Roma, ore 7.45. Questa mattina più che mai avverto le contraddizioni di questa metropoli che vorrebbe essere cosmopolita e che invece è solo impermeabilmente pluri-etnica. Questa mattina decido di non scansare la seienne che chiede l’elemosina passando da un vagone all’altro della metro, e per la prima volta la guardo negli occhi e le sorrido. Questa mattina avverto l’inutilità di questo mio gesto che pensavo potesse darmi serenità e mi interrogo su che significato abbia per me l’esigenza che ho sentito di cercare i suoi occhi. Mi interrogo, e realizzo che è un modo per annullare la distanza che ci separa, che è un modo per ricordare a me che dietro la sporcizia e la puzza c’è una bimba di sei anni, e per far sentire a lei che tra tanti che la tratteranno come se fosse invisibile qualcuno le sorriderà. Questa mattina è diverso, perché ieri sono stata al cinema, perché nel gesto consueto di sedermi sulla poltrona e di infilare le dita dentro il contenitore maxi di popcorn ho ricevuto un pugno nello stomaco, un punto tanto forte da farmi spalancare gli occhi e costringermi a guardare la realtà che mi circonda con nuova consapevolezza. E questo pugno nello stomaco è Pa-ra-da. Basato sulla reale esperienza di Miloud Oukili (anima e fondatore dell’associazione Parada), il film di Marco Pontecorvo narra, senza pietismi e con la forza della docu-fiction, le vicende di un gruppo di boskettari rumeni all’indomani del crollo del regime di Ceausescu. Se volessimo soffermarci ad analizzare Pa-ra-da dal punto di vista tecnico, potremmo unanimemente affermare che si tratta di una pellicola formalmente ineccepibile, esemplare nell’uso del mezzo cinematografico e baciata da una fotografia eccezionale. Potremmo passare ore a disquisire sulla bravura degli interpreti e ad altercare sulla opportunità o meno di mutuare gli attori dalla strada. Ma sarebbe sterile, e tradirebbe la natura stessa dell’opera. Perché l’intento narrativo, in pellicole come queste, non può essere scisso dalla forza del messaggio sociale che veicolano, e più che in ogni altro caso l’attenzione si concentra sui contenuti piuttosto che sul contenitore. Infatti, pur non trattandosi di un vero e proprio reportage, Pa-ra-da ha in sé la forza del documento storico e il sapore dell’opera divulgativa. E come tale la tratteremo. L’Oukili di Pontecorvo è il protagonista di un terribile viaggio negli inferi della società. Lo troviamo, all’inizio della pellicola, sulla Place del Centre Pompidou, a Parigi, la sua città. Alle sue spalle stanno allestendo un palco, intorno voci di bambini, uno spettacolo sta per essere messo in scena, e da lì lo seguiamo in un viaggio a ritroso nel tempo fino al 1992, anno in cui a Bucarest, appena sceso dal treno e con in mano gli attrezzi del mestiere (nasi rossi, clavette da giocoliere, palline bianche e fisarmonica), si imbatté in un gruppo di ragazzini luridi e violenti che lo approcciarono con esplicite proposte sessuali. Di colpo Miloud, il clown, l’allegro e vagabondo Miloud, l’artista di strada un pò nomade (come spesso dirà) scopre l’esistenza di un modo di vivere la strada lontanissimo dal suo. Di fronte ai suoi occhi, un po’ smarriti, lucidi, colmi di pianto prima, ardenti di sdegno poi, si apre l’inferno della strada della legge del più forte. Un mondo altro, nel quale l’abbandono si fa chiamare “libertà” e centinaia di bambini lasciati a se stessi si organizzano in veri e propri branchi, vivendo come randagi ai margini della società, rifugiandosi nei condotti della rete di riscaldamento, vivendo di furti e prostituzione, respirando colla o aurolac in sacchetti di plastica, quasi cercassero l’aria per uscire dall’asfissia asmatica. Solo che l’aria per loro è l’oblio del presente, e in quello stordimento chimico annullano se stessi per sopportare l’asfissia di vita che li affligge. In un progressivo dissolversi di tutte quelle certezze che ci fanno pensare di vivere una vita civile, Miloud scopre che l’unica cosa che potrebbe aiutare queste creature ormai selvatiche ad uscire dall’inferno è restituire loro la dignità di esseri umani. Insegnare loro il rispetto di se stessi e della società che li circonda, per reintegrarli, sia pure con mille difficoltà, in quella stessa società che li ha rifiutati. E ci riuscirà, ci è riuscito anzi (perché ricordiamo: Miloud esiste davvero!), attraverso la più magica delle arti: l’arte circense. Quella stessa arte che fa diventare gli adulti bambini, utilizzata come terapia riabilitante alla vita, trasforma questi adulti-bambini in membri di una società che finalmente li accetta e li applaude. Lì sul palco prima, nella realtà della vita quotidiana poi. Ed è per questo che Miloud ancora oggi lavora. Ed è la forza di questo messaggio di speranza e rinascita e il nobile intento divulgativo, più che la perfezione tecnica, che fanno di Pa-ra-da una grande opera di interesse sociale. TITOLO ORIGINALE: Pa-ra-da; REGIA: Marco Pontecorvo; SCENEGGIATURA: Marco Pontecorvo, Roberto Tiraboschi; FOTOGRAFIA: Vincenzo Carpineta; MONTAGGIO: Alessio Doglione; MUSICA: Andrea Guerra; PRODUZIONE: Francia/Italia/Romania; ANNO: 2008; DURATA: 100 min.
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