Ralph Spaccatutto PDF 
Ottavio Plini   

In questo nuovo prodotto della Disney una messa in scena 3D, ormai fattasi convenzione, fa da strada ad alcune idee rivoluzionarie. La soluzione strategica in primo piano è rendere vivi i protagonisti dei videogiochi e far assurgere un cattivo a protagonista. Nell'incipit, il cattivo Ralph Spaccatutto rivela all'associazione dei cattivi (che è sceneggiata come fosse una delle società degli "addicted" anonimi) che è stanco di essere considerato cattivo. Gli altri lo rincuorano: è il loro ruolo nella vita, devono far funzionare il mondo che li ha generati, devono trovare forza d'animo e carattere che siano all'altezza del loro ruolo, ed è una qualità rara e notevole. Ma Ralph non ci sta, e, come un ufficiale che disobbedisce a ordini "da cattivo", decide che vuole condurre una vita da buono, anche a costo di far saltare il livello di realtà che gli dà dimora. E in questo sta l'originalità del film, nel trattare il cattivo, in un film Disney, come un'entità dalle emozioni umane costretto in quel ruolo da ideatori che non conosce e di cui non conosce i fini: umanizzarlo, donargli un cuore.

Eppure, a chi scrive, questa trovata pare sì relativamente singolare, ma non così originale, o la più originale di tutto il film. La filosofia Disney era comunque permeata da una concezione bonaria che rendeva possibile, anche se non così frequente, la presenza di antagonisti umanizzati, anche se magari non al punto di divenire protagonisti. L'originalità (rispetto alla natura del prodotto) che impressiona di più sopraggiunge anch'essa in breve tempo: Ralph decide di infilarsi in un altro videogioco, camuffandosi sotto una tuta spaziale nella gigantesca galleria dove severi ufficiali vigilano sull'operato dei personaggi, indirizzandoli alla porta di videorealtà cui afferiscono. Ralph riesce invece a entrare in un altro videogioco, vince una medaglia guidando un'astronave, ma perdendo il controllo finisce catapultato in un altro videogioco ancora, dove si allea con una cattiva affinchè entrambi divengano buoni. Frattanto, ai giocatori in carne e ossa il gioco sembra presentare aspetti di malfunzionamento, e, nel caso l'ipotesi dovesse essere verificata, il gioco verrebbe disconnesso, il che comporterebbe la morte dei suoi personaggi. Questa rappresentazione a scatole cinesi di una videorealtà a metà tra realtà e finzione è effettivamente una novità rispetto a un prodotto Disney. Naturalmente ci avevano già pensato in tanti, ci aveva già pensato Cronenberg, che, specialmente in ExistenZ, rappresentava gli esseri umani come protagonisti di un gioco dal nome Existenz all'interno di un altro gioco, Transcendenz, fuori del quale c'era la (presunta, ancora) realtà; poco dopo ci pensarono i fratelli Wachowsky e qualcosa di simile lo ritroviamo anche in Lynch, ma il loro genere non era certo quello di film per bambini. Intorno alla questione dei mondi paralleli, alcuni artisti vi hanno meditato seriamente, e talora hanno finito quasi per abbandonarvisi. Cronenberg dichiarò: "non so cosa sia reale e cosa no [...] Per questo troviamo il problema dell'identità impellente: sentiamo che siamo qualcuno, che ha una storia, una continuità, ma non si può provare, è impossibile da provare, eppure crediamo tutti che sia vero". Viene un po' in mente una vicenda capitata a Coleridge, poeta inglese di primo Ottocento: un giorno, beatamente preso nella visione del mondo meraviglioso di Xanadu, dal cui canto avrebbe tratto, a suo parere, il suo miglior poema, venne disturbato da "uomini in nero" di cui avrebbe parlato spesso nelle poesie successive, che vennero a disturbarlo riportandolo alla realtà sensibile. Una versione più prosaica vuole ch'egli fosse in preda a una visione da oppio, e, mentre iniziava a trascriverla, alcuni agenti delle assicurazioni vennero a importunarlo per offrirgli una polizza, e furono tanto insistenti che per cacciarli dovette abbandonare irrimediabilmente la connessione che aveva stabilito con questi fantasmi della sua mente.

Però, insomma, quest'idea che si viva in una realtà parallela a tante, e che ogni tanto due di queste si incontrino, ha sempre fatto presa sull'immaginario artistico, come nel caso del reverendo E.A. Abbott (1838-1926), che rappresentò la realtà umana come fosse a due dimensioni (Flatlandia) e Dio a tre, e quando l'umano incontra la terza dimensione, incontra Dio. E se la fisica contemporanea, con la teoria delle stringhe, arriva a ipotizzare 24 dimensioni, pare nella giusta direzione indirizzare il pubblico giovane a ragionare secondo queste pervadenti suggestioni, piuttosto che secondo gli schemi piatti della geometria euclidea ancora indagati nelle scuole.

Titolo originale: Wreck-It Ralph; Regia: Rich Moore; Sceneggiatura: Phil Johnston, Jennifer Lee; Montaggio: Tim Mertens; Musiche: Henry Jackman; Produzione: Walt Disney Animation Studios; Distribuzione: Walt Disney Company Italia; Durata: 108 min.; Origine: USA, 2012

 


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