Un cast stellare in alcuni casi può non essere solamente una cartina di tornasole. Ed Harris, Viggo Mortensen, Renèe Zellweger e Jeremy Irons riempiono a dovere le polverose steppe nei dintorni di Appaloosa, cittadina della frontiera statunitense colorata di tutte quelle turbolenze peculiari che hanno permesso al west di assurgere a mito. La fisicità popolare dei volti delle star di Hollywood non depotenzia lo sviluppo della storia, non lo priva di quella appassionata urgenza che sembra muoverlo. Harris e Mortensen, ovvero Virgil Cole ed Everett Hitch, due pistoleri che non fanno dello scrupolo la propria ragione di vita, arrivano nel piccolo borgo vessato da Randall Bragg (Irons) con l’incarico di risolvere il problema costituito dal prepotente signorotto locale. Una situazione lineare, da “buoni contro cattivi”, se non fosse che in paese arriva la bella vedova Allie (Zellweger) a complicare la situazione...
Harris costruisce un film di genere, semplice e complesso, un western classico sul quale sale in sella anche in qualità di regista, alimentando un filone che sembrava estinto, ma che, al contrario, in questi ultimi tempi ha riconquistato un’inaspettata vitalità, dopo lunghi anni di appannamento. Ma se Appaloosa contiene in sé tutti i crismi che gli permettono di inserirsi nel filone di genere, canonizzato come tale dall’ambientazione e dalla costruzione dei personaggi, è d’altro canto anche un film estremamente anticonvenzionale nel suo genere, riunendo in un’unica pellicola il classicismo della struttura e della messa in scena con una sostanziale accelerazione sul lato grottesco e sarcastico dei propri personaggi impensabile nelle pietre miliari del genere. Tale mescolanza sortisce un effetto niente male, conferendo pathos ma anche vivacità a tutta la struttura. Si potrebbe forse sindacare sulla lunghezza eccessiva di una storia di ampia portata, sui ritmi volutamente non serrati. Ma si rimarrebbe estranei allo spirito con cui Harris, che anche dietro la macchina da presa sa dire la sua, si approccia al “vecchio west”. Uno spirito che vuole omaggiare un cinema che non c’è più con il cinema che c’è ora, che tenta di tenere insieme presente e passato in soluzione di continuità, in un contenitore che rispetti e valorizzi entrambe le tendenze e le peculiarità di un genere che è forse tra i pochi ad essere sostanzialmente rimasto immutato nel corso della lunga storia del cinema. Così i tempi riflessivi si alternano alla più pura azione sincopata, inframmezzate dalla corposa e ficcante vena ironica che emerge inaspettatamente dentro le pieghe della storia.
L’evidenza della rottura con un passato nobile nel quale, comunque, si pongono salde radici, si incarna nella figura della protagonista femminile, spesso non contemplata nella grande epopea del cinema classico della trasparenza, che qui assurge al ruolo di antieroe, elemento di normale, e a tratti meschina, umanità, pronta a legarsi con il carisma dominante recidendo, senza troppo pensarci su, qualsivoglia legame etico e morale, sia con gli altri personaggi della pellicola, sia con lo spettatore. Il finale tragicamente shakespeariano, ma tutt’altro che cupo e disperante, è la degna chiosa di questa grande avventura, l’avventura del western, una lunga storia antica e moderna, imperfetta ed avvincente, all’interno della quale il sottile confine che separa vincitori e vinti, eroi e perdenti, è in continua, inarrestabile e imprevedibile evoluzione.
TITOLO ORIGINALE: Appaloosa; REGIA: Ed Harris; SCENEGGIATURA: Ed Harris, Robert Knott; FOTOGRAFIA: Dean Semler; MONTAGGIO: Kathryn Himoff; MUSICA: Jeff Beal; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2008; DURATA: 114 min.
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