sovietico, uno filo-americano) e alla persecuzione dei dissidenti e dei civili. In alcuni casi, questo legame è esplicito, come accade ne La moglie dell'avvocato di Im Sang-Soo, presentato a Venezia nel 2003, in cui la vicenda di una crisi coniugale si intreccia con la scoperta delle fosse comuni in cui il regime aveva seppellito i cadaveri dei giustiziati. Come a dire che il presente non può non fare i conti con il passato. Anche la vita privata delle persone è come maledetta da questo passato di sangue. Non è un caso che i personaggi di Park Chan-wook abbiano trascorso molti anni in prigione senza essere colpevoli. È stato il destino di molti coreani, come è descritto bene in un classico della letteratura coreana, recentemente edito anche in Italia da Baldini e Castoldi, Il signor Han di Hwang Sok-Yong, in cui si raccontano le traversie di un medico che fugge dal Nord al Sud e qui viene arrestato con il sospetto di essere filo-comunista, denunciato ingiustamente da colleghi invidiosi e torturato ferocemente. Non credo che si possa arrivare a dire che Park Chan-wook abbia inteso svolgere, nella sua trilogia, una riflessione su questi temi. Ma non è escluso che la violenza e la vendetta in essa presenti derivino da ferite che sono incise sulla pelle del popolo coreano.

Note:
(1) C. PREVOSTI, Geografia del cinema di vendetta
http://www.hideout.it/index.php3?page=notizia&id=1742

(2) A volte questa linearità può intrecciarsi a una struttura iterativa: ne Il giustiziere della notte di Michael Winner, ad esempio, il protagonista incontra man mano diversi delinquenti su cui riversare la propria furia vendicativa, in una continua variazione della situazione di base

 


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