Il fiume rosso PDF 
Marco Capriata   

ImageNei minuti iniziali Hawks condensa abilmente gli stilemi del cinema western per poi apparentemente distanziarvisi, allestendo una vicenda che inserisce Il fiume rosso nel contesto del western maturo o sur-western, come lo definiva Bazin. Il regista pone in evidenza sin dall’apertura delle pagine di un libro di racconti sul West l’afflato epico della vicenda - aspetto tipico del genere inteso dalla critica come exemplum di cinema statunitense per antonomasia - per poi immergere lo spettatore nell’immensità spaziale del continente americano in cui spicca la canonica carovana di diligenze dirette verso nuove terre e una speranza di futuro, che il protagonista Thomas Dunson (John Wayne), contrariamente alle aspettative e agli schemi narrativi del genere - secondo cui l’eroe viene coinvolto suo malgrado nelle disavventure dei neo-pellegrini, per ergersi a paladino dei più deboli sino alla vittoria finale - rifugge tale contesto per inseguire un proprio ideale di profitto, tanto da rinunciare alla donna amata, cui promette di ricongiungersi al termine del proprio viaggio, lasciandola con un monile, come pegno d’amore che ricorrerà quale oggetto della memoria lungo il percorso esistenziale del nostro eroe, a monito della propria infausta decisione.

ImageHawks accentua e risalta il momento dell’addio tra Dunson e la sua donna attraverso un dialogo intenso, pomposamente epico come il contesto paesaggistico in cui è inserito, cui si contrappone la successiva concitata sequenza dello scontro notturno con i temibili Comanches, ambientata in uno spazio più ristretto per accentuarne la tensione emotiva e drammatica, in cui si rilevano subito le doti e l’abilità del nostro protagonista, esperto pistolero e uomo d’azione, destinato ad un’amara vittoria. Dunson evidenzia subito nelle sue scelte di vita uno spiccato individualismo che lo conduce alla perdita dell’unico amore della sua vita e ad una esistenza penosa, in cui la figura del giovane Matthew Garth (Montgomery Clift) viene a costituire un surrogato di quel figlio mai avuto, cui insegnerà ad essere un perfetto cowboy, ma al quale stenterà a concedere il diritto all’emancipazione.

ImageMatt è il contraltare umano del suo patrigno in quanto individuo calmo e riflessivo: affezionato a Dunson, è rispettoso ed ubbidiente, ma non insensibile alla sua durezza, tanto da covare sottopelle un certo disappunto e disagio verso l’intransigenza di Thomas, motivo di scontro che col passare del tempo e del faticoso viaggio emergerà inevitabilmente, in un confronto teso, in cui Garth tenterà di sovvertire le vicende di un itinerario sempre più arduo e psicologicamente insostenibile. Infatti, l’impresa imposta da Dunson ai suoi uomini sin dall’inizio assume aspetti sovrumani per la sua riuscita, tanto da fiaccare progressivamente la fiducia e la forza dei compagni di ventura, fino all’inevitabile ammutinamento che ricorda quello del Bounty. Egli, come il comandante Bligh della suddetta nave, non esita a minacciare la vita dei suoi uomini ad ogni disobbedienza agli ordini impartiti, in un crescendo di palpabile tensione e violenza. Sarà proprio Matthew, infine, a prendere in mano le redini del comando, risparmiando la vita all’amico/padre Dunson e abbandonandolo lungo il percorso, ma con la promessa di quest’ultimo di una sicura vendetta. Hawks muta così il registro della vicenda virandolo verso il puro e semplice dramma, mentre finora l’atmosfera era stata abilmente stemperata dai siparietti da commedia dello sdentato Groot (Walter Brennan), figura emblematica e ricorrente nei suoi western, cui è demandato il ruolo dell’anziano consigliere ed amico, anch’egli infine deluso dall’erronea insistenza e pervicacia del proprio ottuso padrone. Groot è la voce della coscienza, è il buon senso dell’esperienza incarnato in un vecchietto astuto e cosciente delle vicende che lo vedono protagonista sullo sfondo, ma non per questo inessenziale.

