Festival Culture Giovani 68_08: I ribelli PDF 
Marta Gasparroni   

Un percorso, un viaggio, una ricorrenza...

Nonostante siano trascorsi anni e succeduti eventi, il ricordo del Sessantotto rimane vivo nei cuori dei nostalgici, nelle menti degli utopici, nelle fantasie di ragazzi che avrebbero voluto viverlo e nelle disillusioni di chi non ha visto cambiare nulla.  Eppure, tra rimpianti e aspettative, rancori e speranze, l’anelito di quegli anni riesce ancora a soffia-re su di noi, infondendo sensazioni ed emozioni confuse e indefinite. Sono proprio questi i temi e le situazioni proposte di volta in volta alla tredicesima edizione del Festival Culture Giovani, tenutosi a Salerno dal 16 al 20 aprile di quest’anno. Si è trattato di un evento culturale distinto in quattro ambiti, ognuno dei quali ripercorre e permette di rivivere quel momento storico e generazionale, sociale e politico che è stato il Sessantotto, fe-steggiando i quarant’anni trascorsi da allora.  Le varie sezioni del festival comprendevano, oltre a quella ormai classica “cinematografica”, Scripta, dedicata alla letteratura, Music-K, che dava spazio a concerti ed eventi musicali e, per fini-re, LiveCity, con la proposta di installazioni e performance disposta lungo le vie e le strade della città.

Un concentrato esplosivo e vitale di immagini e parole che propongono una riflessione intensa su uno dei periodi più discussi, portando alla luce disagi e contrasti, gioie e paure in un periodo in cui i valori si stanno degradando, la vita si fa frenetica e la società si annichilisce. Sullo sfondo di una città soleggiata e calda, da dove riecheggia il respiro del mare, si assiste all’incontro e al confronto tra linguaggi diversi che sappiano ancora comunicare, interrogandosi su una Rivoluzione la cui eco è giunta fino a noi. Si assiste alla voglia di esplorare di nuovo la molteplicità e l’eterogeneità, il desiderio di met-tersi in discussione, attraverso lo scambio di idee e pensieri, con la speranza di ritrovare un po’ di quell’armonia e solidarietà tra culture e popoli diversi che, ormai, sembra non esistere più. Attimi di pausa e sosta in una realtà in cui velocità e indifferenza sono diventate l’unico verbo; momenti ritagliati e sottratti ad ambizioni e amarezze da vivere e condividere insieme, per tornare, ancora una volta, a sperare e sognare.

Installazioni e proiezioni cinematografiche si sono alternate a mostre fotografiche e dibattiti culturali con ospiti di rilievo, tra cui Michele Placido, in un susseguirsi di eventi che tenevano oc-cupati tutti gli interessati durante i giorni del festival, quasi senza sosta. Gli organizzatori hanno permesso a 40 giovani studenti di scuole di cinema di parteciparvi, in veste di giurati delle varie pellicole in concorso, dando loro l’opportunità di vivere un’esperienza unica che li mettesse in contatto con il mondo del lavoro. Ognuno si è sentito responsabile del proprio giudizio e si è confrontato con pareri ed opinioni, an-che contrastanti, dei propri coetanei provenienti da tutta Italia. Inoltre i ragazzi hanno avuto l’occasione di conoscere personalmente i registi dei film proposti e di porre quesiti riguardo alle tecniche utilizzate e alle tematiche sviluppate, vivendo tale momento se-condo un approccio professionale e produttivo, all’insegna di un’intensa partecipazione e un moti-vato interesse.

Questo momento storico ha permesso ai registi in concorso di presentare una panoramica sull’Europa, la nostra Europa; un’Europa sofferente e problematica che porta allo scoperto i volti che la abitano, volti di oggi e di ieri che divengono universali. Piccoli squarci di vita da cui emergono persone derelitte ed emarginate, in lotta con i propri conflitti interiori in una società che seleziona i migliori e sconfigge i più deboli, in vista di una omo-logazione schiacciante, di rigide convenzioni ed etichette moraleggianti. Ritratti di uomini e donne rimasti soli, che si trovano a far fronte a disagi economici, stretti nella morsa di una quotidianità avvilente, degradante, quasi opprimente.  Una lotta all’ultimo sangue che, soprattutto adolescenti delusi e amareggiati, si trovano a combatte-re; uno scontro per il riscatto di una vita più giusta e per una serenità ancora molto lontana. Nessuna identificazione con luoghi ed eventi, talvolta inventati dagli stessi registi ed altre ripresi dai fatti di cronaca nera; nessuna spiegazione o giustificazione…semplicemente il documento di quanto accade e potrebbe accadere.

