Almodóvar: l'estetica della contaminazione di genere PDF 
di Francesca Druidi   

Il sistema filmico di Pedro Almodóvar è un'architettura fondata sulla contaminazione di tonalità emotive e generi filmici, come il melodramma e il noir, che non sono determinati da una soglia, un confine rigoroso e prefissato, ma attraversano i mondi cinematografici assurgendo a modalità estetiche e a canoni narrativi trasversali.

In un orizzonte spiccatamente postmoderno, in virtù della mescolanza e dell'eclettismo dei suoi film, l'opera del regista originario di Calzada de Calatrava si fa portavoce della variegata cultura postfranchista e della movida madrilena, che emerge in tutto il suo gusto trasgressivo e anti-borghese fin dall'esordio, Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio (1980): si afferma progressivamente il modello del pastiche, incastonato nell'immaginario pop e materializzato in un gioco di citazioni che svela la passione dell'autore per Luis Buñuel e per il cinema hollywoodiano di Joseph Mankiewicz, Billy Wilder, King Vidor, Nicholas Ray, Douglas Sirk.

Il moltiplicarsi e il diffrangersi delle allusioni e dei riferimenti a testi "altri" rendono il cinema di Almodóvar un mosaico composto da tessere, tasselli filmici (i generi appunto), mass-mediali [il fotoromanzo, la telenovela, la televisione di Tacchi a spillo (1991) - cassa di risonanza dei sentimenti di Rebecca -, il teatro come tratto rivelatore della finzione insita nelle esistenze dei personaggi] e musicali [consueto è l'uso diegetico di canzoni all'interno della narrazione, spesso appartenenti alla tradizione italiana. L'idolatrata Mina è omaggiata con Esperame en el cielo, corazòn in Matador (1986) e in Tacchi a spillo (1991), mentre il classico hit Cuore matto di Little Tony costella La Mala Educación (2003), insieme alla ripresa di Moon River, il romantico motivo interpretato da Audrey Hepburn/Holly Golightly in Colazione da Tiffany (1961)]. I grandi compositori Nino Rota ed Ennio Morricone partecipano infine alle colonne sonore di Labirinto di passioni (1982) e Légami (1990)].

In Almodóvar il principio della contaminatio si realizza per mezzo dell'intertestualità di genere, che qualifica ogni film come una rete di riprese, rinvii e rimandi, ora di frammenti filmici precisi, ora di strutture architestuali: un meccanismo che racchiude operazioni di ripetizione, rifacimento e variazione, dapprima con intenti parodistici poi con risvolti sempre più riflessivi, che perpetuano la costruzione della passione e del desiderio, catalizzatori tematici del regista spagnolo, che non a caso ha ribattezzato la sua casa di produzione El Deseo.

La poetica almodóvariana esibisce una propensione al kitsch, concretizzata nelle prime commedie sboccate e audaci, le quali lasciano affiorare quel gusto che Susan Sontag in Contro l'interpretazione (1) ha definito camp, "una concezione del mondo in termini di stile" dominata dall'"amore per l'eccessivo, per l'eccentrico, per le cose-che-sono-come-non-sono". Una visione pregnante, il camp, una pratica della citazione che distorce il senso di un'immagine evocata per poi ri-contestualizzarla e farla oggetto di un'ulteriore significazione. Le foto di Brigitte Bardot, Ava Gardner, Gina Lollobrigida, che tappezzano la camera di Julieta/Madre Superiora in L'indiscreto fascino del peccato (1983), non rappresentano altro che star-simbolo regnanti nell'immaginario collettivo e in quello privato di Almodóvar; la loro sensualità e ambiguità va a connotare la Madre Superiora come peccatrice, tentata da Yolanda e pronta a cedere perché "bisogna conoscere il peccato per poterlo abbattere".

Lo stile camp, che spesso si identifica con il modo di sentire omosessuale, implica una sorta di distanziazione ironica e di teatralizzazione dell'esperienza: "il camp - ha scritto la Sontag - pone ogni cosa tra virgolette; è la massima estensione possibile della metafora che vede la vita come teatro".

Alla luce di questa affiliazione e della tripartizione proposta da Stefano Tummolini (2) relativa al melodramma, è facile intuire come le strutture rievocanti questo genere, ma anche la sophisticated comedy degli anni Cinquanta [le commedie di Doris Day - Rock Hudson, la cui farsa ad equivoci ritorna in Donne sull'orlo di una crisi di nervi] e il noir [le cui tracce si ritrovano evidenti in Carne tremula (1997) e La Mala educación (2003)] non siano riproposte nei film nelle loro forme pure e "ortodosse". Almodóvar porta all'estremo le regole compositive dei generi, intensificandone le caratteristiche formali - soprattutto per quel che concerne il melodramma - ma svuotandole programmaticamente del loro contenuto. A riempire tale vuoto è la continua fusione tra i toni tragici e umoristici, ma soprattutto lo smascheramento dell'artificio, il rapporto continuamente esibito che lega, nelle pellicole del regista spagnolo, l'esistenza reale alla vita idealizzata e immaginata incarnata dall'opera d'arte.

