La cercle de la haine PDF 
Amon Rapp   

La cercle de la haine, di Xavier Mauranne, fonde fin dalle prime immagini composizione musicale e montaggio visivo per mettere in scena la vita nelle banlieue, fucine di un nuovo risentimento verso un ordine costituito che sempre più appare ingiusto e oppressivo. Intrecciando storie di ragazzi comuni agli interventi di alcuni tra i più famosi esponenti dell’hip hop d’oltralpe e statunitense, Maurenne porta a galla un disagio profondo della società francese, presa da una spirale di odio che moltiplica gli atti di violenza in una replica infinita. Riflessione sulla natura e le radici del “male” nella società contemporanea, La cercle de la haine adotta uno sguardo genealogico, cercando di ricostruire le motivazioni profonde che hanno portato al diffondersi di questo fenomeno in modo così pervasivo. Il registro narrativo adottato, a metà tra il documentario e la fiction, fa da sostrato a uno stile che guarda all’estetica del videoclip, alternando interviste frontali, frammenti narrativi e clip musicali, scelte tra gli inediti del gruppo rap parigino La Brigade, tra i cui membri ritroviamo i principali ideatori del progetto. Il risultato è un ibrido che fa del ritmo la sua forza, del contrappunto tra musica e immagini la sua velocità, dell’intervallarsi continuo di volti, parole e suoni il suo maggiore interesse.

Se l’estetica prescelta manifesta elementi d’indubbia originalità, è il discorso sulla violenza di cui il film si fa carico a non convincere pienamente: a tratti ingenuo, spesso superficiale, il documentario pecca di un eccesso esplicativo, quasi a voler individuare, in modo troppo puntuale, le cause di un problema che non può che rivelarsi di ben altro spessore, soggetto ad un’ineludibile ambiguità. Gli elementi finzionali, presenti nella prima parte del film, appaiono fin da subito estremamente didascalici, privi di una vita propria e dotati unicamente di una funzione illustrativa, che esemplifica emblematicamente i pensieri espressi nel corso delle interviste. Ma l’operazione è troppo esplicita, e a tratti rasenta il ridicolo nel voler dar corpo alle parole degli artisti interpellati. Parole da cui in fondo emerge un pensiero comune, un punto di vista condiviso, che trova nella presa di coscienza del dilagare della violenza un punto di partenza per il procedere dell’analisi: ma nella ricerca delle possibili cause e nella proposta di un rimedio efficace si intravede un’esilità argomentativa, che preferisce affidarsi alle opinioni personali di “osservatori privilegiati” piuttosto che alle vite degli attori sociali coinvolti in prima persona, ai loro comportamenti quotidiani, alle loro interpretazioni del reale.

In questo senso il documentario non riesce a far emergere un affresco multiprospettico del fenomeno, relegando in secondo piano gli ambienti, le relazioni e le dinamiche a favore di un fluire continuo di dichiarazioni, che nascondono invece che svelare il nocciolo della questione. Ed è proprio l’eccesso di verbosità il principale problema che si può riscontrare ne La cercle de la haine: il delicato equilibrio su cui si sorregge la prima parte del film, che alterna parole a musica in un flusso visuale di discreto fascino, si perde progressivamente con il passare del tempo, tanto che nella seconda parte del documentario ritroviamo un continuo sovrapporsi di pareri diversi, di volti con lo sguardo rivolto in macchina, di frasi che si intrecciano in un montaggio frenetico che lasciano letteralmente esausto lo spettatore.

Titolo originale: La cercle de la haine; Regia: Xavier Mauranne; Durata: 70 min.; Origine: Francia, 2003

 


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