Project Nim. Obblighi umani, diritti animali PDF 
Paolo Fossati   

Project Nim è un biopic dedicato a uno scimpanzè. Ripercorre la parabola di una vita lunga 26 anni, vissuta in bilico tra le emozioni di essere un eletto e il dramma di incarnare “l’oggetto bello di un esperimento scientifico”. La definizione è dello scienziato Herb Terrace, professore di psicologia alla Columbia University di New York, che nel film racconta il progetto che ebbe come protagonista Nim: venne adottato da una famiglia umana istruita a trattarlo come un bambino per poi insegnargli il linguaggio dei segni. Dopo qualche anno, impreparati a gestire l’energia e l’emotività di un giovane scimpanzè, sia i genitori adottivi che gli scienziati che si dedicarono a Nim vennero obbligati da Terrace a riportare lo scimpanzè all’Istituto per gli Studi sui Primati dell’università dell’Oklahoma, dove era nato nel 1973. Per Nim, di fatto, si trattò di una vita da zoo. E non era finita: l’avrebbero poi selezionato come cavia per sperimentazioni farmacologiche.

Feltrinelli Real Cinema ha pubblicato il dvd del documentario di James Marsh, premio Oscar per Man On Wire. Come nel racconto delle imprese del funambolo Philippe Petit, il regista prosegue sulla via dell’intreccio tra footage originale, interviste e ricostruzioni in forma di docu-fiction, in equilibrio sul filo di una drammaturgia che fa spesso perno sulla colonna sonora. Il libro nel cofanetto, utile all’approfondimento della vicenda di Nim, dedica una sezione a obblighi umani e diritti animali, curata da Ilaria Ferri e Graziana Moretti, con interviste alla primatologa Jane Goodall e ai biologi Mark Bekoff e Susanna Penco. Oltre alla particolarità della singola vicenda, la storia di Nim è emblematica e imprescindibile nell’ottica di una riflessione etica rispetto alla sperimentazione sugli animali, a maggior ragione pensando alle vicende di cronaca che quest’anno hanno visto il nostro paese alle prese con le manifestazioni di protesta per l’allevamento di Beagle di Green Hill (a Montichiari, in provincia di Brescia). Una vicenda drammatica e al contempo spinosa, che ha consentito a molti cani nati nell’azienda-laboratorio di riguadagnare una libertà mai conosciuta, ma a tanti altri di trovare la morte, mentre diverse forze si scontravano (e tuttora continuano a fronteggiarsi): animalisti indignati a protestare, multinazionali stolide nel mostrare concessioni rilasciate da amministratori pubblici, forze di polizia chiamate a presidiare la collina e mantenere l’ordine pubblico, politici talvolta dubbiosi talaltra decisi nel prendere posizione, magari cavalcando l’onda del dissenso in modo utilitaristico. Restano processi e ferite aperte. È mancata, per ora, una gestione del racconto dei fatti che uscisse dall’urgenza della cronaca. Per Nim, del resto, è arrivata dopo quarant’anni di attesa.

Il cinema è da sempre territorio culturale di riflessione del rapporto tra natura e cultura. Il destino dello scimpanzè Nim, non può che ricordarci la vicenda di King Kong, messa a tema fin dagli anni Trenta e rimasta a sedimentare nell’immaginario collettivo per tutto il Novecento ed oltre. Francesco Casetti nel suo L’occhio del Novecento ha descritto la ricerca della Grande Scimmia come una “doppia” impresa di un gruppo di persone, intendendo sia l’entusiasmo del viaggio esotico alla ricerca del mito, che la bramosia di una troupe cinematografica di filmare “l’ottava meraviglia del mondo”, con tutti i risvolti commerciali che potevano derivare dall’iniziativa. In quest’ottica è lo scienziato Herb Terrace ad apparire oggi il vero protagonista dell’esperimento di Project Nim. Terrace (sia da giovane nei filmati d’epoca, che oggi nell’intervista per il film) sembra quel tipo di deus ex machina che ad un certo punto della storia svela la propria identità, volente o nolente (come “il burattinaio” Christof in The Truman Show), mentre per Nim si delineano sempre più i tratti del fenomeno da baraccone, nonostante la narrazione di Marsh restituisca allo scimpanzè il massimo dell’empatia con lo spettatore. Nim è davvero l’oggetto dell’esperimento, è la natura che tenta di essere domata dalla cultura. In modo in fondo barbaro e violento, sebbene in una cornice accademica con intenti scientifici. I media, inoltre, interessandosi al caso all’epoca a Terrace, concorrevano ad innalzare il professore quasi allo status di divo. Mentre Nim imparava ad esprimersi con gesti mutuati dall’uomo, quasi tutti gli esseri umani intorno a lui perdevano lucidità e divenivano pedine di un gioco di specchi, nel quale le immagini del bene e del male restavano riconoscibili, ma irraggiungibili, perse in un labirinto di rifrazioni.

Non ci resta che chiederci, in linea con Marsh, quale sia limite estremo della rappresentazione. Se funzioni sempre come specchio o filtro della realtà. O se, come nei suoi documentari, si possano cercare tracce di oggettività nell’alternarsi di diversi materiali montati in sequenza. Dobbiamo continuare a porci questo quesito estremo, almeno per imparare a camminare in equilibrio, come funamboli, su quel sottile confine. Sospesi nell’immedesimazione, dove le emozioni verosimili valgono più della realtà.

Titolo: Project Nim; Autore: James Marsh; Editore: Feltrinelli (Collana Real Cinema); Anno: 2012; Pagine: 80; Prezzo: 16,90 €

 


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