Up, la vita di Carl ed Ellie: l’irrompere della vita nella fiaba PDF 
Alessandro Alfieri   

Nel corso degli ultimi anni la Pixar ci ha offerto produzioni di indiscutibile qualità. I nuovi approdi dell’animazione digitale, lungi dal ridursi al mero autocompiacimento, sono sempre funzionali al racconto di storie meravigliose, sceneggiature azzeccate, intelligenti ed efficaci. D’altronde, il livello di tali film si è andato confermando nel corso del tempo; da Gli Incredibili a Wall-E, fino ad Up, oltre al giudizio sul valore tecnico-realizzativo, e alla perfetta osmosi di divertimento, trasmissione di valori nobili e prospettiva psico-pedagogica, ognuno di questi film contiene un piano interpretativo meno evidente, che si manifesta solo a uno sguardo critico attento e perspicace.Si tratta di ciò che può essere definito “sottotesto”, ovvero il senso profondo spesso inconsapevole agli stessi autori. Soluzioni stilistiche, caratterizzazione dei personaggi, gesti e dialoghi alludono sempre allegoricamente alla nostra epoca e alla nostra vita; il discorso diviene ulteriormente proficuo di considerazioni, se il testo preso in esame, come in questo caso, adotta una modalità espressiva non convenzionale. L’animazione digitale, o in senso più in generale il "cartoon" (e mi sia concesso di sorvolare sulla doverosa distinzione che meriterebbero le due accezioni), è una modalità espressiva che già in sé comunica precisi contenuti: non solo proietta lo spettatore in una dimensione infantile, bensì dichiara al fruitore la sua falsità e irrealtà.

A differenza del cinema classicamente inteso, che gioca gran parte delle sue capacità di fascinazione sull’immedesimazione offerta dall’illusione del reale, il cinema di animazione dichiara da subito allo spettatore di essere altro dalla vita, costruzione fittizia, ed è per questo motivo che storicamente si è sempre prestato benissimo nella funzione di raccontare fiabe e di dedicarsi al pubblico di più giovane età. Ciò che appartiene al "sottotesto" è il non-detto del film, ciò che il film tiene fuori ma che dialetticamente mette in evidenza in quanto "assenza", negativamente; e se l’universo filmico è composto dall’irreale fantastico tipico dell’animazione, allora la sua negazione e il suo non-detto non potrà che essere il reale e la vita. E’ pur vero che differenti esperienze dell’animazione hanno sdoganato questa "ingenuità": basti pensare al successo di straordinari film come Persepolis o Valzer con Bashir. In questi casi, però, l’animazione diviene funzionale alla Storia, sfruttando quelle specificità di cui parlavamo sopra per generare un cortocircuito che possa amplificare l’effetto emotivo. Si tratta di parlare del mondo "dalla giusta distanza", garantita dalla modalità espressiva dell’animazione. In questi film è perciò costante nel "sottotesto" una riflessione implicita sullo stesso mezzo adottato per la narrazione, perché tale riflessione, incarnata nel mezzo e nella forma, è al contempo contenuto espressivo e messaggio. Nel presente studio, intendo concentrare la mia attenzione su una sequenza particolare del film Up, dove in una manciata di minuti gli autori Pete Docter e Bob Peterson riescono a raccontare con estrema efficacia l’intera vita di Carl e Ellie, dal matrimonio alla morte di quest’ultima; questa sequenza, funzionale ovviamente alla totalità della storia, rappresenta a mio avviso un raggiungimento espressivo del cinema di animazione relativamente al valore di quel sottotesto di cui abbiamo sopra parlato.

