Le Notti Selvagge - Cyril Collard PDF 
di Alice Burla   

"Chi può dire esattamente la RABBIA che cos'è? È un mormorio, un fremito o una tempesta…un uragano… è solo saper dire di no al richiamo delle sirene, o ruggire come i leoni quando entrano nelle arene". Traduzione cinematografica dell'omonimo romanzo, "Le Notti Selvagge" è un film che viene raccontato dallo stesso Collard, colui che da scrittore sa farsi regista e poi attore. Interprete della sua stessa vita, dei suoi amori, delle sue insicurezze, ma soprattutto della sua rabbia, Cyril diventa Jean, un trentenne "devastato" che non riesce a gestire la sua esistenza.
Tutto sembra sfuggirgli dalle mani, tutto lo attira e gli genera ripulsa subito dopo: un tira e molla che attraversa l'intero film e che non aiuta il protagonista a sentirsi meglio.

" I nati sotto il segno del Sagittario vogliono essere sempre in un posto diverso da quello in cui si trovano"… Dal Marocco a Parigi al Brasile…. Questi i luoghi in cui si sviluppano gli eventi principali. Jean è un operatore cine-televisivo che osserva e registra il mondo attraverso l'occhio della sua videocamera a spalla. Mosso dall'impeto di vivere passioni sempre diverse, con corpi che lo svuotino del suo pieno o riempiano il vuoto che gli resta, egli conosce Laura, una diciassettenne dall'aspetto semplice e tranquillo. Tra loro si stabilisce una strana relazione, che vede alternarsi tenerezza e momenti in cui il sesso raggiunge una tale intensità da far dimenticare alla giovane la malattia che "distrugge" il suo ragazzo.

Jean scopre infatti di avere l'AIDS, ma questo non impedisce a Laura di abbandonarlo; al contrario gli si attacca morbosamente, lo assilla notte e giorno con interminabili telefonate che si esauriscono in conversazioni con la segreteria telefonica. Una storia d'amore atipica e snervante: Jean che non riesce a dedicarsi unicamente alla propria ragazza, quindi a vincere la sua bisessualità, Laura che non accetta di essere una dei/delle tanti partner, che non crede alla doppia faccia dell'amore e alla quale non resta che cedere all'isteria.

Le immagini si susseguono spesso vorticosamente, ritagliate da una macchina da presa che cerca di catturare i protagonisti mentre scappano da un luogo all'altro, mentre si ritirano nella solitudine delle loro stanze o si inseguono tra i sobborghi di una Parigi notturna, squallida e sporca.
Un ritratto della frenesia dell'esistenza, o forse soltanto messa in scena di quella frenesia interiore che prova Jean, così innamorato di una vita che sente lentamente e inevitabilmente sfuggirgli.

" Ed io non riesco a pensare a nient'altro che a me. Sono fatto di pezzi di me stesso buttati qua e là e poi rimessi insieme disordinatamente. A volte mi chiedo chi mi ha contagiato, ma non ce l'ho con nessuno. Vedo solo dei visi confusi, subito rimpiazzati dall'immagine del virus". Inizialmente non riesce ad accettare la sua malattia, viene continuamente travolto dagli eventi senza essere in grado di prendere decisioni definitive, ma alla fine, un viaggio e un grido catartico, immediatamente spazzato via dal vento in mezzo al deserto, riportano "la quiete dopo la tempesta". Laura, rimasta immune dal contagio, è riuscita a rifarsi una vita con un altro uomo, mentre Jean si trasferisce in Brasile: l'atmosfera sembra più calma, i colori caldi contrastano quelli freddi delle sequenze parigine, mentre un vento leggero e un silenzio rilassante lasciano spazio ai pensieri del protagonista e alla sua rassegnazione verso quel futuro inevitabile.

Collard ha raccontato l'AIDS senza ricorrere a quei toni mielosi o pietosi che si usano assumere nei confronti del malato, parlando esattamente dal punto di vista della "vittima": ecco allora che questi toni diventano alcune volte duri e arrabbiati, altre aspri e disperati.

La malattia, quindi, vista dall'occhio del malato.

Il mondo (ri)visto da chi non vuole abbandonarlo.

" Sono vivo. Il mondo non è solo una cosa messa là al di fuori di me. Io ne faccio parte, mi è offerto. Forse morirò di AIDS, ma quella non sarà la mia vita. Questa è la mia vita. Sono vivo!".

Collard sta per morire e proprio per questo si sente urgentemente spinto a portare in scena la sua vita, le sue emozioni e il suo amore per Laura e Samy.
Soltanto alla fine lo spettatore scopre la veridicità del racconto, che Jean è l'alter ego di Collard, che questa storia è la sua storia: da qui lo spiazzamento dell'osservatore che improvvisamente rivisita il tutto con uno sguardo diverso, stupito e velato dalla tragedia.

Non è una novità che il cinema narri il lento percorso del protagonista verso gli inferi, ma Le Notti Selvagge si distingue perché autobiografico, perché autore ed attore coincidono e perché l'immanenza della morte viene suggerita sottilmente senza rimorsi, rimpianti o moralismi.
Un film che può benissimo rientrare tra i "cult" per la sua eccezionalità, per il suo essere contemporaneamente opera prima ed ultima che il regista francese ha potuto realizzare.

Un film che è stato riconosciuto dalla critica con quattro Césars: Miglior Film Francese, Migliore Opera Prima, Miglior Montaggio e Miglior Attrice Protagonista Esordiente (Romane Bohringer). Peccato però che la premiazione abbia avuto luogo quando Collard se ne era andato da appena settantadue.

 


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