Prodotto da Sky Cinema e presentato come evento speciale alla XIII edizione di Anteprima Spazio Torino, Italia '70 – Il cinema a mano armata rappresenta l'ennesimo atto d'amore per il cinema popolare del realizzatore Stefano Della Casa (con la collaborazione di Miranda Bevilacqua e la regia di Max Croci, già vincitore di Spazio Italia al Torino Film Festival), qui alle prese con un documentario sospeso tra testimonianza di un'epoca (sociale e cinematografica) e videointervista (a Umberto Lenzi).
I cinquantaquattro minuti di Italia '70 (doppio passaggio, questo mese, sul canale satellitare Sky Cinema Max), aperti dai congeniali titoli di testa che si rifanno al genere poliziottesco preso in esame, si susseguono serrati tra volti noti e sequenze celeberrime, felicemente introdotte dallo sguardo attento e divertito di Lenzi, incalzato dalle domande di Della Casa, qui nell'inedita veste di intervistatore per il grande schermo. Inutile dire che il documento trasuda di informazioni (che spesso ne appesantiscono l'esile filo logico – poco più che una scusa per un fitto collage di immagini e suoni) che avvicinano l'illetterato e stuzzicano il cultore. Pensato in tempi non sospetti, e quindi lontano dalle influenze ideologiche tarantiniane – il regista compare con una manciata di gustose dichiarazioni sul genere e sulle starlette, Barbara Bouchet (da lui definita first lady) su tutte, Italia '70 introduce e traccia una breve cronistoria di un genere rivalutato ma mai sopravvalutato che strizza l'occhio a codici e generi hollywoodiani.
Imitazione sì, ma soprattutto inventiva di quei registi-artigiani che sopperivano con creatività ai limitatissimi mezzi a loro disposizione. Come ama sottolineare Quentin Tarantino, ci troviamo certamente di fronte al più violento dei sottogeneri (horror a parte), che non disdegna l'influenza delle allora attuali tematiche sociali (l'omicidio Calabresi fece da sottotesto a numerose pellicole), pur restando nell'ambito della spettacolarizzazione della violenza di quegli anni. Dopo un breve cenno visivo a La polizia ringrazia di Steno (Stefano Vanzina), doveroso tributo al film probabilmente capostipite del genere, anno di grazia 1972, si procede tra una battuta dei vari Lovelock, Silva, Saxon (star assolute insieme al più volte citato – anche per avventure extracinematografiche – Milian), oltre ai contributi di Castellari e Martino, e a uno sguardo alle location dell'opera lenziana introdotte dal regista stesso. Lenzi evidenzia i tratti caratteriali del genere, definendo strategie di marketing (l'utilizzo dei flani su riviste e quotidiani e la scelta del titolo decretavano il successo o l'insuccesso di una pellicola) e tecniche di racconto e ripresa (duttilità, sintesi narrativa e montaggio dinamico) che ancora oggi influenzano le nuove leve di cineasti, soprattutto d'oltreoceano. Come a dire: nemo profeta in patria.
All'uscita incontriamo Carlo Ausino, unico regista presente tra quelli nominati, seppur marginalmente, per il suo contributo con la pellicola Torino violenta, per un veloce scambio di battute. Ne emerge che il suo film d'avventura Sahara Killing ha subìto una (definitiva?) battuta d'arresto a causa di problemi con gli arabi, mentre procedono le riprese de L'agente speciale, tentativo di rinvigorire l'interesse verso tanto cinema popolare. Una lezione dal passato per un futuro (quello del cinema italiano di genere) che tarda ad arrivare.
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