Divise dalle Alpi e da tanti pregiudizi, Italia e Francia indossano da generazioni i panni delle eterne rivali, punzecchiandosi come due sorellastre indispettite da una fastidiosa e reciproca somiglianza. Eppure, come in ogni famiglia, in quei pochi momenti in cui i nervi lasciano spazio all’affetto si palesa la potenza di uno spirito comune che forse altri Paesi europei non possono vantare. Tous les Soleils è anche questo. Un inno a quelle “libertà, fraternità e uguaglianza” che accomunano noi e loro più di quanto siamo disposti ad accettare. Pellicola francese di stampo italiano (o forse il contrario?), mescola i generi e le lingue con una delicatezza commovente, senza mai trasformare la semplicità della forma in banalità di contenuto.

Alessandro (Stafano Accorsi) è un impacciato professore di musica barocca alle prese con i tumulti amorosi di ben due adolescenti: la prima, Irina (Lisa Cipriani), è la figlia quindicenne cui sua moglie ha dato la vita, prima di perdere la propria in un incidente d’auto. Il secondo, Crampone, è un anarchico di mezza età in fuga dal regime berlusconiano: fratello di sangue, ma non di testa, è interpretato da un Neri Marcoré incredibilmente disinvolto nella recitazione in lingua straniera, esilarante pittore contemporaneo dal pigiama a righe e la barba incolta. Insieme formano una triade circondata da un ventaglio di personaggi dal carattere fiabesco che rimandano, seppur differentemente, alle atmosfere di un Pane e tulipani. Così ci imbattiamo in una Clotilde Courau ammutolita dalla scomparsa della madre (Anouk Aimée), alla ricerca delle parole che non è riuscita a dirle e a cui forse solo Alessandro potrà dare voce. L’oscurità del tema della morte, già affrontato nel pluripremiato Ti amerò sempre, spinge Philippe Claudel ad alternare i registri, alleggerendoli della loro altrimenti naturale gravità. Il vino e l’amicizia diventano quindi ingredienti fondamentali per la riuscita di una trama che senza la multiculturalità di una città come Strasburgo, forse, sarebbe apparsa meno spontanea. Una musica cicatrizzante, poi, è capace di alleviare o alimentare qualsiasi dolore: mentre Stefano Accorsi, teneramente in rotta verso la propria maturità, balla la tarantella sulla sua cattedra universitaria, i fantasmi lasciano questo mondo nell’ombra sulle melodie dell’Antidotum Tarantulae cha funge da colonna sonora al film e alle esistenze dei suoi protagonisti. Un invito a non lasciarsi andare, a chi ancora oggi viene morso da quel ragno invisibile che è la rassegnazione e a cui si può sfuggire soltanto seguendo i passi della speranza.

La passione del Belpaese incastonata nel rigore e nella compostezza francese fa di questa pellicola un autentico gioiello in cui i mezzi espressivi s’intrecciano e si confondono, ammaliando lo spettatore in una perpetua mescolanza di accenti: è così che le emozioni più potenti parlano italiano, mentre la poesia e la letteratura hanno la “r” moscia. Il dialetto salentino, infine, accompagna con un popolare lirismo lo spleen emotivo di questa giostra di anime perdute e ritrovate, in cui tutti, ma proprio tutti, possiamo riconoscerci, rimanendo affascinati dalla sua straordinaria umanità.

TITOLO ORIGINALE: Tous les Soleils; REGIA: Philippe Claudel; SCENEGGIATURA: Philippe Claudel; FOTOGRAFIA: Denis Lenoir; MONTAGGIO: Virginie Bruant; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 2011; DURATA: 105 min.