Amazing Journey: The Story of The Who ambisce a ritrarre quarant’anni di storia di una delle più famose formazioni musicali del rock inglese. Per voce dei suoi stessi protagonisti, il documentario di Paul Crowder e Murray Lerner ci conduce in un viaggio che dagli anni Sessanta arriva fino ai nostri giorni. Ma è la musica il primo agente narrativo del film: scandisce le tappe, dona struttura alle immagini, ridà vigore ad esperienze per lo più riflesse nei reperti mediatici ritrovati tra le pieghe del tempo. Nei loro concerti rivivono intere stagioni del rock, ognuna caratterizzata dai suoi simboli, i suoi riti e le sue estetiche. Dalle loro canzoni riemergono le aspettative, i desideri e i sogni di epoche intere.
Intervallando materiale di repertorio, costituito per lo più da riprese d’archivio delle performances dal vivo del gruppo, alle parole di Pete Townshend, chitarrista e autore degli Who, e di Roger Daltrey, la voce, il documentario mira a dare un quadro chiaro dell’evoluzione artistica e personale della band inglese. Se il ritmo è dettato principalmente dal continuo susseguirsi di stimoli visivi e sonori, il compito di ricostruire un senso e di ritessere il filo di un’esperienza durata quasi mezzo secolo è lasciato proprio ai membri superstiti degli Who, che non esitano a esporsi direttamente davanti alla macchina da presa nel ricordare gli esordi, i successi, le passioni e i drammi di una vita condivisa, che a tratti non può non assumere connotazioni mitiche. Intrecciati ai loro racconti, ritroviamo le interviste a numerose divinità viventi del rock contemporaneo, Eddie Wedder, Sting, Noel Gallagher, estimatori autorevoli di una storia che ha attraversato l’arco di quattro decadi.
In sostanza, il film mette in scena tutto quello che potremmo voler conoscere sugli Who: a partire da Tommy, prima opera-rock risalente al 1969, per arrivare alla profonda influenza che ebbe sul gruppo, e in particolare su Townshend, il guru indiano Meher Baba (Baba in Baba O’Reilly); dall’esplosivo successo negli Stati Uniti, aperto dalla loro partecipazione a Woodstock, alla tragedia del concerto di Cincinnati, dove 11 persone persero la vita per il cedimento di una tribuna; per non tralasciare le loro vicende personali, spesso afflitte da problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti, e i ricordi più dolorosi, legati alla scomparsa improvvisa di Keith Moon prima, batterista del gruppo, e John Entwistle poi, il bassista.
Se una critica può essere fatta al documentario di Crowder e Lerner, questa risiede nel tono eccessivamente didascalico dell’opera, quasi didattico, che spesso lascia trasparire uno sguardo meramente illustrativo del fenomeno Who, ignorando la possibilità di arrivare a una rielaborazione critica, anche a livello formale, di quanto accaduto. Il registro narrativo si assesta pertanto su toni meramente informativi, attraverso una ricostruzione storica che si affida a un unico punto di vista, privo di contraddizioni interne o di visioni alternative, al fine di confezionare una sorta di biografia ufficiale del gruppo, il cui valore emerge più dalle immagini mostrate che dalle parole veicolate dalla voce narrante. Tuttavia, per chi ha amato il gruppo inglese questo aspetto non assume probabilmente particolare rilevanza: il documentario riesce a raggiungere un obiettivo ben più difficile, quello di far rivivere nella mente, e di dare corpo attraverso le immagini, l’epoca d’oro di una delle più grandi rock band di tutti i tempi.
Titolo originale: Amazing Journey: The Story of The Who; Regia: Paul Crowder, Murray Lerner, Parris Patton; Sceneggiatura: Mark Monroe; Fotografia: Matteo Passigato; Montaggio: Paul Crowder, Pagan Harleman, David Zieff; Produzione: Spitfire Pictures, Trinifold, VH1 Rock Docs, MLF Productions, Pony Canyon; Distribuzione: Universal Pictures Home Entertainment; Durata: 120 min.; Origine: USA/Gran Bretagna, 2007
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