Ratatouille PDF 
Pietro Salvatori   

ImageDici Pixar e dici successo assicurato. Non fa eccezione Ratatouille, l’ultimo nato della casa, che ritorna e rilancia sugli animaletti più presenti nei lavori di animazione: i topi. Questa volta a farla da padrone è Remy, un topolino di città in bilico tra il suo essere sorcio e l’aspirazione a condividere le “cose” degli umani, attraverso il suo grande dono, quello del saper cucinare. Ed è proprio da qui che si parte, dal titolo, curioso incrocio tra la pronuncia francese di topo (in quel di Parigi è ambientata l’azione) e una specialità di Nizza, un piatto tipico a base di verdure.

ImageInserendosi prepotentemente nel filone “culinario”, in questi ultimi tempi molto battuto ad Hollywood, la Pixar rilancia il mito del volontarismo tipicamente yankee, della possibilità di farcela con le proprie forze, a tutti i costi. Il piccolo topo lotta per arrivare là dove nessun ratto è mai riuscito, a farsi cioè accettare dalla comunità degli uomini. Doppia è la difficoltà che incontra: inutile sottolineare quella che vede lui, sorcetto di città che scorrazza per le cucine di un ristorante, essere rifiutato, schifato, dagli uomini che lo vedono; a cui si aggiunge il rifiuto della sua stessa comunità d’origine, che si ciba unicamente di avanzi e cammina sulle quattro zampe, non avendo nessuna remora nel sporcarsele, così come invece teme Remy, e che fatica ad accettarlo con queste sue stravaganze. Gli elementi che compongono il film sono dunque molteplici e complessi: il rapporto, antico e in una certa misura narrativamente stereotipato, tra uomini e topi, la problematica integrazione del piccolo protagonista fra gli uomini, come anche fra i suoi simili, il rapporto tra due sfere radicalmente diverse che scoprono un’improbabile sintesi attorno ai fornelli. Gli animatori lavorano attorno a questi temi operando una complicata sintesi tra elementi tanto diversi, che arrivano a comporsi e ad armonizzarsi senza forzature. Nulla è ceduto all’antropomorfismo dei piccoli animaletti (se non per quanto riguarda la  posizione eretta del protagonista), il cui aspetto “collettivamente” sgradevole è anzi più volte visivamente ribadito. Eppure l’integrazione tra i due mondi avviene linearmente e solidamente, senza strappi o scossoni di sorta.

ImageTecnicamente le vette raggiunte sono altissime, tutto si rivela funzionale alla storia, i virtuosismi sono banditi, e questo non può che far bene alla solidità d’impianto del film. Ratatouille punta sull’assoluta amalgama tra la tecnica sfoderata e la forza della storia raccontata. Insieme che risulta compatto e che rende la pellicola un lavoro maturo. Di contro, non si osa molto: la storia rimane sui binari del classicismo favolistico per bambini, pur riuscendo ad essere in qualche modo appetibile anche ad un pubblico più adulto. Il rischio di una buona, pedante, morale viene schivato solo per poco, e i riferimenti alla “possibilità di farcela” di fronte ad una critica, di qualunque tipo essa sia, che ha meno anima dell’opera più mediocre, appaiono quantomeno stanchi, telefonati. Ma probabilmente da Ratatouille non ci si aspettava che osasse, come anticonformismo di narrazione e messa in scena. Anche perché, rimanendo sui binari di una certa classicità di genere, risulta comunque una delle opere più mature e complete degli ultimi anni. E forse, per adesso, ci si può accontentare.

 

SCHEDA FILM

TITOLO ORIGINALE: Ratatouille REGIA: Brad Bird, Jan Pinkava SCENEGGIATURA: Jan Pinkava MONTAGGIO: Darren T. Holmes MUSICA: Michael Giacchino PRODUZIONE: USA ANNO: 2007 DURATA: 110 min.

 


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