Fratellanza - Brotherhood PDF 
Fabio Fulfaro   

L’opera prima del regista danese Nicolo Donato (classe 1974, origini siciliane), vincitrice del premio Marc’Aurelio al Festival del Cinema di Roma 2009, inizia nel buio nerissimo di un pestaggio di un omosessuale, caduto nella trappola del gruppo di Naziskin danesi. L’incipit è programmatico: viene definito un mondo, quello dei teppisti organizzati fascistoidi, intriso di  frustrazioni e complessi mai risolti, pronti a punire il diverso per proiettare all’esterno il proprio senso di colpa e il proprio fallimento.

Donato decide di girare alla maniera dei Dardenne e del primo dogmatico Lars Von Trier, macchina in spalla molto mobile, pedinamento, insistiti primi piani ad evidenziare sussulti, contraddizioni, tensioni. Gli attori principali, Thure Lindhardt (Lars) e David Dencik (Jimmy), lo seguono fedelmente, e spesso la recitazione è così naturale e spontanea da sembrare l'oggetto di una candid camera. Per tutta la prima parte il film funziona bene proprio nel contrasto tra l’assoluta follia del mondo dei neonazisti danesi (fatto di regole assurde e luoghi comuni sulle minoranze etniche) e la delicata naturalezza di un sentimento nascente tra Lars e Jimmy, prima negato e occultato nel nero della violenza, poi liberato nei colori purpurei della passione. Anche se il regista in una sua intervista ha preso le distanze dai cowboys di Ang Lee, in realtà più di un passaggio del film richiama la tormentata storia di Ennis del Mar e Jack Twist: lì eravamo nel 1963, nel cuore di un America bigotta e conservatrice, qui ci troviamo nella Danimarca conservatrice dei giorni nostri, nell’ambiente mefitico dei gruppi neonazisti che si cibano di Mein Kampf e birra biologica. La regia è abile nell’evidenziare le differenze caratteriali tra Lars e il suo amante Jimmy: il primo è determinato ad accettare la sua condizione, abbandona l’esercito, rifiuta l’occasione del rientro propostagli da una madre preoccupata quanto distratta, si unisce a un gruppo di omofobi e razzisti proprio per verificare le distanze tra il suo mondo e quello dei suoi persecutori, e cerca di vivere la sua passione trascinando il compagno nel vortice dei sensi; Jimmy, al contrario, viaggia sul filo del precario equilibrio di una condizione schizofrenica, scoprendo in Lars quell’amore che aveva sempre negato e rifiutato e continuando nella sua opera di persecuzione di gay e musulmani, picchiando fondamentalmente quella parte di sé che non riesce ad accettare. C’è una bella inquadratura che riassume questi due diversi modi di vivere la propria omosessualità:  da un lato Lars seduto a letto pronto a tuffarsi nelle acque pericolose di una relazione clandestina, dall’altra Jimmy che si avvia con il passo pesante verso la doccia, tentando di lavare via con il getto dell’acqua il rimorso e il senso di colpa (vengono in mente Gus Van Sant e gli adolescenti tormentati di Elephant e Paranoid Park).

Stupende e delicate le scene d’amore, nelle quali osserviamo il passaggio graduale da contatti furtivi di corpi a improvvisi moti passionali difficili da arginare, sensuali, primordiali. Nella seconda parte il film, sfortunatamente, scivola nella prevedibilità, con qualche pericolosa tendenza melodrammatica e qualche riflesso nello specchio di bergmaniana memoria. La figura del fratello di Lars, drogato e alcolizzato, spettatore consapevole dell’amore proibito, diventa il deus ex machina dello sviluppo degli avvenimenti, pronti a virare in una tragedia shakespeariana. La violenza perpetrata si trasforma in un boomerang letale, la debolezza si tramuta in vendetta: nella totale assenza delle istituzioni familiari e sociali si sviluppa il germe della solitudine e della crisi di identità. L’appartenenza a un gruppo, un partito, un club diventa un disperato bisogno di trovare nella massificazione una soluzione alla precarietà e vacuità della propria esistenza. Soltanto l’amore tra due uomini soli trasforma la falsa amicizia del branco di teppisti in solidarietà e mutuo soccorso. Il montaggio parallelo che si interrompe su un  finale aperto (citazione indiretta di Non desiderare la donna d’altri di Susanne Bier)  lascia i tre protagonisti (Lars, Jimmy e Patrick) a meditare sul reale significato del concetto di “fratellanza”.

TITOLO ORIGINALE: Broderskab; REGIA: Nicolo Donato; SCENEGGIATURA: Rasmus Birch, Nicolo Donato; FOTOGRAFIA: Laust Trier-Mørch; MONTAGGIO: Bodil Kjærhauge; MUSICA: Simon Brenting, Jesper Mechlenburg; PRODUZIONE: Danimarca; ANNO: 2009; DURATA: 90 min.

 


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