I numerosi registi dei vari lavori, alcuni alle prime armi ma certamente non privi di esperienza, tratteggiano caratteri anonimi eppure familiari, che si muovono sullo sfondo di ambientazioni altret-tanto sconosciute, attraverso un uso della tecnica mirato e puntuale che non lascia nulla al caso, fa-cendo emergere lo squallore di vite che hanno perso la propria rotta. All’interno di un quadro che vede come soggetti preoccupazioni e noia, piccole gioie e grandi delu-sioni, i vari personaggi svolgono i propri ruoli come protagonisti di ineluttabili tragedie, di cui si avvertono i sintomi già dalle prime inquadrature. Attori professionisti e non giocano parti complesse e poco definite, dimenandosi in situazioni per niente facili e sull’orlo di perenni crisi, in bilico su un precipizio da cui appare inevitabile cade-re. Drammi familiari, angosce adolescenziali e disagi sociali si avvicendano nelle scene delle varie pel-licole, in cui solo a volte e dopo tanto soffrire si riesce a non rimanere sconfitti, nonostante si resti lacerati e afflitti dalle mille frustrazioni e insoddisfazioni, che tracciano un segno indelebile sulla pelle e si insinuano vorticosamente nei ricordi. Catarsi che porta alla salvezza, eppure un conflitto duro da assorbire...

Lungometraggi e cortometraggi, in lingua originale e sottotitolati, propongono visioni e paesag-gi d’Europa, all’insegna di un malessere generale che evidenzia più sconfitte che vittorie. Il desiderio di rivalsa e la voglia di spingersi oltre il limite portano a compiere un crudele omi-cidio Adam e Tommek, protagonisti della pellicola Sieben Tage Sonntag del regista tedesco Niels Laupert, che si astiene da qualsiasi giudizio, puntando con forza alla rappresentazione del male, senza veli e mediazioni.

In Tagliare le parti in grigio dell’italiano Vittorio Rifranti, tre giovani decidono di sperimentare sulla propria pelle la soglia del dolore e l’eccitazione del sangue, fino alla pazzia e alla morte delle due protagoniste. Altro lungometraggio degno di nota è Teško je biti fin. Il regista bosniaco Sdran Vuletic mette in scena la vicenda di una coppia sposata che lotta per la sopravvivenza, sullo sfondo di una Sarajevo che vede esplodere il mercato nero e la ricchezza facile. Dopo una serie di disgrazie, secondo un crescendo verso quello che si mostra un dramma inevitabile, ecco che il film si risolve in un ina-spettato colpo di scena. Si tratta forse dell’unica pellicola dal risvolto meno amaro rispetto alle altre, nonostante il regista metta a fuoco l’animo tormentato dei due protagonisti, che combattono con tut-te le forze per risalire in superficie e non abbandonarsi alla disperazione.

Per quanto riguarda i 4 gruppi di corti, che hanno visto la partecipazione di alcune produzioni del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, si tratta di opere sobrie ed essenziali che svi-luppano il tema della ribellione in tutte le sue forme e varianti, a volte in modo eclatante, altre in maniera soffusa. Gli autori puntano i propri riflettori su esistenze di cui colgono momenti ed attimi che lo spettatore si trova a decifrare e interpretare di volta in volta: ora il dolore della guerra; ora la povertà; ora la prostituzione...poi la violenza, la rabbia, la vendetta...

Queste le tematiche e le problematiche affrontate; questi i conflitti e gli scontri portati sullo schermo; questi gli orrori e le angosce, le perplessità e i sogni che affiorano come richiami ed eco da un mondo recondito e oscuro…quello dell’anima.  Il ricordo del Sessantotto ritorna come punto di incontro con un’altra epoca, spunto di rifles-sione per un’altra generazione, sempre più vuota e sola...

Gli sguardi di ieri rivivono in quelli di oggi e si riflettono in quelli di domani, nella speranza che i sorrisi tornino ad illuminare i visi della gente, ormai troppo stanca.

 


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