Presentato fuori concorso alla sessantottesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Questa storia qua è divenuto, fin da subito, un piccolo film-evento per il pubblico italiano. E non poteva certo essere altrimenti, per questo documentario dedicato alla rock star italiana per eccellenza: Vasco Rossi. Accolto dal pubblico nostrano (e, in particolar modo, dai fans di Vasco) con grande consenso, Questa storia qua racconta, attraverso dichiarazioni, fotografie, interviste e filmati inediti, l’ascesa di un personaggio ormai mitico nel panorama musicale italiano. E lo fa adattandosi perfettamente allo “stile” del cantante modenese. Fin dal titolo, infatti, il film insegue quella “filosofia di vita” che contraddistingue i testi e le canzoni di Vasco Rossi. Una filosofia caratterizzata, in primis, dalla semplicità e dall’immediatezza, portata spesso fino alla banalità. Un atteggiamento insieme populista e sensibile, che questo documentario ci racconta in maniera coerente, seppur con alcuni evidenti limiti.
Questa storia qua si snoda cronologicamente lungo le tappe più importanti della vita di Vasco. Dalla precoce passione per il canto (con la partecipazione all’Usignolo d’oro, sorta di Zecchino d’oro in salsa modenese), alle prime band con gli amici di Zocca; dall’importante esperienza radiofonica di Punto Radio – dove Vasco scopre la “vera” musica rock, diversa da quella trasmessa delle radio Rai –, alle prime esibizioni live della sua band. È nel corso di queste esperienze che si definisce la figura di un Vasco, al contempo utopista, idealista, sensibile, ribelle, emotivo. Tanto orgoglioso delle proprie radici (più volte Vasco ribadisce le proprie origini “contadine”), quanto scosso da un profondo desiderio di fuga. Il solo ragazzo di Zocca che, come dichiara un suo amico d’infanzia in un’intervista, “voleva veramente uscire dal paese; farcela”. Eppure, nel film, tanta caparbietà si oppone spesso ad una figura più insicura, sfuggente, che si lega alla problematica della droga. Riguardo all’argomento, il documentario non si sofferma a lungo: è Vasco stesso a soprassedere il più delle volte, facendo pochi e veloci riferimenti (“… è il quel periodo che iniziai ad utilizzare certe sostanze. Per farmi coraggio”). Il film, infatti, alterna intelligentemente riflessioni personali di questo tipo ad approfondimenti relativi alla musica e al songwriting, evitando così un approccio eccessivamente “monolitico” al personaggio di Vasco Rossi.
Il film non trascura di assecondare – forse un po’ troppo spesso – l’aura mitica che circonda Vasco, rafforzandola attraverso un propedeutico (e, per certi versi, scontato) uso della regia, relegata al compito di intensificare e “poeticizzare” ogni evento. Un piglio spesso eccessivamente celebrativo, e che rischia sovente di scadere nel patetico. Non per questo però mancano, al film, momenti sinceramente toccanti. Su tutti, il racconto di Vasco riguardante la famosa hit Siamo solo noi, in cui dichiara il profondo rapporto, quasi fraterno, nei confronti del chitarrista Massimo Riva, precocemente scomparso a causa della tossicodipendenza. Forse i limiti e i pregi di quest’opera sono tutti qui: in una narrazione spesso compiacente, eppure sincera; assecondante, ma sentita; celebrativa, ma appassionante. Che riflette in sostanza tutte quelle caratteristiche che rappresentano, nel bene e nel male, una figura semplice (ma complessa) come quella di Vasco Rossi.
TITOLO ORIGINALE: Questa storia qua; REGIA: Alessandro Paris, Sibylle Righetti; SCENEGGIATURA: Alessandro Paris, Sibylle Righetti; FOTOGRAFIA: Valerio Azzali; MONTAGGIO: Ilaria Fraioli; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2011; DURATA: 75 min.
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