La sequenza ha come accompagnamento extra-diegetico la musica di Michael Giacchino e l’assenza delle voci dei protagonisti e dei suoni diegetici contribuisce a potenziarne l'atmosfera poetica. Inoltre, la continuità della musica lega tutte le scene, e pur rispecchiandone le varie svolte e mutamenti su cui ci soffermeremo, rappresenta una sorta di "flusso ininterrotto" che connette ogni momento agli altri. Il valzer e il motivo del violino, rappresentano perciò la continuità e il legame di tutta la serie di azioni, eventi, disgrazie e speranze che caratterizzano quell’avventura che è la vita. Una volta sposati, i due si adoperano per la casa della loro vita: assistiamo a Ellie che lavora con ancora indosso il vestito da sposa, scena che rappresenta il senso di sacrificio che la coppia è stata disposta ad affrontare assieme. Un’immagine disegnata (il desiderio dei due) si sovrappone alla casa ristrutturata: un sogno si è realizzato, e la vita dei due, così come la tecnica d’animazione trasmette, è una fiaba che pare al momento non poter subire flessioni. I due si accingono a far un picnic in aperta campagna; si respira ancora la quiete e la pace, ma iniziamo a segnalare come la stessa inquadratura (il piano lungo del profilo della collina, con le due sagome) tornerà nel corso della sequenza di significato invertito. I due sono sdraiati sull’erba e guardano il cielo interpretando le nuvole che cambiano forma dinanzi ai loro occhi: gli stessi fenomeni della natura sembrano accordarsi con la favola di una vita meravigliosa. Il movimento di macchina galleggiante nell’aria, che inquadra le loro espressioni dall’alto, incentiva il senso di pace e poesia. Fino a questo punto, il sogno e la fiaba non sono ostacolati da nulla: le intenzioni e le volontà dei personaggi sono assecondati dalla natura e dagli eventi, c’è continuità di senso tra le loro azioni e il mondo. Nella scena dello zoo, vediamo i due impegnati a lavoro: lui col suo carrettino di palloncini, oggetto che fa la sua comparsa e che sarà una costante per tutto il film, così come per le poltrone sistemate dinanzi alla finestra, simbolo visivo dei due.

Potremmo azzardare un accostamento di questa dimensione narrativa con la celebre teoria del filosofo György Lukács sull’epica: la fiaba infantile, genere al quale gran parte della tradizione dell’animazione fa riferimento, riflette un universo che come nell’opera omerica è pervaso dal "senso", in grado di garantire un ordine ai fatti senza sbavature. Da questa prospettiva, i momenti di "crisi"(come ad esempio il disagio iniziale che la coppia deve affrontare per costruire la dimora dei loro sogni), in quanto funzionali allo sviluppo narrativo (come, in senso più generale, la figura dell’antagonista), sono necessari per la risoluzione positiva delle situazioni. A questa logica, resta fortemente legata la poetica di Miyazaki; mentre vedremo come a partire da questa sequenza, in Up sia in opera una "cesura", un mutamento d’orizzonte di certo non comune. La sequenza successiva è speculare a quella delle nuvole, stavolta i due però vedono dei bebè, e anche qui il loro desiderio sembra perfettamente armonizzato con l’universo: fervono i preparativi, i due si dedicano con amore alla stanza del figlio che hanno deciso di avere. Un movimento di macchina laterale, attraverso la parete, ci porta però alla prima cesura di senso della sequenza. L’accompagnamento musicale si fa greve e triste, la luce è bassa e tutto è pervaso da un doloroso senso di tristezza: siamo in uno studio medico, e intuiamo che è stato appena comunicato loro che Ellie non potrà avere figli. Si tratta di una frattura radicale con l’immaginario che fino a quel punto avevamo esperito, sospinti e aiutati dallo stesso mezzo espressivo. Come ho già avuto modo di osservare, queste scene di Up rappresentano un caso a parte, da un lato rispetto alla fiaba di miyazakiana, dall’altro dal cinema d’animazione "politicamente impegnato", che rappresentano due logiche di rappresentazione agli antipodi. Qui è in mostra uno sviluppo dialettico di queste due estremità: è un continuo voltare le due facce della stessa medaglia, è la fiaba che viene rincorsa dalla realtà, che a sua volta cede nuovamente alle lusinghe della prima. Non si intende raccontare la Storia e le sue tragedie attraverso una modalità espressiva funzionale all’efficacia della loro manifestazione, ma si tratta dell’emersione dialettica della tragedia della vita che si insinua come un virus all’interno del "paradiso" e della quiete della fiaba.

