Il caso dell'infedele Klara PDF 
Angela Cinicolo   

Inesaustivo e affettato excursus sul tradimento, sulla gelosia e sulle ossessioni dell’amore, l’ultimo film del regista Roberto Faenza è un mélo tutt’altro che compunto, che inscena le complicate torsioni e ritorsioni dell’anima per sciorinare un soggetto letterario trito e ritrito. Dichiaratamente tratto dall’omonimo e fortunato romanzo del ceco Michal Viewegh, di cui perde l’alone esotico, vagamente ispirato a El, dal quale riprende solo l’intreccio narrativo, non rispettando di fatto i diktat stilistici e contenutistici con i quali Buñuel scardinò le tradizionali convenzioni degli spettatori, Il caso dell’infedele Klara è una storia scevra di forza travolgente, dallo svolgimento piatto, dall’impianto mal impaginato e, nota perfino più dolente, mal interpretato.

La storia, nutrita da un insistito languore e scarna di una palpitante psicologia delle emozioni, è quella di un giovane musicista italiano che vive a Praga con (ma qui scapperebbe la sostituzione con di) la ragazza di cui è pazzamente innamorata, Klara. La sua gelosia ossessiva, le sue paranoie sul tradimento e la sua terribile fobia di perderla lo portano a chiedere aiuto a un investigatore privato che, al di là di un volto flebile e innocuo, ha un matrimonio in crisi e un nuovo amore d’ufficio sul nascere. Tra maldestri pedinamenti e travestimenti accidentalmente comici, l’uomo scoprirà che i suoi sospetti sono infondati. Un galeotto viaggio a Venezia cambierà però le carte in tavola. Faenza mette in scena una moderna love story le cui tinte cedono lentamente il posto a quelle di un giallo. La tinta voluta però stenta a emergere dal processo filmico, come l’opera stessa a decollare verso un finale sorprendente che riesca a redimerlo, continuando ad aggrapparsi alle ostentate citazioni letterarie, spocchiosa cantilena enciclopedica che tenta di dissolvere il plot in una ventata d’irrisolvibile allusivo mistero. Ad appesantire una trama così prevedibile i girotondi erotici in cui si sfoderano tra le lenzuola di alberghi di classe e di stanze di giovani bohémien corpi nudi smaliziati, fantocci sessuali e mai sensuali. L’esoticità del romanzo capitola nelle rappresentazioni più iconiche dell’erotismo feuilletonistico. Un raffinato voyeurismo intellettuale, escogitato attraverso cliché ammiccanti ma palesi, s’affonda sotto un ritmo piatto e inciampa nell’incongruente interpretazione dei tre attori protagonisti, Claudio Santamaria, Laura Chiatti e Iain Glein, che sembra facciano fatica a calarsi in parti così inconsistenti. Il drammone dell’amour fou problematico fino all’inverosimile si tramuta in breve in una commedia in cui di divertente ci sono solo le mossette involontarie della cerbiatta Chiatti, ulteriormente degradata da un imbarazzante doppiaggio, le labbra esuberanti della segretaria innamorata, tutta battiti di ciglia, il volto perplesso di Iain Glen, così simile a quello del dottor Jung (in Prendimi l’anima, dello stesso Faenza), il mimo notturno new age dell’ex Rino Gaetano-Santamaria.

Un tema già tanto inflazionato dai più tragici autori della narrativa e della cinematografia finisce per subire, nella dicotomia mai risolta dei generi, dei toni e degli stili,  una pessima declinazione, tra gli spasmi farraginosi di sterili richiami letterari, scomodati invano come in una vecchia letteratura rosa, da un narcisistico esibizionismo carnale, che prosciuga i pochi momenti di docile sentimentalismo, da una cura dell’immagine totalmente televisiva, che sembra presa in prestito alla serialità tedesca di mediocre fattura, dal liquidare con la psicologia più spicciola manie compulsive di cui la trama poteva fare a meno, dal recidere il leitmotiv alle uniche pavide manie fedifraghe e irrisorie perversioni erotiche.

TITOLO ORIGINALE: Il caso dell’infedele Klara; REGIA: Roberto Faenza; SCENEGGIATURA: Roberto Faenza, Maite Carpio, Marzio Casa; FOTOGRAFIA: Maurizio Calvesi; MONTAGGIO: Massimo Fiocchi; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 90 min.

 


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