Scuola difficile, ragazzi “speciali”, insegnante poco ortodossa, che si spinge persino a insegnare il karate per catturare l’attenzione dei suoi alunni. Il mix di fronte al quale ci si trova guardando Pensieri pericolosi, film del 1995, diretto da John Smith, è un amalgama di stereotipi. L’intento è più che mai lodevole e la scelta delle musiche più che mai centrata, con una colonna sonora curata da Lisa Coleman e Wendy Melvoin, cui si aggiunge la hit malinconica e struggente di Coolio, Gangasta’s Paradise. Nonostante ciò, la pellicola sembra non decollare mai. Nei 100 minuti del film si attende sempre il colpo di scena, quel guizzo capace di superare la sufficienza di aspetti tecnici, quali ad esempio la scelta delle inquadrature, il cui problema non è che si presentino poco gradevoli, semplicemente non rispettano la normale evoluzione della trama. Ugualmente la fotografia che si presenta scialba, poco accattivante, esattamente come l’adattamento cinematografico (basato sul libro autobiografico Dangerous minds di LouAnne Johnson, scrittrice, insegnante ed ex marine statunitense).
Il film narra la storia di LouAnne Johnson, che dopo aver prestato servizio per nove anni nel Corpo dei Marines decide di lasciare l'esercito e di dedicarsi all'insegnamento; grazie all'aiuto dell'amico e poi collega Hal Griffith (interpretato da un discreto George Dzundza, relegato a un ruolo troppo marginale per poterne tessere le lodi), riesce ad ottenere un incarico come assistente per insegnare lettere in un liceo. LouAnne dovrà fare i conti con una classe considerata la più difficile dell'istituto, composta per lo più da afroamericani e ispanici, tutti provenienti da famiglie disagiate, i quali prendono ordini dal loro capo Emilio Ramirez. L'ex marine non demorde e utilizza qualsiasi metodo per far breccia nei suoi studenti - laddove la tradizionale pedagogia ha fallito -, riuscendo così infine a essere accettata. Un giorno, improvvisamente, Emilio viene ucciso da uno spacciatore al quale aveva soffiato la ragazza, mentre un'altra alunna scopre di essere incinta; la professoressa partecipa al dolore della classe, anche se il preside della scuola e l'amministratore la invitano a lavarsene le mani e a proseguire per la sua strada, dato che questi ragazzi, per loro, non hanno nessuna speranza. LouAnne, non senza aver lottato, decide di lasciare l'insegnamento, ma nell'ultimo incontro con i suoi alunni scopre di essere riuscita a cambiarli: i ragazzi hanno capito che l'unica via che hanno a disposizione per uscire dal degrado in cui vivono è la cultura. E così decide di rimanere.
L’ardire drammaturgico è di certo apprezzabile, ma difetta la scelta di conduzione. Si capisce subito che Emilio è il personaggio chiave, ma improvvisamente sparisce e muore senza che lo spettatore possa “vederlo” compiere l’ultimo gesto, quello in cui LouAnne trova la causa del tragico epilogo, ovvero il diniego del preside della scuola di parlare con il ragazzo “perché non ha bussato alla porta”. Insomma una pellicola “manchevole”, già più volte etichettata come un “incidente di percorso” per Michelle Pfeiffer, la cui recitazione è di notevole caratura, seppur totalmente decontestualizzata nella pellicola diretta da un, se non mediocre, quanto meno “svogliato” Smith.
Titolo originale: Dangerous Minds; Regia: John N. Smith; Sceneggiatura: Ronald Bass; Fotografia: Pierre Letarte; Montaggio: Tom Rolf; Scenografia: Donald Graham Burt; Costumi: Bobbie Read; Musiche: Lisa Coleman, Wendy Melvoin; Produzione: Hollywood Pictures, Don Simpson/Jerry Bruckheimer Films, Via Rosa Productions; Distribuzione: Buena Vista International; Durata: 99 min.; Origine: USA, 1995
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