Il principe di Homburg PDF 
Andrea Bettinelli   

Il principe di Homburg, tratto dall'opera teatrale di Heinrich von Kleist, si colloca a uno snodo importante della carriera artistica di Marco Bellocchio, vale a dire al termine della tanto discussa collaborazione con lo psicanalista Massimo Fagioli, che ha improntato con le sue teorie diversi film del regista piacentino, da Il diavolo in corpo, del 1986, fino a Il sogno della farfalla, del 1994, la cui sceneggiatura è stata scritta da Fagioli stesso.

Con Il principe di Homburg Bellocchio sembra aver cercato nella letteratura, nel confronto con l'oggettività di un testo, una spinta non dico per rinnegare, ma quanto meno per superare quella stagione di ricerca sui propri temi e le proprie mitologie e approdare a un ambito di ricerca stilistica che lo liberasse dal bisogno di dire qualcosa di nuovo sull'animo umano, sull'inconscio e le pulsioni irrazionali. Restare a contatto di Kleist per uscire dall'orbita di Freud, potremmo dire non senza una qualche semplificazione, recuperando un esercizio formale – quello dell'adattamento letterario, nella fattispecie teatrale – che è assai ricorrente nella filmografia di Bellocchio, uno dei registi che ha tratto maggior partito dalla tradizione letteraria, da Il gabbiano (1977) a La balia (1999), passando attraverso Enrico IV (1984), per non parlare degli inserti manzoniani che innervano, in chiave ironica e parodistica, Il regista di matrimoni, http://www.effettonotteonline.com/enol/archivi/articoli/recensioni/200605/200605re08.htm. E proprio quella della sfida formale, del confronto espressivo tra cinema e letteratura, tra immagine e parola, sembra la prima chiave di lettura del film, e forse la più convincente. Bellocchio cerca di sottrarsi alla forza inerziale della parola e di tradurre in immagine, in emozione visiva, la partitura romantica di Kleist. Per questo riduce drasticamente i versi del testo e opta per una versione estremamente snella, concisa, sacrificando passaggi e battute, lavorando sull'arte della sottrazione. E soprattutto agisce sull'apparato visivo e pittorico, sviluppando, grazie alla preziosa collaborazione con Peppe Lanci, una fotografia lunare, percorsa da tagli di luce audaci e da palpitazioni chiaroscurali, a cui probabilmente la visione in DVD non rende del tutto giustizia. Non a caso, in occasione della presentazione del film al Festival di Cannes, il critico di Positif definisce la fotografia del film di Bellocchio la più grande emozione visiva della rassegna (1).

Il principe di Homburg è una drammaturgia teatrale inscritta in una cornice simbolico-pittorica. Non dimentichiamo che Bellocchio, come Fellini, usa dipingere prima delle riprese ciò che girerà (2). Le scene del film sono quadri dalla composizione spaziale e luministica studiatissima, spesso attraversate da un'intuizione, un guizzo, un passaggio di figure dal fondo al primo piano costantemente fuori fuoco, un sovrapporsi di fonti luminose, o ancora una vibrazione atmosferica colta nel suo modificarsi. In questo affresco animato ricorrono alcuni elementi che rimandano alla sostanza romantica e teatrale della pièce: la luna in particolare, che viene inquadrata a intervalli come elemento di raccordo, quasi come fossimo in un film espressionista degli anni Venti, o il giardino in cui si svolge il sogno del principe di Homburg che apre e chiude il film, quasi a richiamare lo spazio della rappresentazione scenica. Perché l'origine teatrale della vicenda, anche se tradotta in immagine e inserita in un discorso cinematografico, non viene completamente dimenticata. Non si deve infine trascurare la partitura musicale, dall'ampia orchestrazione, anch'essa passionalmente romantica, scritta da Carlo Crivelli, che aggiunge forza all'immagine.

Insomma tutto in questo film, dalla sceneggiatura alla fotografia alla colonna sonora, è piegato al progetto poetico di fondo, vale a dire rendere in termini cinematografici il pathos nobile e trattenuto della pagina di Kleist. Gareggiare con il poeta con la stessa aulica compostezza. Eppure, a conti fatti, occorre notare come anche questo esercizio formale non si concluda nella calligrafia, e alla fine Bellocchio ritrovi per strada i propri temi: Il principe di Homburg è in ultima analisi un'opera di Kleist e contemporaneamente un'opera di Bellocchio. Senza tradire il testo di partenza, Bellocchio se ne appropria, si muove con perfezione a metà strada tra il rispetto filologico e la libera reinterpretazione (i due poli eterni tra cui si dibatte l'adattamento cinematografico). Il conflitto tra il Grande Elettore di Brandeburgo e Homburg è stato, in modo non del tutto arbitrario, letto in chiave psicanalitica. Il tema centrale del testo di Kleist risiede nell'opposizione, tutta romantica, tra ragione e sentimento, tra ordine e irrazionalità: Homburg riceve in battaglia l'ordine di non muoversi fino al segnale convenuto, ma disobbedisce e attacca il nemico prima del tempo, ottenendo un trionfo memorabile. E il Grande Elettore lo condanna a morte in nome della ragion di stato, per non essersi attenuto alle consegne. È chiaro come si possa vedere in questa opposizione drammatica un riverbero del conflitto edipico, o ancora una contrapposizione tra le ragioni della coscienza e le istanze dell'inconscio. Nel suo dizionario il Morandini identifica addirittura “nell'Elettore il Super-Ego, l'Io nella capacità di mediazione di Natalia, l'Es nell'irrequieta nobiltà del Principe”.

In fondo, Homburg è un eroe tipicamente bellocchiano: nella sua opposizione all'ordine costituito e nel suo richiamo a un mondo interiore, fatto di sollecitazioni metafisiche, richiama il terrorista de Il diavolo in corpo o il giovane protagonista de Il sogno della farfalla. Con la differenza che la tutela del classicismo di Kleist libera il personaggio di Bellocchio dalla deriva della follia, lo tiene ancorato all'ordine, in un equilibrio precario tra cielo e terra, tra sogno e realtà.

Note:
(1) La citazione è riportata da David Bruni, Il principe di Homburg, in Marco Bellocchio. Il cinema e i film, a cura di A. Aprà, Marsilio 2005, pp. 205-208
(2) Come testimonia il bel volume Marco Bellocchio. Quadri. Il pittore, il cineasta, a cura di T. Masoni e F. Francione, Falsopiano 2003.


TITOLO ORIGINALE: Il principe di Homburg; REGIA: Marco Bellocchio; SCENEGGIATURA: Marco Bellocchio; FOTOGRAFIA: Giuseppe Lanci; MONTAGGIO: Francesca Calvelli; MUSICA: Carlo Crivelli; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 1996; DURATA: 85 min.

 


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