ImageIl viaggio, seppur dirottato verso una meta più appetibile, viene però gravato dal fantasma inseguitore di Dunson che rende inquiete ed insonni le notti dei suoi ex compagni, consapevoli della promessa da lui pronunciata e dal pericolo dei Comanches in agguato lungo il percorso. Ed è questa incombenza che porterà i nostri eroi a scontrarsi inevitabilmente con gli agguerriti indiani, innestando una sorta di déjà vu del racconto, ma con esiti ben più favorevoli anche per l’eroe di turno. L’assalto indiano è uno dei classici topoi cinematografici del western in cui i protagonisti mettono in risalto le proprie doti umane o limiti, in quanto acme emotivo della violenza trattenuta, che necessita di una via di fuga per non implodere e che Hawks ridimensiona ponendolo come uno dei vari accidenti che costellano l’anabasi dei suoi cowboy. A differenza di Dunson, il giovane Matt, assumendosi le proprie responsabilità, partecipa alla lotta contribuendo alla vittoria e conquistando il cuore della giovane Tess (Joanne Dru), dopo un iniziale scontro dialettico quale emblematica contrapposizione tra i sessi, sublimata dall’erotismo sotteso nelle parole e nei gesti del giovane Garth. Tess si pone così quale archetipo femminile del cinema di Hawks, forte, intelligente, indipendente, sarcastica, ma pronta a lottare per il proprio amato, tanto da affascinare lo stesso Dunson, il quale al suo cospetto rivive sensazioni ed emozioni che si ritenevano impensabili per un uomo della sua tempra, mostrando finalmente quel lato umano sinora celato dietro la maschera dell’intransigenza e della rabbia. Lo scontro finale tra i due amici-nemici ha invece il classico sapore del duello all’alba, in cui Dunson avanza imperterrito verso il suo avversario, superando gli ostacoli frapposti a difesa di Garth, in una serie di campi e controcampi volti ad accentuare e dilatare la drammaticità del momento, sino al faccia a faccia definitivo. Hawks però, anche stavolta, sceglie di scardinare gli stereotipi del genere trasformando il combattimento in un duello a mani nude, che vede l’intervento risolutore di Tess porre i due uomini di fronte all’evidenza di essere incapaci di uccidersi.

ImageIl film di Hawks impiega gli stilemi del genere e li dosa con intelligenza, tratteggiando due figure umane contrapposte in cui da una parte spicca John Wayne, in una delle sue prove recitative più convincenti, e dall’altra il problematico ed introverso Montgomery Clift, archetipo attoriale dell’individuo interiormente travagliato, che vive un rapporto conflittuale con il proprio padre putativo. Matt anela all’emancipazione, alla propria maturazione di uomo, e per farlo deve disobbedire al padre-padrone prendendo in mano il comando, sovvertendone il ruolo di capo, ma senza giungere all’atto estremo dell’omicidio, cui sembra invece potersi avvicinare un personaggio come quello di Cherry Valance (John Ireland). Quest’ultimo è il degno antagonista di Matt per abilità nel maneggiare le armi e per l’attrazione non dichiarata per la medesima donna, ma Hawks evita la facile strada del duello tra i due cowboy, lasciando però sottotraccia la possibilità di uno scontro all’ultimo sangue, insito nella natura di due individui similari e consapevoli delle proprie capacità. Valance incarna il potenziale villain del genere, ma in realtà il pericolo proviene inaspettatamente da colui che dovrebbe essere l’eroe della storia, ovvero Thomas Dunson. L’abilità di Hawks sta tutta nell’impiegare figure e luoghi antonomastici del western per fondare insieme a Ford - maestro indiscusso del genere - le nuove basi di un cinema più maturo e consapevole, nel quale gli eroi non sempre sono senza macchia, ma presentano aspetti umani e caratteriali complessi, attraversati da conflitti interiori che col passare del tempo assumeranno risvolti psicanalitici sempre più marcati e in cui l’amore è un percorso tormentato fatto di sguardi, pulsioni, tensioni vissute in contesti umani e geografici spesso ostili, che trasfigurano in epica la vittoria o la sconfitta dei suoi protagonisti.

 

SCHEDA FILM

TITOLO ORIGINALE: Red River REGIA: Howard Hawks SCENEGGIATURA: Charles Schnee, Borden Chase FOTOGRAFIA: Russell Harlan MONTAGGIO: Christian Nyby MUSICA: Dimitri Tiomkin PRODUZIONE: USA ANNO: 1948 DURATA: 125 min.

 


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