La preponderanza dell'espressione sentimentale, che assurge a vero e proprio motore dell'azione dei personaggi; la giustapposizione ossimorica dei contrasti (emblematico è il legame tra eros e thanatos in quasi tutti i film di Almodóvar, come Matador e La legge del desiderio); la sovradeterminazione cromatica di spazi e oggetti (gli abiti di Yolanda ne L'indiscreto fascino del peccato simboleggiano la passione e la tentazione suprema per Julieta/Madre Superiora); la stessa centralità delle figure femminili mutuato dallo schema del "family melodrama" americano degli anni Cinquanta sono tutti elementi ascrivibili ai codici fondamentali del melodramma, sporcati però dall'ibridazione con la commedia, e da una verve dissacrante e grottesca che è andata comunque scemando nelle ultime tre pellicole.

L'intertestualità di genere innesca nella narrazione almodóvariana una struttura allo specchio, fondata su continui parallelismi, nella quale gli inserti e i richiami filmici assumono la funzione di spiegazione ma, soprattutto, di premonizione degli eventi e delle logiche perturbanti i personaggi. Così, nel tragico finale di Matador Diego e Maria si danno la morte a vicenda nell'apice dell'estasi sessuale, imitando il materiale cinematico che puntella il film, ossia la sequenza conclusiva di Duello al sole (1946) di King Vidor. La Rebecca di Tacchi a pillo, per ribadire allo spettatore i fantasmi e i dolorosi ricordi della sua infanzia (il rumore dei tacchi della madre Becky che se andava, abbandonandola), fa esplicito riferimento alla trama di Sinfonia d'autunno (1978) di Ingmar Bergman, ispirazione fertile, in virtù del rapporto problematico e patologico tra una madre (Ingrid Bergman) e la figlia (Liv Ulmann), riproposto nel film spagnolo.

Nella sequenza chiave di Carne Tremula (1997), quella che segnerà il destino del proletario Victor, di Elena e dei due poliziotti David e Sancho, una pallottola impazzita va a scheggiare la televisione che sta trasmettendo Estasi di un delitto (1955) di Luis Buñuel, opera incentrata sui tormenti dell'ossessione, che volontariamente preconizza l'attrazione fatale di Victor per Elena, un moto perpetuo dominante per tutto l'arco del film. Ma il risultato estremo di questa pratica si raggiunge con Amante Menguante in Parla con lei (2002): una vera e propria forma di "travestimento" cinematografico, per mezzo della quale Almodóvar ricostruisce con impressionante aderenza un film muto in bianco e nero. Il surreale episodio di un innamorato che, rimpicciolito per errore, si tuffa letteralmente nell'organo sessuale dell'amata - come metafora dell'abbandono totale al sentimento - sostituisce di fatto, sul piano visivo, la violenza che Benigno esercita su Alicia in coma: un falso film che - alla stregua degli altri frammenti esaminati in precedenza - rappresenta in ogni caso un orizzonte da imitare per il protagonista.

Oltre all'imitazione, è la simulazione che costituisce l'architrave del cinema di Almodóvar, soprattutto nell'ultima fase della sua produzione, più matura e intima, nella quale è sempre più manifesta la compresenza di vita e morte, felicità e sofferenza, gioia e dolore. Una simulazione che presuppone un'incessante riflessione sul processo della finzione, rielaborata anche attraverso l'allegoria del teatro (elemento camp per eccellenza).
Il teatro non è, infatti, solo il mestiere di Huma in Tutto su mia madre (1999), film che nel titolo e nel discorso filmico recupera All about Eve, ossia Eva contro Eva (1950) di Mankiewicz, pellicola rivelatrice sul mondo del teatro e sulla capacità di "recitare la commedia" non solo in senso letterale, ma è una dimensione simboleggiante il sottile gioco di verità e menzogna condotto dalle donne protagoniste [le cui psicologie sono debitrici delle immortali icone hollywoodiane: la Blanche Dubois di Un tram che si chiama desiderio (1951), basato sul dramma di Tennessee Williams, la Bette Davis di Eva contro Eva e la Gena Rowlands di La sera della prima di John Cassavetes (1977)]. Manuela trova finalmente la sua serenità quando inizia a recitare e, contemporaneamente, rinuncia al castello di bugie accumulate negli anni della fuga da Lola e culminate con la morte del figlio Esteban. Huma, al contrario, rimane come strozzata dalla sua stessa essenza di attrice, poiché incapace di riconoscere e risolvere le drammatiche realtà della sua vita privata. In Parla con lei è lo spettacolo teatrale di Pina Bausch (Cafè Muller), e non l'eco di un film, ad anticipare e riassumere le vicende delle due coppie Benigno-Alicia, Marco-Lydia, destinate ad incrociarsi e rispecchiarsi.

