La vita tranquilla cui il titolo del film di Claudio Cupellini allude è quella che quotidianamente vive il suo protagonista Rosario Russo, cinquantenne napoletano da quindici anni in Germania, proprietario di un albergo/ristorante in cui serve gamberi e cinghiale, sposato con la tedesca Renate e padre del piccolo Mathias. La sua è, insomma, una vita che procede senza scossoni né turbamenti, nella normalità più totale.
Ma un giorno questo equilibrio perfetto viene inesorabilmente incrinato dall’arrivo all’hotel di Edoardo e Diego, materializzazioni inesorabili e spietate del suo oscuro passato, nonché piccoli criminali della nuova Camorra giunti in Germania per un svolgere un “lavoretto”. Uno sporco lavoretto. Rosario dà loro ospitalità, ma con reticenza, e il motivo non tarda ad emergere: uno dei due ragazzi, Diego, è il figlio divenuto ormai grande che Rosario ha abbandonato quindici anni prima in Italia per sfuggire al clan mafioso di cui faceva parte e con il quale era entrato in conflitto. Da qui gli sforzi di Rosario saranno tutti rivolti a fare in modo che il rapporto tra lui e il figlio resti segreto e che nessuno, in alcun modo, sappia chi è lui, qual è la sua nuova identità, dove si è trasferito, cosa fa, perché lo fa e con chi. Sforzi che lo porteranno inevitabilmente ad indossare ancora una volta i panni dell’assassino senza scrupoli, e quindi ad evadere e fuggire ancora, lasciando tutto e tutti.
Claudio Cupellini, fin qui autore di commedie ad alto consumo dal contenuto trash e generalista, firma con Una vita tranquilla un film discreto, anche se pieno di ingenuità, soprattutto in sede di sceneggiatura. Discreto per la capacità di disegnare con notevole efficacia l’immagine di Rosario, la sua calma iniziale, e forse apparente, la sua agitazione postuma, il suo essere man mano dilaniato dentro, la sua distruzione interiore, il suo crollo totale. Una vita, tranquilla, che viene distrutta inesorabilmente. E un uomo, ormai da tempo lontano da coltelli e pistole, che torna invece ad essere un freddo e cinico assassino, la cui figura è resa indimenticabile dalla maestosa interpretazione di Tony Servillo. L’attore napoletano sembra essersi trasformato ormai in una sorta di piattaforma liscia sulla quale è possibile inscrivere al meglio qualsiasi personaggio: qui, come altrove, sembra letteralmente “attraversato” da Rosario, che vive della sua carne, della sua prestanza fisica da cuoco e uomo di grande manualità, delle sue rughe, delle sue smorfie. Con Servillo Rosario prende vita, s’incarna, parla e agisce, e soffre, e uccide.
Una grande performance d’attore questa di Servillo, che contribuisce indubbiamente a dare lustro a un film che, altrimenti, non avrebbe avuto molte carte da giocare ma che, comunque, grazie alla sua presenza si è rivelato una piacevole sorpresa in questo ultimo scorcio di stagione.
TITOLO ORIGINALE: Una vita tranquilla; REGIA: Claudio Cupellini; SCENEGGIATURA: Claudio Cupellini, Filippo Gravino, Guido Iuculano; FOTOGRAFIA: Gergely Pohárnok; MONTAGGIO: Giuseppe Trepiccione; MUSICA: Teho Teardo; PRODUZIONE: Italia/Francia/Germania; ANNO: 2010; DURATA: 105 min.
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