Ne L’ultimo bacio Gabriele Muccino aveva inteso fornire un ritratto corale dell'Italia dei trentenni: irresponsabili, scostanti, volitivi, sognatori, incapaci di mantenere fede ai propri impegni esistenziali. Fosse credibile o meno la sua analisi, il pubblico la premiò con un grande successo al botteghino.
In questo sequel uscito dieci anni dopo, il regista romano riprende gli stessi personaggi divenuti ormai quarantenni e li rappresenta nel momento della disillusione: sono invecchiati e raccolgono i pezzi dei propri sogni andati in frantumi. Un senso di tristezza cupa e quasi lugubre pervade tutto il racconto. Carlo (Stefano Accorsi) e Giulia (Vittoria Puccini, che sostituisce una Giovanna Mezzogiorno lungimirante nel non farsi coinvolgere in un'operazione che ha tutta l'aria di essere puramente commerciale), dopo essersi a lungo reciprocamente cornificati, vivono separati ciascuno con un altro partner: ma odiandosi si amano ancora. Adriano (Stefano Pasotti), dopo dieci anni passati lontano dall'Italia e due anni in carcere in Colombia per possesso di droga, torna a Roma: è nel suo volto che maggiormente si incarna l'infinita mestizia sottesa al film. Il figlio non lo vuole più vedere, la moglie (Sabrina Impacciatore) nel frattempo ha una relazione con Paolo (Claudio Santamaria), il quale, dopo la morte del padre, si sostiene a forza di psicofarmaci. Chiudono il cerchio Marco (Pier Francesco Favino) e Veronica (Daniela Piazza), in crisi coniugale dopo sette anni di infertilità. Ce n'è davvero di che buttarsi sotto un ponte. Ma alla fine si ride involontariamente per via di una sceneggiatura improbabile che fatica a tenere assieme le varie linee narrative. In certi passaggi davvero non si capisce se l'intento degli autori sia suscitare pathos o ilarità. La tragedia, a lungo covata, esplode finalmente quando Paolo si suicida: in due tentativi (e dopo il primo fallito, il pubblico in sala rideva!). La catarsi tragica libera magicamente il gruppo dalle angosce esistenziali e le linee narrative approdano a un incredibile, e forse inspiegabile a livello drammaturgico, lieto fine. Carlo e Giulia tornano insieme perché lei aspetta un figlio da lui (nell'unico rapporto sessuale da loro avuto per caso dopo anni di separazione), Veronica aspetta un figlio da un amante che la ripudia e ritorna da Marco che accoglie lei e accetta il bambino come suo, Adriano si rifà una vita con una nuova compagna lasciata da un marito bigamo.
L'impianto narrativo, che vorrebbe essere corale, è privo di verosimiglianza e coesione. La definizione dei personaggi manca di verità. Soprattutto latita la grazia dell'arte: in tutti, dal regista agli attori. E soprattutto non convince l'ambizione sociologica del film, il suo volersi fare portavoce di un ritratto generazionale. Si ha l'impressione che il cinema italiano ufficiale non sia più in grado di catturare la realtà: la lezione dei grandi maestri sembra essersi persa. Sopravvive solo in film marginali, piccoli ma preziosi, come Il vento fa il suo giro o Pranzo di Ferragosto.
TITOLO ORIGINALE: Baciami ancora; REGIA: Gabriele Muccino; SCENEGGIATURA: Gabriele Muccino; FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari; MONTAGGIO: Claudio Di Mauro; MUSICA: Paolo Buonvino; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 139 min.
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