La rabbia PDF 
Matteo Demichelis   

ImageIl regista torinese Louis Nero, al suo quarto lungometraggio, produce, realizza e distribuisce La rabbia sull’onda di una palpabilissima urgenza: la critica ad un mondo dello spettacolo corrotto dalle logiche economiche, appiattito dalla televisione commerciale e senza ambizioni artistiche. E lo mette in scena dando forma all’universo notturno, spazio fisico e mentale, di un giovane regista in crisi che vaga da un produttore all’altro, che incontra sceneggiatori e attori, innescando, però, una lunga serie di dialoghi pedagogici in cui tutti sono personaggi, mai persone, e in cui il cinema si risolve nelle visioni ed allucinazioni che crea.

Il plot, intenzionalmente esile, muove il protagonista alla ricerca di quattrini per realizzare il suo ambizioso progetto cinematografico (di cui però non ci sarà dato sapere), e a fuoriuscire così dal suo attico vetrato, un luogo dove riposano sogni e visioni, che guarda alla città ma contemporaneamente lo isola da essa. Nello spazio "fuori" si susseguono diversi incontri con possibili produttori, e ogni volta a riempire la scena sono dei volti gretti dalle mediocri ambizioni cinematografiche, dal finanziatore di banali prodotti di intrattenimento (il produttore interpretato da Giorgio Albertazzi) al sostenitore del porno-soft (e chi se non Tinto Brass?). Ma a far da contraltare a tutta questa bassezza viene proposto, un po’ ingenuamente, un discorso sull’urgenza creativa dell’artista, in particolare quello di cinema, alle prese con quella lunga catena di lavorazione che separa l’idea originale dall’opera finale, che vede impegnate altre capacità e talenti - sceneggiatori, attori, tecnici -, e che mette in discussione il ruolo di autore del regista. Prendono così forma i colloqui con il mentore del protagonista (Franco Nero, che è anche coproduttore del film), un regista definitivamente in crisi che vive in una specie di bunker. E il ritornare ripetutamente in un buio e polveroso bar, dal vago sapore di film sovietico, dove siede stabilmente una coppia di sceneggiatori alle prese con la stesura del loro prossimo copione, è il pretesto per una specie di psicodramma della creatività, della pagina bianca, di quale storia sia (moralmente) raccontabile.

Le frequenti scene oniriche, l'onnipresente musica in sottofondo e la fotografia degli interni dai colori vividi creano un immaginario ben costruito, anche se un po’ citazionistico, che guarda all’horror (la bambina sullo schermo di un vecchio televisione in bianco e nero, ci ricorda Ringu), alla fantascienza (il protagonista circondato da uno spazio di luce bianca come in Star Wars), alla pittura (le comparse in strada tutte uguali, à la Magritte). Tutte queste visioni sono al servizio dell’autoespressione dell’artista, e certo si tratta di un artista moderno, che fa però rimpiangere il senso greco di arte concepita per lo spettatore. Come recita uno dei personaggi del film, "cerchiamo emozioni", un barlume di umanità, mentre qui ci troviamo di fronte a un’operazione puramente intellettuale. A questo proposito, vengono in mente alcune inquadrature di Bruno Dumont, dal suo ultimo film Flandres, tanto per restare in Europa e prendere in considerazione un filosofo contemporaneo che fa cinema. In queste inquadrature spesso si indugia sul viso muto di un ragazzo in guerra. Ecco, quel viso muto riesce a comunicare pasolinianamente il senso di bestialità della guerra senza alcun dialogo, eppure esprime un senso, con uno splendido uso del linguaggio cinematografico. Ma qui uno dei personaggi, lo sceneggiatore, recita: "forse non c’è un senso". E il film rischia quindi di richiudersi nichilisticamente su se stesso, tagliato fuori dal mondo, mentre le immagini scorrono a creare le proprie visioni e i propri fantasmi.

TITOLO ORIGINALE: La rabbia; REGIA: Louis Nero; SCENEGGIATURA: Louis Nero, Timothy Keller, Anna D’Agostino; FOTOGRAFIA: Louis Nero; MONTAGGIO: Louis Nero; MUSICA: Teho Teardo; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2007; DURATA: 104 min. 

 


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