La Mala educación (2003), come Carne tremula, esplora la transizione dalla Spagna della dittatura franchista alla liberazione sessuale ed emotiva della movida, affondando però la lama nel passato dello stesso Almodóvar, ossia l'adolescenza trascorsa nel collegio religioso. La pellicola più autobiografica del regista non poteva che essere iperbolicamente pregna di molti degli stilemi della sua poetica estetica e tematica: la droga, la debolezza alla quale cedono Ignacio e Paquito; il travestitismo come legittimazione di ogni variante sessuale, ma anche come consapevole esibizione dell'artificio, della maschera, di ciò che si vorrebbe essere; un tessuto narrativo imbastito di atmosfere e indizi di genere, questa volta il noir francese e americano, che si concretizza non solo dal punto iconografico - i manifesti strappati del cinema Olympo, le locandine di L'angelo del male di Renoir (1938) e di Teresa Raquin (1953) di Marcel Carné - ma anche dal punto di vista della costruzione dell'intreccio, teso all'ineluttabilità del destino, e fondato sul sesso, la violenza, l'avidità economica e morale dei personaggi.

Concepito come un macrogenere, o come uno stile che sollecita i recessi più profondi e oscuri dell'animo, il noir trasforma gli spazi in set teatrali, precipizi del sospetto, della colpa e della vendetta, nonché derive illusorie della personalità. L'ambiguità del doppio tipica del noir (evidente nella messa in scena quando, dopo la violenza subita da padre Manolo, un rivolo di sangue scorre sulla fronte del giovane Ignacio, tranciandolo in due per sempre) si moltiplica e si rifrange in La Mala educación, attraverso le molteplici identità assunte da Ignacio, Juan, Enrique e Manolo nei tre strati di cui il film si compone (la Madrid del 1977, la finzione del racconto La visita e il flashback risalente al 1963, all'amore palpitante tra Ignacio ed Enrique nel collegio). La coppia assassina del film - Juan e Padre Manolo - imita incessantemente l'archetipo di La fiamma del peccato (1944) di Billy Wilder: Juan, che si finge suo fratello Ignacio, ma che si fa chiamare con il nome d'arte di Angel Andrade e che ambisce ad interpretare il travestito Zahara (a sua volta copia della star Sara Montiel), rappresenta Barbara Stanwyck, il prototipo della dark lady per eccellenza, seduttrice, spietata, bugiarda.
Almodóvar sfrutta ancora una volta le istanze di genere per mescolare la vita e la finzione, gli eventi concreti e la loro rappresentazione scenica-teatrale, filmica, coreutica (lo spettacolo di danza che alla fine di Parla con lei sancisce la realizzazione del sogno d'amore di Benigno mediante Marco) e letteraria (il racconto "La visita" genera il film omonimo, un film nel film). Tutte le opere del regista spagnolo ormai si incastrano tra di loro, richiamandosi e ricorrendosi in un'unica forma seriale: emblema di questo procedimento è proprio il sipario, che racchiude Tutto su mia madre ma rivive in Parla con lei.
(1) SONTAG S., 1967, "Note sul camp" in Contro l'interpretazione, Milano, Mondadori.

(2) TUMMOLINI S.,1999, "Alcune notazioni su mélo e ipermelodramma" in SPAGNOLETTI, G., (a cura di) Lo specchio della vita, Torino, Lindau. È possibile secondo Tummolini individuare tre tipologie cui sono riconducibili i melodrammi contemporanei:
1. Melodrammi ortodossi, che rimangono sostanzialmente fedeli al modello tradizionale, limitandosi ad attualizzarlo in virtù di un certo realismo descrittivo.
2. Melodrammi critici, che si rifanno alla tradizione del melodramma hollywoodiano classico riproponendone la struttura narrativa forte e le tecniche di messa in scena simbolica, con un atteggiamento distante e partecipe allo stesso tempo.
3. L'Iper-melodramma rappresenta l'apice e il collasso del melodramma con le sue reiterate citazioni, lo smascheramento perenne della finzione, l'intensificazione e l'esasperazione dei caratteri formali del melodramma

 


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