Chinatown PDF 
di Giovanni Garofalo   

Chinatown è il regno dell'antitesi e del paradosso, "una tragedia diurna della siccità" in cui il noir trova il suo singolare luogo d'elezione in scenari secchi e candidi, fotografati insistendo su un bianco trascolorato in tonalità giallognole che richiamano costantemente il concetto di morte. Chinatown è anche il terreno in cui si incontrano (facendo sentire contemporaneamente la loro estrema divaricazione, altrimenti che paradosso sarebbe?) il vigore della narrazione hollywoodiana e la sensibilità del cinema d'autore europeo, il realismo rappresentativo e la sua immediata sublimazione simbolica, l'importanza dell'America come substrato sociale e culturale e la messa alla berlina di alcune sue visibili contraddizioni. Chinatown è però anche il momento nel quale la moda nostalgica di cui si ammanta molto del cinema della cosiddetta Nuova Hollywood viene permeata dalla crudeltà pessimistica di un autore come Polanski, pronto a mostrare l'impotenza cognitiva di un detective incapace di scorgere gli indizi che fin dall'inizio della pellicola gli si parano davanti.

Ma Chinatown, inteso come spazio fisico e non come pellicola, è anche una pura evocazione di un passato che ritorna prepotentemente a livello inconscio per rendere avvertibile e insostenibile una mancanza, un dubbio, un dolore, uno scrupolo, come da perfetta tradizione noir, obbligando il detective protagonista ad una improduttiva reiterazione di atti, situazioni e modalità esistenziali. Il ricco e agile volumetto sul Chinatown di Polanski, uscito per la collana Universale Film di Lindau, spiega tutto questo con dovizia di particolari, appunti e aneddoti sulla realizzazione, accompagnando il lettore in un percorso di lettura del film accurato, fatto di sguardi indagatori, illusioni di cognizione, verità che si slabbrano inevitabilmente sotto i colpi di una situazione mostruosa che non si può gestire attraverso le dinamiche investigative tradizionali.

L'autore, Silvio Alovisio, dottorando del DAMS torinese e rassicurante punto d'approdo per studenti smarriti che si recano fiduciosi nella biblioteca del museo nazionale del cinema, è un profondo conoscitore non solo dell'intera opera di Polanski, ma anche delle dinamiche linguistiche che si originano dallo sguardo dei personaggi presenti in scena. Attraverso gli occhi di Jake Gittes, lo stupendo loser di cui si servono il regista polacco e lo sceneggiatore Robert Towne per raccontare la loro spinosa storia, passano non solo le linee evolutive di una narrazione basata sulla ricerca di una verità già rivelata in partenza (con la quale si evidenzia l'impotenza risolutiva di un eroe che non può risultare decisivo), ma anche le direttrici di un'enunciazione organizzata intorno a tali meccanismi generativi, di modo che studiando lo sguardo dei personaggi/vittime della situazione si possa indagare non sulla vicenda di cui sono protagonisti (e in questo risiede la frustrazione della detection) quanto sulla loro (im)possibilità di affermazione e riscatto.

Quello della verità che non si può e non si sa decrittare è uno dei punti centrali di un'analisi condotta con grande lucidità e competenza da un Alovisio sempre pronto ad intervenire nelle pagine per spiegare i significati allegorici (notevoli le notazioni dei riferimenti dalla Bibbia), le scelte di messa in scena, le idiosincrasie di Polanski. Un'analisi fondamentale per chiunque ami l'opera del regista polacco, il genere noir o soltanto (e non è poco) la serietà di uno studioso abituato a lavorare con estremo rigore.

 


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