Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo PDF 
Paolo Fossati   

Il cinema permea l'immaginario. Oltre a disegnare intorno a noi i confini di nuove storie, ci aiuta a inquadrare in modo più nitido tutti i fenomeni. Tante realtà diverse, vissute o immaginate, concorrono a formare in noi un'idea unitaria di mondo. Per questo, indagando alla ricerca delle parole dette e scritte sul cinema, è interessante andare a scovare tracce della settima arte tra le righe di testi non dedicati esclusivamente ai film, agli autori o ai sistemi di produzione e ricezione. Questi libri, spesso, sono i migliori specchi di una società che ha ormai introiettato uno sguardo sul mondo che non puó prescindere dal rapporto tra cultura di massa e stato dell'immaginario.

In quest’ottica è interessante prendere in esame Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo di Federico Rampini, uscito nel periodo natalizio a conclusione di un anno, il 2012, che ha registrato in Italia la più forte crisi di consumo dell’era repubblicana. Un titolo evocativo, che in qualche modo sembra suggerire la necessità di una pausa per guardarsi intorno e provare a capire dove siamo diretti. Avere tempo significa poter spendere tempo per pensare. E il film è da sempre un prodotto che dichiara allo spettatore quanti minuti sono necessari per la fruizione dell’opera. Bisogna avere l’orologio per controllare quanto dura la proiezione, per valutare se possiamo “permettercela”. Ma bisogna avere tempo anche per poter riflettere dopo la visione. Un tempo indefinito, variabile, soggettivo. E’ solo in questo frangente successivo alla durata dell’opera che quest’ultima potrà essere metabolizzata e compresa. Tuttavia, la frenesia del quotidiano (diffusa e socialmente accettata come normale ritmo di vita) spesso ci impedisce di ricordare l’importanza di questo tempo di approfondimento. Il libro di Rampini è un’occasione per mettere in pausa il ronzio di un mondo in ansia. Per fermare la corsa di una postmodernità che ha frainteso l’aspettativa di futuro con l’ossessione per il nuovo. I brevi capitoli ne fanno un testo che affonda le radici sia nello stile dell’autore-cronista, sia nell’abitudine dei lettori a concentrarsi sul frammento. Molti brandelli, quando ben riorganizzati, possono formare un corpus riconoscibile: dar vita a un arlecchino capace di mostrarsi come emblema di un’epoca. Proprio come diverse stoffe insieme possono rivivere, allineando vicenda dopo vicenda Rampini ravviva il panorama confuso di questo periodo di crisi. Decodifica il presente. Dà forma così ad un “almanacco” utile alla ricerca di auspicia per il futuro. Il miglior oroscopo per il nuovo anno, si potrebbe affermare scherzando, alludendo alla facoltà quasi divinatoria di immaginare un futuro a partire dai dati rilevati nel presente e nel passato. Non saranno le stelle del firmamento a guidarci nella navigazione verso il domani, ma le vicende reali o immaginate (magari sullo schermo, incarnate nei volti delle star hollywoodiane).

Il noto giornalista riflette, infatti, sulla seconda metà del Novecento e sulla generazione del baby boom, mostrando una ripetuta, anche se non insistente, coerenza con il tema del cinema che si innesta sulla realtà, divenendone fonte d'ispirazione e termine di paragone. Un barometro utile per l'analisi della contemporaneità. L’approccio risulta maggiormente significativo e originale visto che l’intellettuale non è un addetto ai lavori del settore cinema. Acuto osservatore dei fenomeni socio-economici, Rampini intuisce la vera natura del cinema nella nostra epoca: ormai più che uno specchio (deformante), esso rappresenta oggi per lo spettatore un vero panorama interiore nel quale “inserire” con un esercizio di fantasia nuove storie, per studiarne evoluzione e comportamento. Le vicende della vita quotidiana possono essere confrontate con gli archetipi, per ipotizzarne l’evoluzione. Le persone possono essere paragonate ai personaggi, per inquadrarne i comportamenti. Il cinema fornisce un magma di volti da evocare e di citazioni pronte all’uso (non strumentale, ma funzionale) per esprimere in modo efficace le emozioni che si vogliono descrivere. Beatles e Rolling Stones. Il concerto di Woodstock, le Harley-Davidson e Bruce Springsteen. Meryl Streep, Glenn Close, Diane Keaton, Helen Mirren, Judi Dench e Vanessa Redgrave. Woody Allen e Tommy Lee Jones. Ma anche Clinton ed Obama. Steve Jobs e Mark Zuckerberg. Rampini intreccia decine di icone della vita sul grande schermo con la vita reale. L’immaginazione viene “respirata” ed assimilata per sempre. L’intellettuale interpreta l'affacciarsi di certi film sul mercato come sintomi e presagi di cambiamenti. E’ così che nel capitolo Marigold Hotel: il cinema siamo noi il film di John Madden (Usa 2012) diventa la lente d’ingrandimento dalla quale osservare il fenomeno del “turismo sanitario”, cioè l’emigrazione degli anziani occidentali verso paesi che offrono un sistema di welfare migliore o, semplicemente, servizi di assistenza sanitaria di buona qualità a costi inferiori. Ma Rampini non si ferma al tema, riflettendo sul marketing del prodotto-film: individua nel successo del film di Madden un segnale forte per le case di produzione, che iniziano a comprendere l’importanza del target di quella generazione che si affaccia all’età anziana, ma è decisa a viverla con grande entusiasmo. Inutile girare film solo per teenager se il segmento di pubblico più ricco e propenso a frequentare le sale sta cambiando. Su questa linea l’autore analizza anche l’uscita di Consigli per gli affetti (Hope Springs, David Frankel, Usa 2012) nel quale Meryl Streep interpreta una moglie decisa a rinvigorire il desiderio all’interno di una coppia sposata da trent’anni.

E dove non è (ancora) arrivato il cinema sperimentano altri media audiovisivi: come nel caso del reality al quale vengono invitati a partecipare gli avventori dei particolari Hotel Divorce, una catena nata in Olanda e pronta a sbarcare negli Usa, che propone la possibilità di divorzi-lampo a prezzi fissi. Nell’arco di un weekend la coppia fa check-in, i coniugi (ancora per poco) si sistemano in stanze separate, vengono seguiti da un pool di avvocati per le pratiche, si rilassano nella spa e, al termine del soggiorno, si ritrovano ad aver concluso l’iter legale per il check-out dal matrimonio. Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo è una lettura dalle mille sfaccettature, che insieme ricompongono un quadro nitido della contemporaneità. Le sfumature di grigio, qui, sono quelle dei capelli brizzolati. Che, nonostante tutto, indicano ancora una saggezza acquisita attraverso esperienze di vita e visione. La somma dei due mondi (reale o sullo schermo) conduce ancora a risultati inattesi e straordinari, come quello raggiunto dal libro, forse involontariamente, di diventare un testo significativo per analizzare la rilevanza attuale dei fenomeni mediatici. Incrociare ed interpretare i discorsi sul cinema scaturiti in contesti non dedicati al dibattito sulla settima arte, infatti, significa misurare l'influenza sociale che il medium cinematografico continua ad avere. E’ un modo di testarne lo stato di salute. Che almeno dal punto di vista creativo e visionario, pare eccellente.

Titolo: Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo. Manifesto generazionale per non rinunciare al futuro; Autore: Federico Rampini; Editore: Mondadori (Collana Strade Blu Saggi); Anno: 2012; Pagine: 180; Prezzo: 16,00 €

 


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