La Pixar, come è evidente, ha superato radicalmente il naturalismo per caricare di espressività l’immagine, attraverso forme e modelli non-realistici realizzati totalmente attraverso tecniche digitali. Per restare al nostro caso specifico, è indubbio che i personaggi di Up, e ancor più precisamente quelli che animano la sequenza in questione, siano lontani dalla volontà di essere realistici: le forme dell’ambiente quanto quelle dei personaggi sono tondeggianti, i rapporti tra le varie parti del corpo sono assolutamente stravolti tanto che la testa è smisurata rispetto al resto, la texture è brillante e "morbida". Nel momento in cui la fiaba si spezza, la ferita è ancora più grave perchè dissonante, in quanto il colpo è stato inferto lì dove non ce lo saremmo mai aspettato. Le figure divertenti e spensierate, i colori e l’atmosfera da favola, avevano impresso un senso di serenità che viene bruscamente interrotto da questa scena. La vita irrompe nella rappresentazione, sfalda l’apparenza fiabesca, cortocircuitando con la stessa modalità espressiva adottata. D’altronde, la disgrazia e la morte avevano fatto spesso la loro comparsa nella storia del cinema di animazione "fiabesco": a parte la morte degli antagonisti e delle varie incarnazioni del male (pericolose per la psicologia del bambino perché legittima l’eliminazione fisica e l’assassinio nei confronti di chi ha errato), un altro caso importante è Il re Leone sempre della Disney; in questo e in altri casi, però, la morte di una figura positiva attiva il motore della narrazione. L’avvenimento negativo (una perdita, un rischio, una crisi) è necessario allo sviluppo della catena di eventi; nella sequenza della vita di Carl ed Ellie, però, per quanto come diremo in seguito il significato venga trasmesso all’intera opera, questa irruenza del dolore e della crudezza della vita non è in funzione di nulla, non è giustificabile come elemento subordinato a un senso superiore, non è direttamente connessa con la trama, ma è ben più atroce per la sua gratuità, la stessa gratuità che spesso ha il dolore nella vita. Lui dalla finestra guarda la donna amata ancora abbattuta dalla notizia, ma si torna nella dimensione più rilassata e spensierata tipica del cartoon: lui le fa vedere il libro che porta per titolo “Le mie avventure”, regalato da Ellie a Carl da bambini. Questo libro è sacrario della felicità, tentativo di convincersi che non tutto possa ridursi al dolore ma che un margine al desiderio e all’utopia deve essere conservato. Ci sono delle pagine bianche che i due sono decisi a scrivere assieme. Da questo, i due si adoperano per dipingere sulla parete l’immagine della loro casa dei desideri sulle "Cascate Paradiso", meta ambita e agognata dai due da sempre, luogo fantastico che ha dell’irreale.

La coppia decide di raccogliere i soldi coi quali realizzare questo loro sogno; come ci mostrerà il seguito della sequenza, la confusione tra utopia e ambizione segnerà la loro storia. I due fanno un giuramento: vogliono realizzare il loro desiderio. Attraverso un montaggio frenetico vediamo il livello di soldi alzarsi nella bottiglia-salvadanaio, ma la vita è dietro l’angolo, e con essa il ridimensionamento dell’ambizione: una serie di guai tipici della vita coniugale complica i piani dei due. Un guasto all’auto, un infortunio, un danno al tetto della casa comportano la ripetuta frattura del bussolotto, ovvero la lacerazione del desiderio che si piega sotto i colpi duri della realtà concreta della vita. Un bellissimo montaggio di dettagli testimonia l’inossidabile amore dei due: lei da moglie premurosa cura lui facendogli il nodo alla cravatta; la sequenza di diverse cravatte sono metonimia della routine quotidiana e della vita coniugale, del trascorrere irreprensibile degli anni che fagocita sogni di gioventù e belle speranze per il futuro. Gli anni passano improvvisamente e dopo la serie di cravatte, l’inquadratura sale e ci mostra i due protagonisti invecchiati quasi come di colpo, sempre innamorati nonché felici. Il tempo che passa segnando i volti delle persone e annunciando l’arrivo inevitabile della morte, rappresenta un altro elemento (forte il più consistente) dell’irruenza della vita nella rappresentazione. Per tornare alla già citata riflessione di Lukàcs, mentre l’epica classica, e nel nostro caso la fiaba, era caratterizzata dall’eternità (i personaggi mantenevano il loro profilo psicologico e la loro caratterizzazione costante a prescindere dal trascorrere degli anni), nel romanzo (ma questo è evidente anche nelle scene da noi prese in esame) è il tempo, e perciò la ricerca, a assorbire l’universo narrativo. Nel classico cartoon per bambini è difficile trovare chi invecchia; possono esserci personaggi già anziani (che rappresentano solitamente la saggezza), ma non che invecchiano nel corso della visione. In altre occasioni possiamo aver assistito alla "crescita" da uno stato infantile alla maturità, ma non il passaggio dall’età adulta alla vecchiaia e poi alla morte. Il tempo propriamente umano caratterizza quello che Lukàcs definisce "mondo abbandonato dagli Dei, lasciato alle sue crepe e ai suoi abissi".

