Vorrei essere vissuto al tempo dei viaggi veri, quando offrivano in tutto il suo splendore, uno spettacolo non ancora infangato, contaminato, maledetto.
Claude Lèvi Strauss
Il dipartimento di Italianistica dell'Università di Bologna dà alle stampe il terzo numero del volume/rivista FILM/LETTERATURE, e sceglie un tema da sempre protagonista del racconto, sia su carta che su pellicola: il viaggio.
La raccolta di saggi proposta dagli studiosi bolognesi indaga alcuni dei rapporti tra viaggio letterario e cinematografico.
Si parte dalla figura di Ulisse, archetipo del viaggio dell'antichità, per approdare al "neonomade", feroce "contraltare" della disgregazione dell'età moderna.
Il percorso critico tracciato dagli scritti di Maria Rosa Alessandrini e dagli altri ricercatori intervenuti non vuole assumere connotati esaustivi, quanto più fornire strumenti di riflessione e utili spunti d'indagine.
Lo scritto di Elisa Tiselli, ad esempio, è incentrato sui "viaggi lunari": partendo dalle prime tracce di questo tipo di esplorazione, rintracciabili nelle pagine del famoso retore Luciano di Samosanta, originario della Siria, si arriva fino alle suggestioni avveniristiche del Kubrick di 2001: Odissea nello spazio, passando attraverso l'Orlando furioso dell'Ariosto, Dalla terra alla luna di Jules Verne, l'allunaggio messo in scena da Méliès in Le voyage dans la lune, oltre a Calvino, H.G. Welles e molti altri. Una cronistoria ricca di aneddoti curiosi, come la burla allestita dal giornalista del New York Sun, Richard Locke, che, nel 1835, riuscì a far credere al mondo intero che un noto scienziato era riuscito a scrutare la superficie della luna da una distanza così ravvicinata da scorgere alcune razze di Seleniti.
Da segnalare nella sezione denominata "Prospero's Book" un brillante saggio della scrittrice inglese Virginia Woolf (proposto anche in lingua originale), la quale seziona la natura estetica del cinema, interrogandosi su cosa significhi "vedere", sulla rivoluzione ottica derivata dalla comparsa delle immagini animate e sulla necessità che i registi si discostino dal romanzo, dalla parola scritta, perché solo allora sarà possibile comprendere: "ciò che il cinema sarebbe in grado di fare se fosse lasciato libero di esprimersi attraverso i suoi stratagemmi".
Pregio e limite di questo volume è la sua natura accademica che, se da un lato gli conferisce una veste altamente specialistica e scientificamente curata, dall'altro potrebbe risultare di difficile fruizione per chi, pur interessato al tema, prediligesse un approccio più "divulgativo".
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