Gli anni Settanta visti da chi non c’era. Perché se a raccontare la storia de I primi della lista è Renzo Lulli, testimone nonchè protagonista della strana vicenda, chi ci ha messo gli occhi sopra è Roan Johnson, classe 1974, qui al quasi-esordio al lungometraggio, che, per raccontare un decennio difficile alle sintesi cinematografiche, prende a mo’ di cartina di tornasole una piccola storia che ha contribuito a fare la Storia: quella di Pino Masi, cantautore militante (interpretato da Claudio Santamaria), e di due amici, fuggiti da Pisa alla volta dell’Austria per paura che un imminente colpo di Stato militare colpisse al cuore l’Italia.
Da liceale interessato principalmente alla musica e alle amicizie, il personaggio del Lulli è l’unico depositario possibile per lo spettatore contemporaneo: lo cogliamo nel punto cruciale che dovrebbe segnare il passaggio da una dimensione privata - compiti a casa e famigliola maltollerante e maltollerata - a quella delle comuni, delle assemblee, dei collettivi... Il percorso di formazione è appena delineato e già viene dirottato altrove, proprio con il volontario esodo oltre confine. Così il bildungsroman diventa subito romanzo di ‘evasione’. Di ‘perdizione’, se credete, perché d’innanzi alle prospettive di una Grande Fuga che li mette faccia a faccia con il mondo, il Masi, Gismondi e Lulli si scoprono piccoli, smarriti ma soprattutto soli, legati a una presunta collettività che nel concreto, poi, si rivela inconsistente. Semplicemente “tre coglioni”, taglia corto il babbo del Lulli. Dall’equivoco scattano i meccanismi comici del film (la richiesta di ‘asilo politico’ alle autorità austriache), ma anche i toni più grotteschi e malinconici. Quando diventa chiaro che il colpo di Stato non è mai avvenuto, la loro impresa storica si riduce a un ridicolo trafiletto sulle pagine della cronaca, e immediatamente le preoccupazioni ritornano al microcosmo pisano, a cosa dice e a cosa pensa la gente in città. Allo stesso tempo, davanti agli occhi sempre meno ammirati dei suoi amici, Pino Masi precipita dall’eroica mitologia del militante politico alla desolante condizione di emarginato dalla comunità (come riveleranno i titoli di coda, oggi vive effettivamente da musicista di strada per i marciapiedi di Pisa).
Johnson compie qualche tentativo in extremis di recuperarlo come Cassandra (un tentativo di golpe, in effetti, si verificherà davvero da lì a poco) e gli mette in bocca un vaticinio che fa intravedere l’individualismo imperante dagli anni Ottanta a seguire: ma a poco vale per cambiare l’impressione generale data dal complesso della pellicola. Quella di chi, magari perché spinto da empatia, prende a esempio un ‘caso limite’ di fantasia al potere, ma (sotto il peso di quarant’anni di senno del poi e di una realtà sociale pressochè agli antipodi) non riesce proprio a leggere il Grande Sogno diversamente da una Grande Paranoia.
TITOLO ORIGINALE: I primi della lista; REGIA: Roan Johnson; SCENEGGIATURA: Roan Johnson, Davide Lantieri, Renzo Lulli; FOTOGRAFIA: Tommaso Borgstrom; MONTAGGIO: Marco Guelfi; MUSICA: Ratchev, Carratello; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2011; DURATA: 85 min.
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