La costanza della vita che prosegue come sempre è espressa dalla scena di lavoro dell’anziano che continua a vendere palloncini allo zoo; in una inquadratura, vediamo il volto in primissimo piano dell’ormai vecchio protagonista che osserva una sua foto da bambino (immagine sorridente di un volto aperto al futuro, carico di quei sogni e desideri che si sarebbero scontrati con la durezza della vita), per poi notare il famoso salvadanaio, una volta dedicato alla raccolta dei risparmi da investire per l’utopia, lasciato in un angolo dello sgabuzzino. Si torna sull’immagine della casa su Cascata Paradiso, dipinta sul muro: il sogno torna a forzare le maglie del grigiore di una vita comune, straordinaria per la sua semplicità, ma svilente per quel bambino sorridente che tanta voglia aveva di esplorare il mondo. L’espressione del povero vecchio muta, prende coscienza del tempo che è passato, ma è a questo punto che è lui stesso a sfidare per l’ultima volta la vita. Lui è pur sempre protagonista di un cartoon, e si illude che non sia ancora troppo tardi. Ha un’idea: attribuisce fiducia al suo sogno, si reca in un’agenzia di viaggi e compra i biglietti per il viaggio tanto ambito. La fiaba torna a prevalere sulla vita: lui prepara un cestino con la sorpresa da fare all’anziana moglie, se non fosse che, sulla stessa collina che avevamo visto nella parte iniziale della sequenza (adesso invasa da un rosso-tramonto che esprime la stagione della vita dei due, piuttosto del verde smeraldo della loro giovinezza), su quella stessa collina, se un tempo era lui a restare indietro data la sua goffaggine di contro all’energia della donna, adesso è quest’ultima ad arrancare fino a cadere, vittima dei suoi stessi anni. Non ci sarà nessuna sorpresa, il tempo e la vita hanno la meglio, ancora una volta, sulla fiaba e l’utopia; attraverso un movimento di macchina laterale ci troviamo nuovamente in una stanza di ospedale, al capezzale dell’anziana signora. Un palloncino (simbolo espressivo che incarna tanto il sogno quanto la sua stessa fugacità e fragilità) arriva al suo letto con appeso il libro "Le mie avventure", e quel gesto sembra intendere "Credici ancora!". Ma lui è triste, in fondo non ci crede nemmeno più lui, tanto alla realizzazione del sogno quanto all’immortalità (garantita dalla fiaba classica); è consapevole ormai che forse il sogno e la fiaba non potranno riscattare il tempo e con esso la morte. E’ un estremo e straziante tentativo destinato a fallire, tanto che lei, prima di morire, respinge il libro per consegnarlo a lui. La fine della sequenza, in tinte fosche e impregnata da una musica malinconica, ci mostra il vecchio in chiesa, il giorno dei funerali dell’amata, con l’inseparabile palloncino tra le mani, palloncino come allegoria della stessa inconsistenza dei sogni e della speranza nell’immortalità e nella fiaba. L’anziano entra in casa pronto ad affrontare quanto a lui resta ancora da vivere.

Da qui poi si dipanano le vicende dell’intero film, che sono un tentativo di riscatto da parte dell’anziano signore nei confronti della vita stessa; e d’altronde, un tentativo riuscito e trionfale. Seppur anziano, Carl riuscirà a dare senso a quanto è rimasto a lui da vivere, e in nome dell’amata moglie inseguirà quel sogno sfidando il mondo intero, per comprendere solo nel finale che l’avventura dei due si è conclusa, e che è giunto il momento di una nuova avventura che lui dovrà vivere senza di lei. Nella sua totalità, è indubbio che Up riflette fortemente la logica del classico film d’animazione disneyano (avventura, divertimento e lieto fine); e in questo senso la sequenza da noi presa in esame rappresenta il preambolo dialettico che incentiva le fantastiche vicende del seguito (per la prima volta svolte da un vecchio, seppur in compagnia dell’immancabile ragazzino). Tutta la favola è in relazione dialettica con quella sequenza, acquisisce da essa il suo senso e la sua linfa vitale: si tratta della presenza "della vita" come orizzonte, sul quale si staglia il racconto fantastico. La coscienza di questa vita concede alle avventure di Up una luce diversa. Nel film, si passa attraverso l’avventura fantastica per tornare a godere della vita comune, già di per sé così pregna di stimoli e cose da scoprire; nella sequenza della storia della vita di Carl ed Ellie è la realtà a svilire e annichilire il sogno, dimostrando come la vita e il tempo restino vigili avversari della fiaba e dell'utopia. Sia la sequenza che l’intero film incarnano, in diversa maniera sicuramente, lo stesso concetto, ovvero la dialettica irrisolvibile di principio di realtà e fantasia, che traggono uno dall’altro il proprio significato e valore.

 


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